(23 giugno 2019) Hellfest, Day 3

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Se la seconda giornata è stata leggermente meno stressante, la terza sarà un vero e proprio girone infernale, a partire dalle temperature incredibilmente più alte dei giorni precedenti, per non parlare del numero incredibile di band da seguire, e per rendere il tutto più luciferino si tratterà per lo più di gruppi thrash e death metal… Cerchiamo di fare ordine, quindi, e vedere cosa è successo nella giornata conclusiva di questa edizione dell’Hellfest.

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MUNICIPAL WASTE
Per dare la sveglia nel migliore dei modi, cosa meglio di un po’ di sano e puro thrashcore? E chi più di loro, oggi come oggi, rappresenta al meglio la categoria? Sto parlando ovviamente dei MUNICIPAL WASTE, capitanati come sempre da quel folle di Tony Foresta. Anche nel loro caso erano un po’ di anni che non mi capitava più di beccarli dal vivo, e devo dire che la forma resta come sempre smagliante. Perlomeno quella musicale, visto che fisicamente li ho trovati tutti decisamente ingrassati, a dimostrazione che la dura e dissoluta vita on the road ha iniziato a lasciare i suoi segni anche su di loro, ahaha… Altra novità è l’innesto di un secondo chitarrista, Nick Poulos, che rende il muro di suono ancora più massiccio. Certo il buon Tony, complice anche il caldo, dopo qualche brano annaspa un po’, ma riesce comunque a traghettare la band verso la fine dello show, senza ovviamente che mancassero i soliti classici, da “Terror shark” a “Unleash the bastards” a “The thrashing of the Christ”. Come colazione direi che è stata davvero gustosa…
SPACCATUTTO

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TESLA
Visto il caldo incredibile non è male calmare un po’ gli animi prima del delirio thrash in arrivo. Ecco perciò che non poteva esserci niente di meglio che l’incredibile esibizione dei TESLA. Constatare l’ottimo stato di salute del combo di Sacramento, ma soprattutto la classe sopraffina che riescono a sprigionare dal palco, mi ha lasciato incredibilmente soddisfatto. Ho sempre un po’ sottovalutato il gruppo guidato da Jeff Keith, ma quest’oggi mi ha letteralmente stregato. Alternano, come sempre, brani più rocciosi ad altri più intimi e con bellissimi intermezzi acustici ad opera del leader Frank Hannon, e questo rende lo show assolutamente dinamico e godibile. La band è affiatatissima, e si percepiscono gli oltre trent’anni di esperienza maturati, infatti nonostante il poco tempo a disposizione non sono mancati classici come “Love song” o “Modern day cowboy”. Pur essendo il loro un concerto assolutamente di alto livello, mio malgrado sono però costretto ad allontanarmi dal Main Stage per dirigermi verso il Valley.
RAFFINATI

Tracklist:
CUMIN' ATCHA LIVE
MODERN DAY COWBOY
MILES AWAY
LOVE SONG
TASTE LIKE
LITTLE SUZI (PH.D. COVER)
SIGNS (FIVE MAN ELECTRICAL BAND COVER)

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MESSA
Il perché è presto detto. Sotto un tendone incredibilmente pieno di gente, si stanno esibendo, infatti, gli straordinari MESSA, e non potevo certo perdermi la loro esibizione, visto che oltre ad essere una band interessantissima sono anche l’unico gruppo italiano (!!!) presente nel bill. Sinceramente avendoli già visti dal vivo non credevo che la loro musica, molto molto intimista, potesse rendere così bene su un palco di queste dimensioni, e invece sono stato smentito, in quanto i nostri hanno messo su uno show che ha letteralmente rapito la numerosa folla presente, con la bella Sara perfettamente calata nel ruolo di gran cerimoniera. Quando recensii il secondo album scrissi che ormai gli mancava soltanto l’affermazione oltre confine, beh, direi che ora l’obiettivo è stato ampiamente raggiunto visto l’ottimo riscontro avuto…
ETEREI

