Skinless - Only the Ruthless Remain

Copertina 7

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2015
Durata:35 min.
Etichetta:Relapse Records

Tracklist

  1. SERPENTICIDE
  2. ONLY THE RUTHLESS REMAIN
  3. SKINLESS
  4. FLAMETHROWER
  5. THE BEAST SMELLS BLOOD
  6. FUNERAL CURSE
  7. BARBARIC PROCLIVITY

Line up

  • Noah Carpenter: guitars
  • Sherwood Webber: vocals
  • Joe Keyser: bass
  • Bob Beaulac: drums
  • Dave Matthews: guitars

Voto medio utenti

Li davamo ormai per persi dopo nove anni passati dall'ultimo full lenght e dopo lo split del 2011 ma il male, si sa, può addormentarsi ma non sparire. Ecco che gli Skinless si riformano con la line up originale e nuovamente gudiati dall'orco Sherwood Webber tornato a sputare rabbia, vanno a riprendersi con forza un posto d'onore che gli spetta tra i più fieri macellatori di sonorità death metalliche.

La band americana nel suo nuovo Only The Ruthless Remain cerca di mitigare le bordate crude, veloci e scarnificanti del precedente Trample The Weak, Hurdle The Dead con un suono piú pieno, ricco di groove e rallentamenti pesantissimi di scuola Immolation e riesce ad offrirci un disco riuscito, intenso e malato anche se con una qualità che, in certi momenti, risulta un po' altalenante. Niente di preoccupante ma, nei ripetuti passaggi, ho notato che in un paio di occasioni la band perde un pochino di sburla e rischia quasi di arrotolarsi su se stessa a causa di una leggera ripetitività. Sono finezze, nulla che vada ad intaccare in maniera importante il valore del platter che rimane su livelli davvero buoni, con un'anima newyorkese assolutamente palpabile.

L'inizio del disco non colpisce ma prende quota poco dopo con la lunga ed elaborata title track, si siede un attimo e torna a stupire in occasione dei due brani meglio riusciti del disco: Flamethrower e The Beast Smells Blood. Se la prima picchia come un martello ma sa dilatarsi, diventare stratificata e coinvolgere in un feroce mosh, la seconda è una vera mazzata tra urla lancinanti ed un pestaggio degno delle peggiori gang del bronx. I due rimanenti pezzi vertono molto sul groove denso con sprazzi di brutalità, soprattutto la finale Barbaric Proclivity che risulta meglio strutturata e varia. Ecco, forse proprio una più profonda ricerca compositiva che ha portato una minore immediatezza a vantaggio di una complessità assolutamente gradita, è l'aspetto che fa apprezzare di più il lavoro. Come ultima nota, c'è da segnalare una scelta di suoni più consona al genere, che scansa una produzione pulita e tagliente (come quella del precedente lavoro) a favore di un amalgama sonoro maggiormente cupo, organico e pregno di groove.


Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

Ultime opinioni dei lettori

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 19 giu 2015 alle 22:54

ho amato trample the weak hardle the dead. questo è molto più ordinario. buon album ma nulla di eclatante. in ogni caso un nome come il loro me lo aspettavo tra i top album aldilà della valutazione del disco.

Inserito il 18 giu 2015 alle 23:33

La "magia" di inizio carriera è ormai andata da tempo e onestamente non se ne sentiva troppo la mancanza dei nostri newyorkesi... credo che questo "ritorno" passerà abbastanza inosservato. Sinceramente non gli ho concesso più di due ascolti...

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