Copertina 9,5

Info

Anno di uscita:2012
Durata:59 min.
Etichetta:Nuclear Blast

Tracklist

  1. PROLOGUE
  2. HELVETIOS
  3. LUXTOS
  4. HOME
  5. SANTONIAN SHORES
  6. SCORCHED EARTH
  7. MEET THE ENEMY
  8. NEVERLAND
  9. A ROSE FOR EPONA
  10. HAVOC
  11. THE UPRISING
  12. HOPE
  13. THE SIEGE
  14. ALESIA
  15. TULLIANUM
  16. UXELLODUNON
  17. EPILOGUE

Line up

  • Anna Murphy: hurdy gurdy, vocals
  • Chrigel Glanzmann: tin and low whistles, uilleann pipes, acoustic guitar, bodhràn, vocals
  • Ivo Henzi: guitar
  • Simeon Koch: guitar, vocals
  • Meri Tadic: fiddle, vocals
  • Kay Brem: Bass
  • Merlin Sutter: drums
  • Pade Kistler: bagpipes, whistles

Voto medio utenti

“This is how we will be remembered, this is who we were: Helvetios”


Viaggiare è una delle cose che più mi piace fare.
E voi giustamente vi direte “E a noi?”. Beh in questo caso interessa anche voi, perché se vi vorrete apprestare ad ascoltare il nuovo disco degli Eluveitie, sarà indispensabile salire sulla macchina del tempo e viaggiare. Il fatto è che ogni volta che mi capita di recensire un album in cui c’è un viaggio di mezzo, l’album in questione mi piace da morire. E’ stato così con gli Infinita Symphonia e il loro viaggio nella mente, coi Vangough e il loro viaggio in un altro mondo, ed è così anche con “Helvetios”. A differenza dei due album sopracitati però, stavolta trattiamo del più fiabescamente classico dei viaggi, quello nel tempo appunto, per la precisione all’epoca delle Guerre Galliche.
Quindi mettetevi comodi, allacciate le cinture..siete pronti? Si parte!

Gli Eluveitie nascono ormai 10 anni fa dalla mente di Christian “Chrigel” Glanzmann, giovanotto svizzero dalla calvizie precoce ma dalla grandissima abilità e versatilità musicale, che mette assieme un gruppo di conterranei fieri delle proprie origini e desiderosi di suonare qualcosa di nuovo, di particolare, unendo il Melodic Death di scuola scandinava (Dark Tranquillity su tutti, la cui eco è ancora tutt’oggi ben definita) al folk e alla musica celtica, con ampissimo uso di strumenti legati alla tradizione popolare, quali ghironde, violini, flauti e cornamuse. Il risultato è “Spirit”, primo album della band edito nel 2005 al quale fa seguito nel 2008 il celebre “Slania”, album della vera consacrazione degli svizzeri, che li porta sulla bocca di tutto il mondo e in particolare gli permette di entrare nella scuderia della Nuclear Blast, con la quale firmano un contratto a lungo termine. Nel frattempo i fratelli Kirder lasciano la band e a “Slania” fa seguito il tanto criticato “Evocation I – The Arcane Dominion”, album esclusivamente folk-acustico che fa storcere il naso ai fan più conservatori, ma che si dimostra comunque un buon disco, che mostra le capacità camaleontiche della band. Passa solo un anno e nel 2010 esce “Everything Remains (As it never was)” che già dal titolo lascia trasparire un certo ritorno alle origini per gli Eluveitie, che abbandonando l’esclusiva dell’acustico tornano a picchiare duro e a urlare la loro rabbia, riabbracciando i fans persi per strada con il disco precedente.