Tracklist:
LEAH
NEW HORNS
SHE KNOWS / TULSI
HOUR OF THE WOLF

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DEATH ANGEL
Dopo il relax hard rock e doom, è giunta l’ora di iniziare picchiare forte, infatti sul Main Stage 2 stanno per spaccare tutto i DEATH ANGEL. forti della pubblicazione del nuovo “Humanicide”, salgono sul palco galvanizzatissimi e iniziano a pestare duri come ossessi. Chi li ha visti almeno una volta live sa cosa intendo, i nostri sono micidiali, chirurgici e potenti al tempo stesso. D’altra parte si sono sempre distinti per un elevato tasso tecnico e di certo non gli manca l’esperienza, dopo tutti questi anni in giro per il mondo. Così come non gli mancano i classici con i quali conquistare l’audience, e non esitano a spararli in faccia agli spettatori (vedi “Voracious souls”), anche se non hanno timore a proporre materiale più giovane, in quanto consapevoli del suo valore (aprono con “Thrown to the wolves” tratta da “The art of dying”, ormai divenuta anch’essa un nuovo classico), ed è un peccato che “The ultra-violence” venga soltanto accennata. Essendo i loro brani mediamente lunghi, nel breve tempo a disposizione non riescono certo a proporne molti, ma vi assicuro che sono sufficienti per constatare l’incredibile stato di forma di una band che, nonostante i cambi di line up, come il vino migliora con gli anni.
POSSENTI

Tracklist:
THROWN TO THE WOLVES
VORACIOUS SOULS
FATHER OF LIES
THE DREAM CALLS FOR BLOOD
THE PACK (WITH "THE ULTRA-VIOLENCE" INTRO)
HUMANICIDE

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VOMITORY
Tempo di furioso death metal sotto l’Altar, infatti torno finalmente a vedere in azione i micidiali VOMITORY! C’ero rimasto davvero male quando nel 2013 gli svedesoni annunciarono il loro split, quindi ritrovarli quest’oggi in forma strabiliante non può che farmi piacere. Noto fin dai primi riff che i nostri non hanno perso un’oncia della loro proverbiale e furiosa rabbia. Il sound è potente, loro sono in palla, come al solito il loro è uno show molto fisico e in your face, e non lasciano agli spettatori nemmeno il tempo di respirare. Personale highlight del concerto, “Gore apocalypse”, un brano che mi ha sempre fatto impazzire, e che dal vivo assume, per quanto possibile, ancora più potenza e brutalità. 45 minuti intensi, che portano i Vomitory sul gradino più alto del podio per quanto riguarda la mia personalissima classifica delle band death metal della giornata.
GRANITICI

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TESTAMENT
Non alleggerisco di certo di molto il tiro quando torno in prossimità dei Main Stage per assistere allo show degli immarcescibili TESTAMENT, che salgono on stage sulle note di “Brotherhood of the snake”, giusto per mettere in chiaro fin da subito qual è la situazione! Il sound a dirla tutta è un po’ confuso, specie per quanto riguarda le chitarre, e devo ammettere che non è la prima volta che mi capita di riscontrare questo problema ad un loro concerto. Fortunatamente i nostri sopperiscono a questa pecca con un’esibizione incredibile, sia dal punto di vista tecnico (d’altra parte con musicisti di questa caratura come aspettarsi il contrario?), che, ancora di più, da quello attitudinale. Vedere il Grande Capo Chuck Billy sbattersi come un ventenne mentre domina il palco con la sua figura possente e il suo vocione sguaiato fa sempre un certo effetto. Così come non è possibile rimanere impassibili davanti a classici come “The new order”, “Into the pit”, “Over the wall” o il capolavoro “Disciples of the watch”. D’altra parte qui stiamo parlando di brani che hanno fatto la storia del thrash metal, mica di pizza e fichi… Non ho gradito molto la scelta di chiudere lo show con “The formation of damnation”, sicuramente un ottimo pezzo, ma non all’altezza dei grandi classici, ma probabilmente è soltanto una mia impressione, che in ogni caso non mina il giudizio di uno show praticamente perfetto, fatta eccezione per il problema delle chitarre di cui abbiamo parlato in apertura.
CATERPILLAR

Tracklist:
BROTHERHOOD OF THE SNAKE
THE PALE KING
MORE THAN MEETS THE EYE
PRACTICE WHAT YOU PREACH
THE NEW ORDER
ELECTRIC CROWN (FOLLOWED BY "HAPPY BIRTHDAY" FOR CHUCK BILLY)
INTO THE PIT
OVER THE WALL
DISCIPLES OF THE WATCH
THE FORMATION OF DAMNATION

