Copertina 7

Info

Anno di uscita:2012
Durata:28 min.
Etichetta:L.A. Riot Survivor Records

Tracklist

  1. COLD SHOT OF WATER
  2. MEMPHIS ROADS
  3. SOUTHERN MISTREATER
  4. WINE AND ROSES AIN’T THE CURE
  5. SHE THINKS I’M A DOCTOR (LIVE)
  6. SUZIE SHAKES MY RATTLIN BONE (LIVE)
  7. SWEET BLUE JEAN SISTER (LIVE)

Line up

  • Dennis Duncan: vocals
  • Tyler Gentile: guitars
  • Jack Aurora: guitars
  • Rich Florio: bass, backing vocals
  • Angie Dunleavy: drums, backing vocals

Voto medio utenti

Arrivavano dalle strade di Los Angeles, fucina apparentemente inesauribile di rockers viziosi e sfrenati, e anche se l’era dorata dell’edonismo reaganiano stava per esaurirsi (implodendo su se stessa a causa di quegli eccessi di manierismo e di “consumismo” che avrebbero condotto all’ondata purificatrice del grunge), i Sister Whiskey ebbero la loro “grande occasione”, e grazie all’intercessione e alla produzione di Dana Strum, debuttarono nel 1993 su Warner con l’ottimo “Liquor & poker”, un titolo da consigliare a chi ama il rock n’ roll infuso di blues di Aerosmith, Junkyard, Cry Of Love e Tattoo Rodeo.
Un contratto “capestro” (il bassista di Vinnie Vincent Invasion e Slaughter, a quanto sembra, fu particolarmente e subdolamente esoso con i suoi “protetti”) e gli ineluttabili eventi spensero il “sogno” di questi cinque ragazzi californiani, ma se volete (ri)scoprire un gruppo di notevole valore, oltre che recuperare il succitato esordio su major, oggi avete la possibilità di valutare i Sister Whiskey nella loro essenza più rude e istintiva, fotografata nel demo omonimo del 1991, così importante per il loro pur effimero successo.
Ristampato su Cd (in configurazione “Vinyl replica”) dall’italianissima L.A. Riot Survivor Records, il nastro dimostrativo restituisce tutta l’esuberanza di una formazione capace di scrivere e interpretare vischiosi spaccati di street-metal, divertenti, malinconici, sfrontati e vibranti, supportati da un’adeguata tecnica individuale e dalla giusta attitudine.
Se siete estimatori del settore e apprezzate un approccio non distante pure da certi Poison, dai Guns n’ Roses e dai primi Bon Jovi, non vi sarà difficile individuare nella spinta emozionale di “Cold shot of water”, nella ruffianeria di “Memphis roads”, nelle scansioni sincopate (vagamente Crue-iane) di “Southern mistreater” e nel feeling focoso e confederato di “Wine and roses ain’t the cure”, le stimmate di una band sopra la media, dotata di un potenziale artistico e “commerciale” che attendeva solo di essere colto, indirizzato e “sfruttato” (e qualcuno, come anticipato, deve aver preso fin troppo “alla lettera” questa indicazione!).
A completare il quadro espositivo, arrivano tre bonus dal vivo, registrate nel 1992 nientemeno che al Troubadour, al Gazzari’s e al Roxy (in pratica i santuari del genere …) e in grado, nonostante una resa sonora fatalmente “sporca”, di dimostrare l’efficacia del gruppo anche sulle assi di un palco, attraverso brani scanzonati e immediati, dai quali emerge con prepotenza la trascinante catchiness di “Sweet blue jean sister”.
Tra le tante operazioni di “riesumazione” musicale, più o meno opportune, tipiche del business discografico contemporaneo, un “oggettino” passionale e sincero come “Sister whiskey” merita attenzione, e questo indipendentemente dal fatto che tale considerazione possa contribuire alla reunion dei suoi autori, un'altra “consuetudine” dei nostri tempi non sempre pienamente appropriata e produttiva.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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