Finalmente ce l’hanno fatta!
Fondati addirittura nel 2012 e solamente con un ep (omonimo) all’attivo, uscito lo scorso anno, in questo 2020 gli americani
Veritas sono riusciti nell’impresa, dopo una gestazione lunghissima, di pubblicare il loro debutto discografico, intitolato
Threads Of Fatality.
Iniziamo col dire che la band ruota attorno alla figura carismatica, che non ha certo bisogno di presentazioni, del batterista
Mark Zonder, già drummer di una miriade di gruppi tra cui, in questa sede citiamo solo Fates Warning, Warlord, Elegacy, oltre ad aver partecipato ai progetti solisti di Joachim Cans (HammerFall) e di Jim Matheos (degli stessi Fates Warning).
Accanto all’esperto Mark, a completare la line-up dei nostri, vi è poi un manipolo di semi-sconosciuti musicisti come
Geno Alberico al basso,
Greg Wenk alla chitarra ed il singer
Denny “The Siren” Anthony.
Threads Of Fatality ci propone 48 minuti di discreta musica, caratterizzata da un sound di matrice fondamentalmente “U.S power”, come dimostra l’energia sprigionata dalle tracce più robuste, quali
Far Away,
Dying To Live,
Masquerade o la conclusiva
It, It’s Over, in cui sovente ci si imbatte in riffs e assoli taglienti e bisogna fare i conti con strutture musicali appesantite ulteriormente da una sezione ritmica tiratissima e da chitarre compresse che lasciano poco o nulla alle aperture melodiche (se non giusto nei refrains). In questi pezzi i nostri mostrano i muscoli e lo fanno divertendosi, cimentandosi in gloriose cavalcate metalliche dal sapore antico (come ancora in
Frail o
Starlight) o giocando con melodie vagamente arabeggianti, adattate per l’occasione al sound della band come nell’affascinante
Morbid Stale.
Considerando i trascorsi nei Fates Warning di
Mark Zonder, è poi ovviamente lecito attendersi anche qualche influenza progressive, che inevitabilmente si manifesta in brani come
Love and Burn,
Say Goodbye o
Sludge; curioso tuttavia notare come, in questi frangenti, più che ricordare i Fates Warning o i lavori di Matheos, i
Veritas sembrino maggiormente simili ai Queensryche più attuali, quelli di "Condition Human" o "The Verdict", tanto per intenderci. Non che questo sia un difetto per carità anzi, personalmente (e non sono l’unico) adoro gli ultimi lavori di Wilton e soci, tuttavia questa somiglianza in alcuni tratti è eccessivamente pesante e si concretizza soprattutto (ma non solo) per merito del vocalist dei
Veritas,
Denny “The Siren” Anthony, il cui stile ricorda molto (troppo) da vicino quello di Todd LaTorre, senza tuttavia che il buon Denny (non ce ne voglia) abbia la stessa qualità e la personalità di Todd, e obiettivamente nemmeno gli altri membri della band hanno la classe dei ‘ryche...va da sé che il risultato non può essere altrettanto positivo.
Insomma riassumendo in poche righe: il disco (che probabilmente piacerà soprattutto agli amanti delle sonorità in stile Queensryche, Fates Warning, Crimson Glory ecc...) è bello, ben suonato e pieno di spunti interessanti (ho optato per un 7 per la fiducia, ma siamo tra il 6,5 ed il 7 se vogliamo ridurre tutto ad un banale voto numerico), anche se, a fronte di quanto detto, la formazione di
Zonder si fa apprezzare maggiormente quando si cimenta nei brani più aggressivi, in cui fa emergere la propria personalità, piuttosto che nelle parti più prog in cui invece, per l’eccessiva somiglianza con alcune bands di maggior spessore (Queensryche su tutti), finisce per generare scomodi paragoni, da cui ne può solo uscire inevitabilmente perdente.