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IMMOLATION
Continuo l’alternanza thrash/death con lo show di un’altra band iconica del lato oscuro del metal, gli IMMOLATION. Come nel caso dei Vomitory si tratta di uno show particolarmente muscolare e diretto. Pochi fronzoli, i nostri picchiano duro e lo fanno con una convinzione e una precisione notevoli. Anche in questo caso ho trovato la band guidata da Ross Dolan in piena forma. Il singer sprigiona il suo vocione cavernoso senza il minimo problema, supportato dalla batteria terremotante e precisissima di Steve Shalaty, mentre Robert Vigna (coadiuvato dal “nuovo” innesto Alex Bouks) macina i suoi soliti riff cervellotici. Tra il death metal degli americani e quello ascoltato in precedenza dagli svedesi preferisco di gran lunga quest’ultimo, più lineare e potente, ma devo ammettere che lo show della band newyorkese è stato, come anche le altre volte che li ho visti live, di grande livello, anche se ho potuto assistere solo per metà alla loro esibizione.
ARZIGOGOLATI

Tracklist:
DESTRUCTIVE CURRENTS
KINGDOM OF CONSPIRACY
FATHER, YOU'RE NOT A FATHER
THE DISTORTING LIGHT
SWARM OF TERROR
WHAT THEY BRING
FOSTERING THE DIVIDE
WORLD AGONY
A SPECTACLE OF LIES
LOWER
IMMOLATION
WHEN THE JACKALS COME

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STONE TEMPLE PILOTS
Il motivo per cui non ho potuto godermi per intero il concerto degli Immolation è perché in contemporanea, sul Main Stage 1, suonavano gli STONE TEMPLE PILOTS e volevo vedere almeno qualche loro brano. Quando mai l’avessi fatto… Uno dei concerti più noiosi ai quali ho assistito in questi quattro giorni. Scelta dei brani quanto meno discutibile, ma soprattutto scelta di esecuzione DEL TUTTO discutibile, visto che Dean DeLeo ha deciso di proporne più di uno con arrangiamenti per solo chitarra e voce, decisamente poco adatti ad un festival open air dove sarebbe stato più opportuno puntare sull’impatto. Senza contare che Jeff Gutt non solo ha un timbro vocale abbastanza noioso, ma non possiede neanche un’oncia del carisma di Scott Weiland. Insomma, un mezzo disastro…
SOPORIFERI

Tracklist:
WICKED GARDEN
CRACKERMAN
VASOLINE
BIG BANG BABY
BIG EMPTY
PLUSH
INTERSTATE LOVE SONG
ROLL ME UNDER
DEAD & BLOATED
SEX TYPE THING

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ANTHRAX
Dopo il mezzo flop degli Stone Temple Pilots necessitavo di una bella botta di adrenalina, e per fortuna mi è bastato spostarmi al secondo Main Stage per essere travolto dal devastante thrash metal degli inossidabili ANTHRAX. Per farvi capire l’attitudine festosa con la quale da sempre i nostri affrontano il proprio show, vi basti sapere che l’iconico Scott Ian sale sul palco suonando l’altrettanto mitico riff di “Cowboys from Hell”, piccolo tributo al vecchio e rimpianto amico Dimebag Darrell, salvo poi mutarlo in quello altrettanto classico di “Caught in a mosh”, che, come prevedibile, scatena il delirio nel pit. Gli Anthrax sono la classica band con la quale è impossibile non scatenarsi: potenti, trascinanti, allegri, affrontano il concerto come se avessero ancora 20 anni, sparando un classico dietro l’altro: “Got the time”, “Efilnikufesin (N.F.L.)”, “I am the law”. Scott resta ancora uno dei migliori riff maker del thrash, Frank Bello come sempre salta da una parte all’altra del palco, mentre il buon Belladonna, in barba ai suoi detrattori, si rende protagonista di una performance impeccabile, sia dal punto di vista vocale che dal punto di vista scenico. E quando alla fine arrivano “Antisocial”, ovviamente accolta da un’ovazione dai francesi, e la conclusiva “Indians”, con tanto di richiamo a “Cowboys from Hell” che funge da outro, il rimpianto è che lo show sia durato troppo poco, ma si sa, i tempi dei festival sono questi.
IRRESISTIBILI

