Dissidio: qualcosa da dire …

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Considero i Dissidio (Michelangelo Mercuri, Valentino De Vito e Francesco Procopio) uno dei gruppi emergenti di crossover più interessanti dell’anno in corso.
La loro sagace proposta artistica (che oserei quasi definire “multimediale”, se non fosse un termine diventato logoro e abbastanza molesto …), sebbene probabilmente non del tutto “compiuta”, esibisce nettamente almeno tre peculiarità piuttosto rare all’interno della “scena” nostrana (a proposito, cercate nell’intervista la brillante descrizione che fa la band del nostro rockrama!): cultura, ironia e un’acuta e surreale sensibilità critica, aspetti confermati anche dalle parole con le quali hanno soddisfatto le mie molte curiosità.
Ribadisco, dunque, il concetto … “Thisorientamento” è un disco che mi sento di consigliarvi, se cercate un mezzo parecchio efficace per divertirsi, sfogarsi e magari pensare anche un po’ … lo so, è una cosa a cui non siamo tanto abituatati, ma vi assicuro che non fa male …

Ciao ragazzi, grazie per il tempo che ci dedicate, benvenuti sulle pagine “virtuali” di Metalhammer.it e complimenti per il vostro sorprendente “Thisorientamento”. Direi, come di consueto, d’iniziare con una sintetica scheda di presentazione della band …
Per noi è un immenso piacere essere materiale d’interesse per una testata importante come Metalhammer ed è un immenso onore ricevere i vostri complimenti per i quali vi ringraziamo.
Presentare il progetto Dissidio è in realtà paradossalmente un contorno al progetto stesso poiché potremmo dirvi d’essere Michelangelo, Valentino e Francesco e che ci piace tanto la musica, il teatro e la poesia ma la verità è che la nostra migliore scheda di presentazione è l’album che abbiamo prodotto, al di fuori di quello siamo solo carne e bozze.
So che ritenete difficile (apprendendolo dalla bio, in cui citate il celebre aforisma del mitico Frank Zappa, “parlare di musica è come ballare di architettura” …) parlare della vostra musica … per certi versi posso anche esser d’accordo (ed è abbastanza controproducente, visto il mio “ruolo”!), ma vi chiedo un piccolo “sforzo” … come definireste la proposta dei Dissidio a chi ancora non li conosce?
Rock & co. (ecco, appunto …:) … n.d.a).
Personalmente ho trovato parecchio avvincente il vostro approccio all’insegna di un vorticoso crossover tra metal, teatro, “cazzeggio”, hardcore, invettiva, rock, sarcasmo e scorie hip-hop … comincio a tentare di sviscerare l’aggrovigliata faccenda chiedendovi quali sono le principali fonti ispirative del gruppo …
Ma, guarda, bevevamo il latte materno quando i primi in classifica a “Top of the Pops” erano i Nirvana, il Nu Metal esplodeva quando noi facevamo le elementari o le medie, il primo Eminem era sempre più o meno in testa, tutto il resto fu conseguenza di questo, gli ascolti principali tuttora sono sempre di matrice rock o metal, ci piace l’hip hop vecchia scuola, il blues anni ’30, Buddy Rich, crediamo che i Pink Floyd siano l’episodio musicale più importante della seconda metà del ‘900, ma amiamo anche scoprire musica nuova ogni giorno proveniente da qualsiasi contesto musicale.
Poi, l’ispirazione musicale, si sa, non arriva solo dalla musica per cui la risposta, anche se continuasse per altri 12 chilometri, sarebbe comunque incompleta.
… per poi domandarvi quale ritenete sia la funzione che la “parola”, soprattutto in una canzone, ricopre in tempi di frenesie, superficialità e di diffusissima demagogia …
La funzione della “parola” è quella di comunicare e suscitare reazioni, nella musica come nelle conversazioni anche spicciole della vita di tutti i giorni.
All’interno di un brano musicale questa, oltre ad essere elemento comunicativo è anche al servizio o servita del brano per fini puramente compositivi diventando così un’arma a doppio taglio, può essere fondamentale come di troppo, l’ascoltatore sufficientemente attento e preparato se ne accorge, l’ascoltatore superficiale no, questa sorta di regola vige da sempre.
