Copertina 6,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2017
Durata:50 min.
Etichetta:AFM Records
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. GENESIS
  2. RECLAIM THE SUN
  3. MASQUERADE
  4. INTO THE DARK
  5. THE DROWNING
  6. DEATH IS THE BEGINNING
  7. THE GHOST
  8. IN TORMENT
  9. AGNUS DEI
  10. THE COLOURS OF THE COSMOS
  11. APPRENTICE OF DEATH

Line up

  • Ville Viljanen: vocals
  • Mikko Sipola: drums
  • Teemu Heinola: bass
  • Andy Gillion: guitars

Voto medio utenti

Dal vocabolario Treccani
aspettativa s. f. [der. di aspettare]. – 1. L’atto, il fatto di aspettare, attesa: essere in a., stare in a., aspettare; superare l’a., essere superiore all’aspettativa, riuscire meglio di quanto si prevedeva.

Questa è la parola chiave per chi come il sottoscritto attendeva la sesta uscita del combo di Pori (sì, sono un fan della prima ora di Ville Viljanen e compagni, sappiatelo).
Grande aspettativa per essere sincero fino in fondo.
Dopo due album formidabili come “...and death said live” e “Dawn of the 5th Era” i Mors Principium Est si erano candidati a miglior melodeath band in circolazione, al fianco dei connazionali Insomnium ed Omnium Gatherum, raccogliendo il testimone dei mostri sacri Dark Tranquillity, In Flames, At The Gates, Soilwork...
Purtroppo questo “Embers of a dying world”, pubblicato ancora sotto l'egida AFM Records, segna un netto passo indietro rispetto ai predecessori, come se Sergio Leone avesse concluso la sua meravigliosa “Trilogia del dollaro” girando “Una pistola per Ringo” (con tutto il rispetto per Giuliano Gemma), anzichè quel capolavoro de “Il buono, il brutto, il cattivo”; intendiamoci non è un album brutto, i finnici non saprebbero scrivere una canzone scadente nemmeno volendo, ma è chiaro che la perdita di un axeman di grande valore come Kevin Verlay (uscito dalla band per ragioni personali) ha segnato purtroppo in negativo questa nuova release che torna ad un utilizzo sovrabbondante di elettronica a scapito di quella strada riff-oriented che i nostri sembravano aver imboccato con decisione.
Andiamo comunque a fare un veloce track by track cercando di evidenziare pregi e difetti del disco.
“Genesis” è l’ormai classica apertura dei finnici, un brano strumentale tutto elettronico che racchiude i temi emotivi e musicali del platter cui fa immediatamente seguito “Reclaim the sun”, il primo singolo rilasciato al pubblico.
E qui, nonostante sia uno dei pezzi migliori del lotto, iniziano ad emergere i primi dubbi; infatti Gillion si sobbarca un superlavoro per coprire l’assenza di Verlay aiutato da un tappeto di tastiere ma tutta la track lascia in bocca un sapore di opera incompiuta, come una prolungata attesa che non si tramuta mai in soddisfazione piena. Si prosegue con “Masquerade”, ma il puzzo di bruciato ormai è palese: un brano piatto e con un songwriting banale (ditemi che non hanno scritto davvero “This is the end, the final revolution” vi prego) condito da un ritornello catchy davvero fastidioso. “Into the dark” è finalmente un brano centrato in tutti i sensi ma “The Drowning” e “Death is the beginning” fanno ricadere le attese a terra per la mollezza che le pervade: le troverei a proprio agio nell’ultimo lavoro degli In Flames. E no, non è un complimento.
Arriviamo a quello che è il dittico migliore del platter: “The Ghost” e la successiva “In Torment” e qui –parafrasando il capolavoro di W.Hill- i Mors Principium Est sembrano affermare “Quando sei la miglior melodic death band del pianeta puoi cagare in testa a chi ti pare”. Due pezzi melodici, violenti, malinconici, con un riffing semplice ma ficcante ed un lavoro di tastiere che con poche note ti afferra l’anima che non vorrebbe smettere mai di essere squassata.
“Agnus dei”, la traccia seguente è solamente un passaggio strumentale e corale che poco o nulla aggiunge all’album, “The colours of cosmos” offre una fastidiosa sensazione di deja-vu riproponendo un riff ed una struttura molto simile a “God has fallen” della precedente release mentre nella conclusiva “Apprentice of death” fanno capolino gli ultimi Allegaeon senza però la rabbia propria del combo statunitense.
In conclusione un album fiacco, che nel death metal è un giudizio peggiore di “brutto”: perchè evidenzia una carenza di idee preoccupante risolta rifugiandosi nelle proprie zone confort, nelle proprie certezze musicali e compositive.
Data la caratura della band però credo sia un passo falso dal quale sapranno risollevarsi immediatamente: non ci resta che aspettare.
Aspettative dicevamo: purtroppo deluse.

Video ufficiale di "Reclaim the sun"

Recensione a cura di Alessandro Zaina

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