Copertina 7

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2006
Durata:35 min.
Etichetta:Season of Mist
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. BELLUM OMNIUM CONTRA OMNES
  2. BETWEEN SHIT AND PISS WE ARE BORN
  3. TIMEWAVE ZERO
  4. THE DESTROYING ANGEL
  5. WAITING FOR THE BARBARIANS
  6. THE YELLOW KING
  7. WHEN THE LION DEVOURS BOTH DRAGON AND CHILD
  8. THE NECROGEDDON
  9. REGRESSION TO THE MEAN

Line up

  • Irumator: all instruments
  • V.I.T.R.I.O.L.: vocals

Voto medio utenti

Se il demonio avesse la possibilità di scegliere una colonna sonora per l'Apocalisse, senza dubbio sostituirebbe le trombe con uno qualsiasi degli album degli Anaal Nathrakh. Il duo inglese ha raggiunto delle vette di violenza sonora mai toccate in precedenza, perché a questa furia unisce l'odio, il disgusto, la repulsione, la misantropia e tutte quelle altre sensazioni sgradevoli che contribuiscono a rendere il tutto un'esperienza completamente sconvolgente. Rispetto al folle primo album "The Codex Necro", già lo scorso "Domine Non Es Dignus" aveva fatto vedere aria di cambiamento: chitarre in virata verso il death e qualche inserimento di voce pulita. Il nuovo "Eschaton" fa una via di mezzo tra le due correnti, recuperando tutta la malsanità della prima opera senza cancellare le intuizioni realizzate dopo: rimangono i brevi cori in stile più moderno, e il riffing votato al death metal, in più le canzoni tendono ad acquistare una forma rispetto al completo maelstrom a cui ci avevano abituato in precedenza. A questo proposito "Between Shit And Piss We Are Born" è un esempio lampante, nonché uno dei pezzi più devastanti mai composti dalla band inglese. Impressionante la prova vocale di V.I.T.R.I.O.L. alle prese con urla lancinanti mischiate a profondissimi growling, aiutato in alcuni punti dal guest Attila Csihar (che si è ormai conquistato una nicchia grazie al suo stile particolare). Anche alle chitarre troviamo un guest, nient'altro che Shane Embury di una delle più importanti band metal inglesi di tutti i tempi: i Napalm Death. Non so quanto sia stato influente nella stesura delle ritmiche, ma posso dire che rispetto al passato sono sicuramente più varie e organiche. Quanto questo elemento possa fare piacere ai cultori della disorganicità di "The Codex Necro" non mi è dato di saperlo. In sostanza, rimaniamo sempre in territori così estremi da rendere difficili la valutazione di ogni novità... chiamatelo black, death, brutal, grind, ma la sostanza non cambia: difficilmente troverete in giro qualcosa di più stomachevole. Mi piacerebbe sapere cosa avrebbero pensato agli albori del fenomeno black metal di un album del genere.
Recensione a cura di Alessandro 'Ripe' Riperi

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