Forse nella società di oggi l’ascoltatore di tipo 2 è molto più presente poiché si va sempre più verso una forma comunicativa breve e istantanea, i “video pillola” di pochi secondi, il tweet di poche lettere, le nuove generazioni stanno crescendo soprattutto con questo tipo di educazione ed è spaventoso pensare che sia solo questa la direzione … noi, infatti, non lo pensiamo e non ci spaventiamo, siamo convinti che la parola non perderà mai la sua funzione, che ci saranno sempre dei curiosi con la voglia di esaminare e capire a fondo, chi storce il naso, chi va controcorrente … ci sarà sempre chi sa custodire e mantenere viva la funzione della parola in un brano musicale, come nella vita di tutti i giorni.
Complessivamente considero “Qualcosa di meglio da dire”, “Uniforme-Mente” e “Se Si Sa Si Sa, Sai?” i vostri “manifesti”, sotto il profilo sonoro e concettuale … vi va di raccontarci qualcosa di questi tre brani davvero intriganti e sagaci?
Sono tre brani che hanno subito processi diversi prima di venire alla luce, “Qualcosa di meglio da dire” è uscito di getto, roba di qualche ora, “Uniforme-mente”, soprattutto da un punto di vista lirico ha subito parecchie modifiche, in principio il testo era molto più lungo, veramente troppo!
“Se si sa si sa, sai?” è il brano che ci ha impegnato più di tutti in assoluto, ci sono state settimane e settimane di lavoro riguardo all’arrangiamento, stavamo quasi per escluderlo dall’album perché non se ne veniva a capo, poi alla fine ci siamo riusciti e non ti nascondiamo che forse è il nostro brano preferito di “Thisorientamento”.
Come nasce un pezzo de Dissidio? Vi affidate a intuizioni individuali o a jam collettive? Quanto è importante “l’ambiente” in cui componete per il risultato finale?
A oggi i brani dei Dissidio nascono la maggior parte delle volte partendo dal testo, dalla “parola”, e da una bozza musicale primordiale suscitata dalla parola stessa, dopo di che viene sviluppata la parte strumentale che si evolve tramite improvvisazioni in saletta.
A sua volta, l’evolversi della parte musicale può andare a modificare il testo per adattarlo meglio al brano, è una sorta di feeling che però ha origine quasi sempre dalla parola.
"Thisorientamento" è quasi totalmente composto così.
Lentamente però stiamo andando verso un differente metodo che capovolgerà la situazione facendo partire la composizione dalla musica, o che faccia partire tutto insieme … non è semplice, ma siamo curiosi di sperimentare ed è ciò a cui ambiamo pensando a quando arriverà il momento di fare un secondo album.
L’ambiente in cui componiamo è fondamentale e sotto questo punto di vista siamo fortunatissimi, abbiamo una meravigliosa stanza, grande il giusto, in una soffitta, trasandata il giusto, dove siamo liberi di fare casino e soprattutto di sbagliare come meglio crediamo.
Leggo che dal vivo amate mescolare musica e performance teatrali … in un panorama “difficile” come quello italiano riuscite a trovare spazi adeguati per i vostri live-shows? Qual è il vostro giudizio globale sulla nostra “scena”?
Aggiungere elementi teatrali allo spettacolo musicale non è semplice e può incontrare parecchie difficoltà derivanti dalle strutture in cui ci esibiamo, la mancanza di un “dietro le quinte” è l’impedimento principale e alle volte ci complica tanto la vita, ma fino ad oggi siamo riusciti sempre a uscirne bene, “la difficoltà aguzza l’ingegno” è diventato il nostro motto.
La “scena” è una parola strana che non abbiamo mai ben capito, cioè, il concetto è chiaro, ma continuamente indefinito, ci sono tantissimi artisti meravigliosi nell’underground italiano e se intendiamo questo per “scena”, allora ti risponderei che abbiamo una scena che spacca ma che alla fine, come ci disse una volta una persona, “ognuno si fa i cazzi suoi”.
A ulteriore conferma dell’interesse per gli aspetti “visuali” della musica, trovo molto attraente l’artwork di “Thisorientamento” e anche i vostri video sono piuttosto particolari e curati … raccontateci tutto di come siete arrivati all’evocativa copertina firmata Karma Photo, sulle realizzazioni dei vostri clips e su quali sono le vostre valutazioni su canali dall’enorme potere mediatico come youtube …
Dunque, riguardo alla copertina i ragazzi di Karma Photo sono stati decisamente fondamentali, noi gli abbiamo comunicato il concept, i colori che avevamo in mente, l’atmosfera, poi loro hanno fatto tutto pianificando la composizione dell’immagine, le luci, ogni dettaglio e facendone uscire qualcosa che consideriamo assolutamente un capolavoro.