Tracklist:
CAUGHT IN A MOSH (WITH COWBOYS FROM HELL INTRO)
GOT THE TIME (JOE JACKSON COVER)
EFILNIKUFESIN (N.F.L.)
I AM THE LAW
NOW IT'S DARK
INTRO: HYMN 1
IN THE END
ANTISOCIAL (TRUST COVER)
INDIANS (WITH COWBOYS FROM HELL OUTRO)

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SKÁLD
Questa è stata senza dubbio la sovrapposizione che più mi è pesata in questa edizione dell’Hellfest. Dover scegliere tra una delle band della mia infanzia (gli Anthrax) che è sempre un piacere rivedere dal vivo, e gli unici esponenti della musica vichinga presenti qui al festival, è stato davvero durissimo per me. Alla fine ho optato per i newyorkesi, salvo approfittare di due loro brani che non tanto digerisco (“Now it’s dark” e “In the end”) per scappare a vedere cosa stava succedendo sul palco del Temple. Il rituale degli SKÁLD era già in atto, e due brani sono davvero troppo pochi, sono rimasto con l’amaro in bocca e con il proposito di ribeccare quanto prima la band francese all’opera.
RITUALI

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PHILIP H. ANSELMO & THE ILLEGALS
Altra sovrapposizione, purtroppo, e ancora una volta tra due band molto distanti tra loro (la sfiga che in festival di questo tipo ha chi, come me, ascolta dall’hard rock al black metal). Decido di assistere alla prima metà dello show di PHIL ANSELMO & THE ILLEGALS. Perché, mi chiederete voi? Beh, la risposta è presto data: non punterei due centesimi sulla band che accompagna il buon Phil, e la visione dello show mi ha dato perfettamente ragione, visto che di buoni musicisti si parla, ma privi della benché minima personalità e soprattutto privi di una via da seguire, visto che i brani sono dei pastoni informi che inglobano al proprio interno thrash, black, death, ma in maniera del tutto disomogenea, senza un filo logico. Discorso a parte, invece, per il buon Anselmo. Lo si può criticare per tutte le stronzate che ha fatto in vita sua, per il cercare ancora oggi di vivere nel passato dei Pantera (oggi non sarà incentrata del tutto su di loro la scaletta, come invece accadrà per altre date del tour europeo), gli si può dire di aver distrutto le sue corde vocali in passato e di non essere più l’incredibile screamer di una volta. Tutto giusto, tutto vero. Ma quando sale su un palco, sprigiona tanto di quel carisma da riuscire a sobillare le folle come soltanto i grandi sanno fare. Tiene tutti in pugno, basta un suo sguardo perché tutti vadano in visibilio, e quando poi attacca con i pezzi della sua vecchia band, suonati discretamente dai suoi compagni, ma lontani anni luce dagli originali, si scatena inevitabilmente un macello sconsiderato sotto il palco. Insomma, bisogna assistere ad un suo show prendendolo per quello che è, un divertimento e un modo per rivivere, per qualche minuto, le emozioni vissute anni addietro con i Pantera.
TRASCINATORE

Tracklist:
THE BETTER
LITTLE FUCKING HEROES
CHOOSING MENTAL ILLNESS
MOUTH FOR WAR (PANTERA COVER)
BECOMING (PANTERA COVER)
YESTERDAY DON'T MEAN SHIT (PANTERA COVER)
FUCKING HOSTILE (PANTERA COVER)
HELLBOUND (PANTERA COVER)
I'M BROKEN (PANTERA COVER)
WALK (PANTERA COVER)

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LYNYRD SKYNYRD
Il tempo di spostarmi al Main Stage 1 e, come detto, stanno già suonando i veterani LYNYRD SKYNYRD. Peccato essermi perso la prima parte del loro show, stiamo pur sempre parlando di un pezzo di storia del rock mondiale. Nella sfortuna sono stato in parte fortunato, in quanto arrivo giusto in tempo per poter ascoltare tutti i più grandi classici della band guidata da Johnny Van Zant, brani entrati ormai di diritto nella storia del rock: “Simple man”, “Saturday night special”, la grintosa “Call me the Breeze” o l’immancabile e iconica “Sweet home Alabama”. Anche in questo caso, come per gli altri nomi storici incontrati in questi giorni, stiamo parlando di una band che nonostante le disgrazie e le difficoltà, ha passato una vita intera sui palchi di tutto il mondo. Difficile quindi poter pensare che un loro show non sia coinvolgente e impeccabile, e infatti così è stato. Johnny è ormai diventato il simbolo stesso della band, d’altra parte buon sangue non mente, ma è tutta la ciurma a dare il meglio di sé, sprigionando il classico sound southern rock che ha reso famoso il gruppo. Ovviamente la chiusura dello show non poteva che essere affidata a “Free bird”, da sempre ultimo pezzo dei loro show, con tanto di immancabile cavalcata chitarristica finale. Stupenda…
INOSSIDABILI

