Copertina 7,5

Info

Past
Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:1985
Durata:35 min.
Etichetta:High Roller Records

Tracklist

  1. TOO HOT
  2. SHOOT BACK
  3. SIGN OF LIFE
  4. THE GARDENS OF MARRAKESH
  5. LOVE IN THE STREETS
  6. NIGHT WOMEN (DON'T LIKE ME)
  7. ENDLESS WINTERDAYS
  8. CATCH THE SOUND OF PEACE
  9. HALLOWEEN

Line up

  • Rudy "White Shark" Vercruysse: guitars lead
  • Marc "Red Star" de Brauwer: vocals
  • Hans "Sphinx" van de Kerckhove: guitars
  • Marnix "Bronco" van de Kauter: bass, vocals additional track 9
  • Mario "Grizzly" Pauwels: drums, vocals additional track 9

Voto medio utenti

Anche il nostro amato universo Metal non esclude le mode e ciclicamente anche nei nostri lidi ci sono dei trend che vanno per la maggiore durante un determinato periodo storico.
Così è stato in passato e così sarà anche in futuro, ma non sempre rincorrere questa o quella moda è necessariamente un male.
Certo, come insegnano Metallica o Megadeth il rischio di fare porcherie è dietro l’angolo, ma ci sono anche delle felici eccezioni…

…”Too Hot” è una di queste: è un album meravigliosamente incoerente, se vogliamo addirittura ruffiano a paraculo, ma non privo di canzoni scritte bene, suonate e cantate con piglio e registrate ancora meglio!
La title track apre subito le danze con sonorità molto vicine a quelle dell’Ozzy solista di “Bark At The Moon” con un ritornello irresistibile ed una serie di assoli vincenti.
La scaletta del cd va avanti su queste sonorità, ,ma nel mezzo Ostrogoth non si fa problemi a sbandare su sonorità più Speed (la diretta “Sign of Life”), o a riesumare sonorità più vicine alle atmosfere eroiche e lontane del predecessore (la sfavillante strumentale “The Gardens of Marrakesh”), o sonorità più Hard Rock che non Heavy Metal (il possente mid tempo di “Night Women (Don’t Like Me)”).

Il resto si dimena con sonorità Heavy Metal più americane che non britanniche e seppur apprezzabili, con il tempo risultano leggermente stucchevoli per via della presenza di tutti quei ritornelli smaccatamente radiofonici e prevedibili.
Furono molte le band a inseguire “il sogno americano” (Saxon, Judas Priest e via discorrendo) e pure questi cinque musicisti ci provarono, fallendo miseramente.

Halloween” vede la buona conclusione di un album che sarebbe potuto essere un buon trampolino di lancio e che invece, causa un certo insuccesso commerciale, vide la formazione disgregarsi in mezzo ai concerti a supporto dell’album.
Ma poco dopo, questo scorpione barbaro si risollevò per un poderoso colpo di coda…

Recensione a cura di Seba Dall

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