Contemporaneamente alla realizzazione della copertina è nata questa incosciente ma meravigliosa idea di fare un lungometraggio diviso in 12 capitoli che si sposasse con il concept, dunque un video per ogni brano. Sotto questo punto di vista il super bravissimo e super paziente regista Mario Vitale ci è venuto incontro e ci ha detto praticamente subito di sì, senza di lui una cosa del genere sarebbe rimasta solo fantasia.
Dallo scorso Febbraio stiamo dunque pubblicando ogni 13 del mese un video sul nostro canale youtube che come dici bene è un canale dall'enorme potere mediatico, è facilmente a portata di tutti, è uno strumento, e come ogni strumento può essere usato bene o male.
Per le band emergenti è una manna dal cielo poiché mette tutti allo stesso livello, viene premiata la qualità delle idee senza il bisogno essenziale di dover arrivare su una piattaforma più privilegiata … ovvio che poi viene anche usato per fini meno positivi perché appunto, come detto in precedenza, è alla facile portata di tutti, e “tutti” vuol dire anche idioti.
Sono anche curioso di sapere perché avete scelto “Ultima uva” del poeta Franco Costabile per la ghost-track del disco …
Beh, diciamo che più che averla scelta in realtà è la poesia che ha scelto noi, può sembrare un’espressione banale ma è andata veramente così.
Nel periodo in cui componevamo l’album eravamo anche molto addentrati nell'ambito poetico grazie alla compagnia teatrale Scenari Visibili, capitanata dal regista Dario Natale, con la quale abbiamo fatto diversi spettacoli, lui ci ha introdotto in questo meraviglioso mondo facendoci conoscere, tra gli altri, anche Franco Costabile.
Abbiamo iniziato ad approfondire la sua storia che è molto affascinante: era fraterno amico di Ungaretti, a soli quarantun anni si è tolto la vita e subito dopo il suo suicidio della famiglia si è persa ogni traccia, c’è anche un velato mistero che accompagna la sua biografia.
Poi, Costabile era di Lamezia Terme, racconta la terra in cui viviamo quotidianamente in una chiave unica nella quale per noi di Lamezia ma non solo, direi di tutto il sud, è impossibile non riconoscersi. Inoltre nel 2015 è stato celebrato il 50° anno dalla sua morte, e questo dettaglio ci ha spinto ancora di più verso il volergli rendere in qualche modo omaggio mettendo in musica e rinnovando la sua poesia.
Ci siamo dunque messi alla ricerca della poesia “giusta” e da subito “Ultima Uva” ci ha colpito per la rabbia, l’amarezza, le sensazioni crude e autentiche che trasmette, infine, quei versi iniziali “che volete ancora?” ce l’hanno fatta immediatamente immaginare come ghost track: dopo la fine di tutto, dopo il saluto finale di “Ciao, ciao”, dopo la fine della conversazione, l’ascoltatore insoddisfatto rimane ancora lì e d’un tratto si sente chiedere “che volete ancora?”, questo è il dettaglio che ci ha fatto definitivamente capire che sarebbe stata lei l’atto finale dell’album.
Anche se il Cd non è uscito da moltissimo tempo, avete già un’idea di come possa evolversi il in futuro il vs. suono?
Ma, in realtà lo capiremo per davvero solo quando saremo di nuovo in saletta a comporre, ma forse una sterzata verso ritmiche più blues dal sound molto più desertico misto a composizioni anche più post-rock potrebbe essere una via, vorremmo ridurre anche il numero di parole, ma la verità è che tutto ciò è ancora solo un’ipotesi, una fantasia.
Siamo alla fine … nel ringraziarvi nuovamente e rinnovando i complimenti per il vs. lavoro, in conclusione non mi rimane che chiedervi (sempre riferendomi alla biografia, disponibile sulla pagina facebook del gruppo …) … ma allora, “qual è il punto”?
Grazie mille ancora per i complimenti e per le stimolanti domande.
Per rispondere al quesito riguardante “il punto” ci tocca citare il poeta Eduardo Galeano che in “Finestra sull’utopia” scrive:
Lei è all'orizzonte. Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l'orizzonte si sposta di dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l'utopia? Serve proprio a questo: a camminare.
Il punto è che non c’è un punto, e quando lui ci sarà, vorrà dire che noi non ci saremo più.
Intervista a cura di Marco Aimasso

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