Tracklist:
WORKIN' FOR MCA
SKYNYRD NATION
WHAT'S YOUR NAME
THAT SMELL
GIMME BACK MY BULLETS
THE NEEDLE AND THE SPOON
SATURDAY NIGHT SPECIAL
SIMPLE MAN
GIMME THREE STEPS
CALL ME THE BREEZE (J.J. CALE COVER)
SWEET HOME ALABAMA

Encore:
FREE BIRD

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CANNIBAL CORPSE
Dopo questo tuffo nel passato remoto del rock, si torna a pestare duro, visto che sul palco dell’Altar è ora il turno dei CANNIBAL CORPSE. Sopravvissuti al casino combinato dal loro chitarrista Pat O’ Brien qualche tempo fa arruolando niente meno che Erik Rutan come rimpiazzo per i live, i nostri continuano imperterriti per la propria strada continuando a maciullare tutto ciò che si trovano davanti. A dirla tutta rispetto ad altre volte che li ho visti live, quest’oggi non dico di averli trovati spompati, ma neanche quella macchina trita tutto a cui ero abituato. Sarà colpa del sound, non proprio compatto come dovrebbe, però non ho avuto la stessa sensazione di devastazione provata in passato. Ovviamente nulla da dire per quanto riguarda la loro prestazione, si tratta pur sempre di musicisti immensi, e anche il buon George Fisher mantiene inalterata la sua cavernosa voce e continua a frustare tutti con i suoi capelli quando parte con l’headbanging. Purtroppo anche in questo caso devo allontanarmi dopo qualche brano, oggi è la giornata delle sovrapposizioni e devo recarmi di nuovo verso i palchi principali…
SOTTOTONO

Tracklist:
EVISCERATION PLAGUE
SCOURGE OF IRON
CODE OF THE SLASHERS
RED BEFORE BLACK
DEVOURED BY VERMIN
UNLEASHING THE BLOODTHIRSTY
A SKULL FULL OF MAGGOTS
KILL OR BECOME
I CUM BLOOD
MAKE THEM SUFFER
STRIPPED, RAPED AND STRANGLED
HAMMER SMASHED FACE

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SLASH featuring MYLES KENNEDY AND THE COSPIRATORS
Quando arrivo nei pressi del Main Stage 1, SLASH è già all’incirca a metà del suo show. La scaletta, contrariamente a quanto uno possa pensare, sarà improntata quasi completamente sulla produzione solista del riccioluto chitarrista, tant’è che “Nightrain” sarà l’unica concessione al repertorio dei Guns n’ Roses che il nostro si concederà, non so se per vincoli contrattuali o per scelta. Di Myles Kennedy si è detto di tutto e di più, fatto sta che io resto della mia idea. Nulla da eccepire sulle sue doti canore e di showman, ma proprio non riesce a scendermi. A questi livelli io divento molto ma molto puntiglioso, e secondo me a lui manca quel quid in più che ha fatto grandi tanti suoi colleghi, relegandolo, sempre secondo la mia personale opinione, a ruolo di ottimo intrattenitore, ma niente più. Se a questo aggiungiamo un volume generale davvero scandalosamente basso, e non chiedetemi come mai, visto che per quattro giorni l’impianto ha pompato come un ossesso, capirete come questo show non mi abbia lasciato addosso particolari segni. Peccato, perché i brani meritano, i musicisti altrettanto, ma qualcosa non è andato nel verso giusto e non ha fatto decollare il concerto.
APPANNATI

