(01 luglio 2003) John Waite, Trieste 6 Maggio 2011, Teatro Miela

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E' un John Waite in grande spolvero quello che si presenta alla prima data live italiana nel corso della sua lunghissima carriera. Il nuovo album "Rough & Tumble" ha visto l'ex frontman di Babys e Bad English virare verso sonorità decisamente più "back to the rock roots", ma questo era facilmente intuibile già dal disco dal vivo "In Real Time", che presentava arrangiamenti assai più "crudi" dei suoi pluripremiati hits. Il totale "ripudiamento" delle tastiere ("entrano in concorrenza con la voce", sostiene Waite nella conferenza stampa) giova sicuramente ai brani nuovi, nati e concepiti per una robusta resa on stage, tuttavia lascia un pò perplessi quando vengono presentati indimenticati ed indimenticabili classici degli anni '80 come "Best Of What I Got", "Missing You" e "Whenever You Come Around", originariamente studiati per strutture decisamente più sontuose. Detto questo, è sacrosanto ribadire la perfetta forma (sia fisica che artistica) di Waite, con quella voce "androgina" che resta tuttora una delle più belle e caratteristiche ugole dell'intera scena rock. L'incipit dello show è quasi una dichiarazione d'intenti della sua nuova gioventù artistica, con song dal significato esplicito come "Change" (cambiamento) e "Back On My Feet Again" (nuovamente in piedi), che già aprivano in maniera scoppiettante l'energico "In Real Time". Il giovane chitarrista Kyle Cook, che con quel suo look rockabilly sembra il "figlio segreto" di qualche componente degli Stray Cats, asseconda a meraviglia la rinnovata sete rock'n'roll di John. Ed infatti le versioni delle recentissime "If You Ever Get Lonely", "Evil", "Rough & Tumble" e "Sweet Rhode Island Red" rappresentano probabilmente l'apice di una serata assolutamente memorabile. L'odierno John Waite non ha molto a che spartire con l'edulcorato suono radiofonico degli anni '80, grazie al quale ha scalato la vetta delle classifiche americane in ben due occasioni ("Missing You" da solosta, "When I See You Smile" con i Bad English). Però sarebbe almeno ingeneroso non riconoscere il coraggio di un musicista che si rifiuta di campare sugli allori del passato ed ama ancora rimettersi in gioco, evitando quindi di "andare sul sicuro" come tante vecchie glorie. Specialmente se il risultato rimane assolutamente apprezzabile, come testimonia l'eccellente vena compositiva dell'ultimo studio album. Una serata da ricordare ed incorniciare nella memoria.
Report a cura di Alessandro Ariatti

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