Copertina 6,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2021
Durata:41 min.
Etichetta:Inverse Records

Tracklist

  1. BLACK SWAN
  2. TEARS OF FIRE
  3. BELEGAR
  4. DAUGHTER OF TWILIGHT
  5. BEYOND THE VEIL
  6. ETERNITY
  7. DANCING WITH SHADOWS
  8. ULTHIMA
  9. SYMPHONY OF THE NIGHT

Line up

  • Antonio Valdés: bass
  • Ricardo Escobar: guitars
  • Ville Nummisalo: drums
  • Jon Welti: guitars
  • Niko Sutinen: keyboards
  • Tuomas Antila: vocals

Voto medio utenti

Signore e Signori, per la serie:

“PICCOLI CHILDREN OF BODOM CRESCONO”

...Ecco a Voi....

gli Ulthima!

Perdonate la mia presentazione, a dir poco infantile, ma d'altronde, in maniera molto semplicistica, potremmo riassumere con queste poche parole Symphony Of The Night, il debut album degli Ulthima, intrigante band messicano-finlandese (dopo approfondiremo questo originale miscuglio etnico), cresciuta seguendo palesemente e fedelmente la strada maestra tracciata dalla “stella polare” Alexi Laiho che, consentitemi la piccola divagazione, a circa 4 mesi dalla sua scomparsa, ha lasciato un vuoto enorme, non solo nei nostri cuori, ma nella scena metal tutta intera!

Ma torniamo a noi: gli Ulthima nascono nel 2010 a Monterrey, in Messico, da un’idea di Ricardo Escobar (chitarra) ed Antonio Valdes (basso), uniti dalla grande passione per la musica, che tuttavia ben presto realizzano le enormi difficoltà ad emergere in un scenario tutt’altro che semplice, come quello del metal messicano e cosi nel 2016, armati solo di tanti sogni e poche certezze, i nostri si traferiscono coraggiosamente nella patria del melodic-death, ovvero in Finlandia, dove conoscono gli altri musicisti che andranno a comporre l’attuale formazione, vale a dire Jon Welti all’altra chitarra, Niko Sutinen alle tastiere, Ville Nummisalo alla batteria e Tuomas Antila alla voce.

E ora veniamo al debutto discografico della band, intitolato appunto Symphony Of The Night, appena uscito per la Inverse Records; il mio provocatorio "cappello introduttivo" a questa recensione non inganni, non v’è dubbio alcuno che si tratta di un disco comunque discreto, dal sound in cui spicca un perfetto bilanciamento tra le trame death (soprattutto nel cantato sporco, più che nei riffing), e quelle power (nella sezione ritmica), mentre le onnipresenti linee melodiche si dimostrano particolarmente azzeccate e condiscono piacevolmente il tutto.
Unica pecca dell’album è, come si diceva all’inizio, una certa carenza di personalità da parte della band, in particolare in tracce che, seppure buone e piacevolissime da ascoltare, appaiono eccessivamente derivative, come l’iniziale Black Swan, la successiva Tears Of Fire o le incalzanti Eternity e Beyond The Veil, durante questi pezzi sembra che gli Ulthima siano andati direttamente a pescare (a mani basse e con tanto di arpione) nel compianto (ed un tempo pescosissimo) lago di Bodom, portando via, tra le altre cose, un sostanzioso bottino ma, si sa che le idee riciclate mancano di freschezza e di conseguenza (un pò come il pesce), dopo pochissimo tempo, iniziano a puzzare di stantio!

Viceversa, il disco si rivela forte ed ha i suoi momenti migliori in brani come Belegar, dominato da convincenti riffs e botta e risposta tra chitarra e tastiere (anche qui i riferimenti al duo Laiho-Warmen è evidente, ma stavolta i nostri fanno emergere un proprio stile), in Ulthima, dove la band tenta coraggiosamente un approccio più personale al genere, o ancora in canzoni come Daughter Of Twilight, Dancing With Shadows o nella conclusiva Symphony Of The Night in cui, insieme alle composizioni melodiche particolarmente riuscite, emerge la personalità e la vena melodic-power della band, che dimostra di essere molto di più di un semplice stereotipo o di un clone.

Ora probabilmente potete capire il motivo del mio sarcasmo iniziale che, mi rendo conto, potrebbe indurre a qualche fraintendimento, ma lo ripeto, gli Ulthima, sono davvero una band promettente in prospettiva, e in questo debut, per quanto ancora acerbo, dimostrano di avere delle ottime potenzialità che si spera col tempo vengano affinate.
Difatti, come detto, la band dovrebbe solamente cercare di scrollarsi di dosso la pesante eredità dei Bodom (o, in quantità minore, dei Kalmah) rendendosi conto, da un lato di non avere minimamente la classe ed il genio di Laiho e soci, ma d’altra parte, di avere comunque una propria identità da modellare ed un indubbio valore che in futuro, si spera, dovrà essere dimostrato e sfruttato meglio.




Recensione a cura di Ettore Familiari

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