Tracklist:
THE CALL OF THE WILD
HALO
STANDING IN THE SUN
BACK FROM CALI (SLASH SONG)
MY ANTIDOTE
SERVE YOU RIGHT
BOULEVARD OF BROKEN HEARTS
MIND YOUR MANNERS
DRIVING RAIN
DOCTOR ALIBI (SLASH SONG) (TODD KERNS IN VOCALS)
YOU'RE A LIE
NIGHTRAIN (GUNS N’ ROSES COVER)
ANASTASIA
WORLD ON FIRE

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SLAYER
A questo punto per quanto mi riguarda sta per accadere una delle cose più brutte della mia vita musicale, sto per assistere per l’ultima volta ad uno show degli SLAYER! Chi mi conosce bene sa cosa ha significato per me la band americana e quante volte ho avuto il piacere di assistere ad un loro show. Iniziare a guardarne uno ora, con la consapevolezza che sarà l’ultima volta, mi mette in uno strano stato d’animo, soprattutto per quello che avrò modo di vedere da qui a poco. Parte l’intro “Delusions of saviour”, l’adrenalina e la tensione salgono a mille, e quando finalmente le note di “Repentless” si abbattono su di noi inizia un assalto sonoro allucinante! La band è in pallissima, Tom Araya ruggisce in una maniera incredibile, il sound è potente e possente, tutto è praticamente perfetto, e quando termina il primo brano, la prima cosa che mi frulla nella testa è: perché?? Perché devono smettere? Perché se ancora stanno a questi livelli di forma? Poi mi calmo un attimo e capisco che tutto sommato è meglio così, meglio uscire di scena a testa altissima, quando ancora spaccano il culo a tutti quanti, quando ancora non ce n’è per nessuno, e non rischiare di diventare la caricatura di sé stessi. Poi però parte “Evil has no boundaries” e la domanda torna a palla nel cervello: micidiale! E non sarà l’unica chicca della serata, perché se i nostri hanno deciso di spaziare in lungo e in largo nel loro immenso repertorio, inserendo anche brani che a qualcuno possono sembrare più deboli, penso che tutti devono rimanere in silenzio quando si sprigionano le note di “Postmortem”, “War ensemble”, “Mandatory suicide” o “Chemical warfare”!! “Chemical warfare”, letto bene? Il tempo passa veloce, l’ora e mezza a disposizione sembra volare via, e la band come da tradizione non perde tempo con stupidi siparietti o con inutili orpelli, tutto lo show è un concentrato di violenza sonora unica, i brani spaccano tutto uno di fila all’altro, e lo Zio Tom continua a stupire per la maniera aggressiva con cui affronta lo show: impeccabile. I sette pezzi finali non ve li nomino neanche, vi dico solo che rappresentano il meglio del meglio di tutto il thrash metal mondiale, inutile girarci intorno, non ce n’è per nessuno. Quando Bostaph inizia a picchiare sul tom e sul timpano tutti sappiamo che sta per scatenarsi l’inferno, e così è stato quando il riff di “Raining blood è partito. Così come la tristissima consapevolezza che stavolta tutto sta per finire davvero si è palesata quando il riff assassino di “Angel of death” è esploso nell’impianto: una pugnalata in pieno cuore, dritta per dritta… Le ultime note sono accompagnate dagli immancabili fuochi di artificio fatti sparare dall’organizzazione, e come nel caso dei Kiss mi chiedo: è davvero una festa? Ma si dai, in fondo lo è, la musica è intrattenimento, e quella immortale degli Slayer continuerà per sempre ad accompagnarmi per tutto il resto della mia vita, fino al mio funerale!
DEVASTANTI

Tracklist:
INTRO: DELUSIONS OF SAVIOUR
REPENTLESS
EVIL HAS NO BOUNDARIES
WORLD PAINTED BLOOD
POSTMORTEM
HATE WORLDWIDE
WAR ENSEMBLE
GEMINI
DISCIPLE
MANDATORY SUICIDE
CHEMICAL WARFARE
PAYBACK
BORN OF FIRE
SEASONS IN THE ABYSS
HELL AWAITS
SOUTH OF HEAVEN
RAINING BLOOD
BLACK MAGIC
DEAD SKIN MASK
ANGEL OF DEATH

