Copertina 8

Info

Anno di uscita:2024
Durata:48 min.
Etichetta:Dark Essence Records

Tracklist

  1. COMING FROM THE DARK
  2. ON GUARD
  3. MASTER TONGUE
  4. THE HEAD THAT WEARS THE CROWN
  5. COLD HARD RAIN
  6. UNITY
  7. TOWERS
  8. HERE AND NOW
  9. THINGS I’LL NEVER DO
  10. LONG ROAD

Line up

  • Agnete M. Kirkevaag: vocals
  • BP M. Kirkevaag: guitar, vocals
  • Anders Langberg: guitar
  • Tormod L. Moseng: bass
  • Mads Solås: drums

Voto medio utenti

Ogni albo dei Madder Mortem rappresenta una sorta di “sfida” alle formule consolidate e i loro estimatori (troppo pochi, rispetto al valore della band …), pienamente consapevoli di tale assioma, attendono con ansia di comprendere dove i norvegesi li condurranno con la nuova fatica discografica.
E allora, diciamolo subito, “Old eyes, new heart” non eleva il Rock ad un “nuovo” livello creativo, confermando però i nostri come uno dei gruppi già maggiormente fantasiosi e visionari dell’intero scenario artistico contemporaneo.
La musica dei Madder Mortem scorre ancora una volta all’interno un flusso schizofrenico, fascinoso e imprevedibile di sensazioni, vibrando di straordinaria intensità emotiva e mescolando incubi Lynch-iani, inquietudini gothic, ossessioni nu-metal, orrori doom-death e ancestrali scansioni psych-blues, il tutto coagulato da una forma di espressività che vorrei quasi definire “accessibile”, intendendo il termine in un’accezione obliqua, nervosa e drammatica.
Tutti aspetti rilevabili nella più recente produzione del gruppo e che nel nuovo disco trovano un’importante sublimazione, attraverso un’esposizione potente e profonda, in cui la voce di Agnete M. Kirkevaag è la "solita" viscerale, camaleontica e ammaliante protagonista.
Difficile, come di consueto, descrivere efficacemente le volubili coordinate sonore dell’opera … si passa con estrema disinvoltura dalla rituale solennità di “Coming from the dark” alle pulsanti e vorticose collisioni soniche di “Master tongue”, attraversando la livida ballata “On guard” (una spirale dark-blues di enorme suggestione) e il rosario sgranato nella fosca “Cold hard rain”.
Altrove, vedasi “The head that wears the crown” (vagamente SOAD-iana), “Unity” (una specie di Jefferson Airplane meets Muse) e “Towers” (non lontanissima da certi Tool) la melodia acquisisce maggiore importanza, mentre "Things I’ll never do” è forse complessivamente il pezzo meno efficace della scaletta, nonostante l’attraente groove apocalittico.
A conclusione delle (fatalmente parziali) notazioni sui contenuti dell’album, aggiungo la mia ammirazione per la digressione folk-psychHere and now” e un pizzico di perplessità per le atmosfere distese e sognanti di “Long road”, brano gradevole ma un po’ troppo “prevedibile”.
Old eyes, new heart” dimostra che i Madder Mortem hanno ormai raggiunto una compiuta e solida maturità espressiva, rafforzando ulteriormente il ruolo di straordinaria realtà (lo ribadisco, eccessivamente “sommersa” ...) di un genere musicale di non facile catalogazione … qualcuno lo chiama post-metal, ma visto che nutro una particolare idiosincrasia nei confronti del prefisso “post”, preferisco parlare di progressive metal, in rispetto al primigenio concetto di anticonformismo insito nella suddetta tassonomia … spero che nessuno se ne abbia a male…
Recensione a cura di Marco Aimasso

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