Ed è così che dopo altri 2 anni ritroviamo gli Eluveitie alle prese con “Helvetios”, ed è così che il nostro viaggio ha inizio, dipanandosi tra le tribolazioni e le sanguinose battaglie che le popolazioni galliche dovettero affrontare ormai oltre 2000 anni fa, calandoci tra di loro e permettendoci, o obbligandoci, di vivere i momenti più salienti della loro storia. In particolare questo viaggio, com’è facile intuire, è incentrato sulle vicende degli Elvezi (“Helvetios” in lingua madre), popolazione celtica di stanza tra le odierne Svizzera e Germania. Menestrello di questa storia è l’attore scozzese Alexander Morton, che con la sua voce ci apre la strada verso i ricordi di un periodo difficile, ricordi di morte, perdita, lacrime e soprattutto sangue, ricordandoci però che qualcosa riesce sempre a travalicare tutto questo, una luce di immortalità e di speranza che si incarna nelle canzoni, quelle canzoni che hanno accompagnato gli Elvezi in battaglia e in pace.
Ed è proprio con la title track “Helvetios”, fulgido esempio di quello che è la musica degli Eluveitie fatta di ghironde e violini che s’intrecciano con saggezza alle chitarre e a un basso più in forma che mai, che abbiamo il primo contatto con questo popolo, che ancora non vedeva la guerra come prossima e che di conseguenza viveva pacificamente, concedendosi spesso e volentieri momenti di festa e di gioia, come testimonia la successiva “Luxtos”, danzereccia canzone prettamente folk cantata interamente in gallico, che ricorda in più di un’occasione gli episodi migliori di band quali Finntroll e Korpiklaani. E fin dall’inizio abbiamo un’idea chiarissima delle due anime che abitano la creatura Eluveitie, quella melodeath e quella folk, che mai come in “Helvetios” riescono a convivere e a perdurare per tutta l’estensione del disco, in un’ossimorica pacifica battaglia contrapposta ai problemi sciorinati nel concept. Problemi che per gli Elvezi iniziano già con “Home”, canzone nella quale Chrigel offre una delle migliori performance del disco, padroneggiando un growl tra i migliori della scena, nettamente migliorato rispetto al passato e assoluto protagonista di questa canzone. A dimostrazione dell’alternanza sopracitata, nella successiva “Santonian Shores” violini e flauti tornano a prendere il comando dell’azione, mentre gli Elvezi arrivano alla conclusione che l’unico modo per sopravvivere è abbandonare la propria casa, trasferendosi in un’altra terra, per la precisione in Francia, nelle zone a sud della Bretagna. “Scorched Earth” è un cantico in lingua gallica che ci accompagna in questa migrazione, riuscendo perfettamente a trasmettere i sentimenti di ansia e tristezza che sicuramente pervasero i loro cuori durante l’abbandono delle proprie terre. Per raggiungere la loro destinazione però, gli Elvezi dovettero passare attraverso Ginevra, in territorio romano: Cesare non permise loro di attraversare la città e quanto questi decisero di aggirarla, scatenarono le ire dell’Imperatore. “Meet the Enemy” e “Neverland” sono quindi pervase della rabbia e della tristezza successive al primo massacro subito dal popolo elvetico da parte dei romani, con la voce di Chrigel che in più di un’occasione si trasforma quasi in un grido di disperazione. E in “A Rose for Epona” questo pianto assume fattezze femminile, nell’occasione quelle dell’ottima Anna Murphy, che oltre a dilettarsi nella ghironda, sfodera una prestazione al microfono di tutto rispetto, degna erede di “Omnos”, realizzando quella che a mio parere è la miglior canzone del disco e una delle più belle e emozionali dell’intera discografia degli Eluveitie, coadiuvata nel finale dalle urla di Chrigel, che accompagnano il pianto di rabbia di una ragazza elvetica nei confronti della dea Epona, rea di aver permesso il massacro del proprio marito. Nel frattempo gli scontri con i Romani sfociano in vera e propria guerra, e “Havoc” è la testimonianza della frenesia delle battaglie, col violino di Meri Tadic a svolgere un ruolo di primo piano assieme al solito Chrigel. “The Uprising” è, assieme all’insipida strumentale “Hope”, il brano della rivolta, un mid-tempo nel quale è tangibile la voglia degli Elvezi di combattere il nemico e riprendersi la propria libertà, come testimonia il brano letto da Morton a metà canzone. E con le due canzoni successive la rivolta ha inizio e fine, con le voci urlanti e battagliere di Chrigel e Anna che si affrontano in uno scontro fratricida in scream-growl prima (“The Siege”) e in clean poi (“Alesia”), mostrando ancora una volta l’incredibile eclettismo dei membri degli Eluveitie. Per gli Elvezi però la sconfitta di Alesia segna la definitiva conclusione della guerra e “Tullianum” è un breve intermezzo che rappresenta l’epitome della vicenda, con Vercingetorige che viene incarcerato in cambio della vita dei sopravvissuti. La voglia di rivolta però è ancora viva in “Uxellodunon”, ma anche questa volta è strage. Ed è qui che si conclude il nostro viaggio, con Morton che torna a chiudere il cerchio apertosi un’ora prima sempre con la sua voce, ricordandoci che gli Elvezi vivono ancora e sempre vivranno, nelle loro canzoni, interpretate dai figli e dai figli dei figli di quei valorosi martiri che combatterono per la libertà.

E i figli dei figli dei figli…dei figli di quei primi Elvezi sono i qui presenti Eluveitie, che in questo freddo Febbraio 2012 sfornano quello che si candida già a pieno titolo come possibile album dell’anno per il sottoscritto, avendo tutto quello che un album folk metal dovrebbe avere: cattiveria, melodia, una prestazione strumentale sopra le righe sia dal punto di vista moderno che da quello folk, due voci perfette sia in clean che in growl, un concept di fondo intrigante e evocativo e un songwriting grandioso, epico e mai banale, ripetitivo o noioso. Cosa volete di più, un Lucano? Fidatevi, “Helvetios” è più che sufficiente.

Quoth the Raven, Nevermore..

Recensione a cura di Andrea Gandy Perlini

Ultime opinioni dei lettori

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 23 gen 2014 alle 12:56

Assolutamente uno dei migliori album nel panorama Folk Metal mondiale. Di ispirazione, per quanto mi riguarda, sia per la batteria, che per il growl, che per le tematiche. Immenso, da consigliare a tutti.

Inserito il 15 feb 2012 alle 08:36

io faccio il prevenuto di mestiere

Inserito il 14 feb 2012 alle 18:49

Stiv ma dopo gli Unearth parti ancora prevenuto? XD

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