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TOOL
A questo punto ci sarebbe ancora qualcosa da vedere qui all’Hellfest, ma per quanto mi riguarda il festival questa volta per me finisce qui. Resterò ancora in giro a dare un’ultima occhiata e ad assistere ad altri tre show di cui vi parlerò a breve, ma dopo il concerto devastante degli Slayer nulla potrà darmi le stesse sensazioni. Ma come, mi direte voi, ora ci sono i veri headliner della terza giornata e tu te li perdi? Assolutamente sì, visto che, non ho problemi ad ammetterlo, non ho mai tollerato i TOOL. So che per molti di voi sembrerà una bestemmia, ma per me non lo è affatto. Ciononostante decido comunque di dargli un’opportunità, ma non vi nascondo che dopo un pezzo e mezzo mi è venuta l’orticaria e ho deciso di andarmene altrove. Il loro dover a tutti i costi ostentare tempi dispari e dissonanze per me non ha alcun senso, e non per chiusura mentale, perché vi assicuro che ascolto roba ben più complessa e particolare. È semplicemente che per me loro non sanno farlo, tutto qui…

Tracklist:
ÆNEMA
THE POT
PARABOL
PARABOLA
DESCENDING
SCHISM
INVINCIBLE
INTOLERANCE
JAMBI
FORTY SIX & 2
PART OF ME
VICARIOUS
STINKFIST

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DEICIDE
Intanto sul palco dell’Altar si stanno esibendo i DEICIDE. Normalmente avrei apprezzato la loro furia cieca, ed effettivamente stanno tenendo davvero un ottimo show, ma dopo gli Slayer anche loro mi sembrano delle mammolette (scherzo!), per cui assisto all’ultima parte del loro concerto con discreto disinteresse, sorseggiando l’ennesimo litro di ottimo sidro.

Tracklist:
DEAD BY DAWN
ONCE UPON THE CROSS
IN THE MINDS OF EVIL
HOMAGE FOR SATAN
SCARS OF THE CRUCIFIX
WHEN SATAN RULES HIS WORLD
SERPENTS OF THE LIGHT
KILL THE CHRISTIAN
TRIFIXION
LUNATIC OF GOD'S CREATION
SACRIFICIAL SUICIDE

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TORMENTOR
Ma non è ancora tutto, perché è la volta dei TORMENTOR, che mettono davvero la parola fine al festival. Il gruppo capitanato da Attila Csihar è tra i capostipiti dell’intero movimento black metal, quindi lo si può considerare a ragione una vera e propria cult band, motivo per cui lo show ha un sapore di piccolo evento. Sarà la stanchezza, sono ormai quattro giorni che faccio ininterrottamente la trottola da un lato all’altro dell’area concerti, sarà la poca predisposizione al black metal che ho al momento, ma non riesco a godermi il loro concerto, quindi giunto a metà abbandono tutto e mi defilo. In ogni caso ho potuto apprezzare la malignità della proposta e soprattutto del singer, come sempre gran cerimoniere, che è riuscito a creare un’atmosfera veramente malata e maligna.

Tracklist:
INTRODUCTION
TORMENTOR I
IN GATE OF HELL
APOCALYPSE
ELISABETH BATHORY
DAMNED GRAVE
TRANSYLVANIA
TORMENTOR II
TRANCE
BEYOND
HEAVEN
ANNO DOMINI
BRANDED WITH SATAN
MEPHISTO
LIVE IN DAMNATION
SEVENTH DAY OF DOOM

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Stavolta è davvero tutto! Si conclude alla grande, per me, la mia terza esperienza qui a Clisson all’Hellfest. Un’edizione ricchissima, piena zeppa di band interessantissime, di ottime scoperte, di grandi conferme, di prime volte e di ultime volte, di km e km percorsi, di lt e lt di sidro bevuti, di sole cocente e tanta bella gente. Un festival incredibile, solo chi ci è stato può capire le mie parole, un festival che cresce di anno in anno e non fa altro che migliorare, sia dal punto di vista musicale che di accoglienza. Sarà davvero la mia ultima volta qui in Francia? Chi può mai dirlo, anche nel 2014 lo avevo affermato, e invece eccomi qui… Dipende da quanto forte sarà il richiamo del METAL, e quanto ce la farò fisicamente. Chi vivrà vedrà, per ora grazie mille agli organizzatori e arrivederci in giro, sempre sotto un palco…

Foto live: Roberto Alfieri

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Report a cura di Roberto Alfieri

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