Overtures: benvenuti nel labirinto …

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Gruppo:Overtures

L’ho già detto in fase di recensione e lo ripeto in questa sede … considero “Entering the Maze”, il nuovo album degli Overtures, un lavoro in piena sintonia con le migliori produzioni di heavy / power melodico attualmente in circolazione e ho apprezzato particolarmente l’approccio alla materia esibito dai friulani, con i “piedi” ben saldi nella tradizione del genere e con la “testa” assolutamente radicata nel presente, in una società piena di distorsioni e di ostacoli con cui è necessario confrontarsi in ogni momento della nostra esistenza.
Urgeva, dunque, un doveroso ulteriore approfondimento … siete pronti ad entrare nel labirinto? Michele Guaitoli (voce) e Marco Falanga (chitarra) rappresentano l’eloquente e accurato “filo d’Arianna” della situazione …

Ciao ragazzi, complimenti per il nuovo disco e benvenuti su Metal.it! Direi d’iniziare, come di consueto per degli esordienti sulle nostre gloriose pagine, col tracciare una sintetica storia degli Overtures …
Michele: Ciao a te Marco e grazie mille intanto per le splendide parole spese su di noi nella recensione (è un momento che nel bene e nel male è sempre molto simile alla consegna di un compito in classe al liceo: tu dai il massimo ma la paura del brutto voto c'è sempre).
Gli Overtures nascono nel 2003 nella piccola Gorizia: un gruppo di cinque studenti della stessa scuola di musica con una gran voglia di uscire dal contesto scolastico e di lanciarsi sulla scena. Dopo un Demo nel 2007 destiamo l'interesse di una label tedesca, la Rock it Up Records, che ci lancia anche sul panorama internazionale pubblicando il nostro primo disco: “Beyond the Waterfall”. Nel 2010 esce poi il nostro “Rebirth”, pubblicato da un'altra label, la Sleaszy Rider Records, con la quale nasce un rapporto fantastico. Dopo una buona promozione a livello internazionale anche sul piano live ed un tour Europeo minore nel 2012, ci ritroviamo oggi a lanciare il nostro terzo album ufficiale: “Entering the Maze”.
“Entering the Maze”, per quanto mi riguarda, rappresenta un bel salto di qualità nella vostra produzione … ci raccontate come si è svolto il processo creativo del disco e quali sono le principali differenze con i lavori precedenti?
Michele: Innanzitutto grazie per il complimento! C'è sicuramente da considerare un modo di lavoro molto differente rispetto ai due album che precedono “Entering the Maze”, che credo sia stato il punto focale che ha permesso l'evoluzione di cui parli. Intendo dire che di certo questo terzo capitolo ha visto un “metodo” nella composizione dei brani: un porsi più domande, mettersi più in discussione, lavorare in maniera molto più “matura” e “consapevole” non solo sulle linee melodiche e sui riff, ma anche sul loro collaborare, sul loro rapportarsi tra strumento e strumento, e sul come far sì che ogni aspetto tecnico fosse volto alla resa del brano e non fine a se stesso. In “Entering the maze” non c'è un riff che è lasciato al caso, che non è stato frutto di discussioni e confronti, e la domanda che ci siamo sempre posti è stata: “rende?” “la maniera in cui tutti e cinque suoniamo questo passaggio, ne lascia passare l'intenzione ed il significato?”. E se la risposta era “no” non si è mai detto “va beh, intanto teniamolo così”, ma si è sempre affrontata la questione finché la soluzione finale fosse non solo apprezzata da tutti noi, ma anche un modo da tutti considerato valido per “esprimere” ciò che deve passare a livello di feeling e di mood in quella situazione. Ovviamente sono tutte cose che si migliorano disco dopo disco, esperienza dopo esperienza: è quel processo di apprendimento e miglioramento musicale che – come per lo studio – bisogna sempre essere propensi ad affrontare, accettare e sviluppare dal primo giorno in cui si prende in mano uno strumento, all'ultimo. Con questo non voglio dire che il lavoro fatto con “Rebirth” e “Beyond the Waterfall” sia stato superficiale: semplicemente sono stati più “ingenui”, “semplici” e meno carichi di domande, anche perché non avremmo saputo – per minore maturità musicale e personale – farci le domande corrette. Già “Rebirth” aveva visto un metodo compositivo, di arrangiamento e di registrazione decisamente migliore rispetto a “Beyond the Waterfall” che come ripeterò sempre, è un disco fatto da ragazzini con la disinvoltura e la semplicità (e genuinità) di cinque ragazzini. Ora in “Entering the Maze” le esecuzioni, gli arrangiamenti e le modalità di lavoro sono sicuramente più vicine a quelle di cinque artisti. Spero che questo processo continui a svilupparsi: siamo SEMPRE pronti ad accettare la critica, a metterci in discussione e a cercare di capire come e dove migliorarci!
Marco: Il “trucco” è farsi delle grandi litigate! :) Io e Michele ci siamo spesso scontrati (sia tra di noi che con il resto del gruppo) per questioni “assolutamente vitali” come “quella nota in levare in quella battuta ... ” ecc. ... e spero che ci scontreremo sempre di più su queste cose, visto che hanno permesso al nostro lavoro di migliorare! Il confronto e il SANO scontro sono alla base del miglioramento e il confrontarsi di continuo permette di perfezionare qualcosa che magari era già “bene”, ma perché accontentarsi? Poi ovvio che conoscendoci molto bene sappiamo come “gestire” le critiche che ci facciamo e ci fanno in generale e renderle sempre costruttive e utili.
Quando vedo una band italiana accasata con una label straniera sono sempre colto da un misto di orgoglio (per la riconosciuta caratura internazionale) e delusione (per la mancata lungimiranza delle etichette nostrane) … come siete entrati in contatto con la Sleaszy Rider Records e come valutate il fatto di aver dovuto "espatriare" per reperire un adeguato patrocinio?
Marco: Il supporto offertoci dalla Sleaszy è totale e grandioso. Abbiamo trovato a tutti gli effetti una VERA partnership! Giusto per darti un'idea, il presidente della casa Tolis Palantzas sarà qui con noi alla presentazione di "Entering the Maze"! Verrà direttamente dalla Grecia così da poter stare con noi! Questo è solo un esempio della professionalità, della lungimiranza e dell'affetto dimostratoci, che si traduce in un supporto totale e appassionato!
La questione dell'”espatrio” è una domanda che ci viene spesso posta, ma penso che il tutto si possa ridurre a normali “valutazioni aziendali”. Evidentemente le case nostrane non hanno visto in noi un buon investimento ... se un giorno saremo headliner a Wacken avranno avuto torto, se invece saremo sotto un ponte, allora avranno avuto ragione! Ma il problema non esiste per noi al momento visto che come già detto con la Sleaszy le cose vanno alla grande!
Ritengo molto interessante l’approccio lirico, di natura “contemporanea”, del disco e altrettanto affascinante valuto il relativo artwork che lo accompagna … vi va di approfondire un po’ meglio entrambe le questioni?
Michele: Certo e anzi, ti ringrazio per averci fatto questa domanda. Crediamo fermamente nella contemporaneità della nostra musica. A differenza di molte band appartenenti al nostro stesso genere che si appoggiano a tematiche e liriche “epiche”, “gotiche”, “fantasy” o altro (scelte che in molti casi adoro, vedasi i casi dei Blind Guardian o dei nostrani Elvenking), noi viviamo la nostra musica in tutta la sua attualità. Spesso i testi sono collegati ad eventi o situazioni che vivo in prima persona, che mi segnano; altre volte sono una via di sfogo per momenti cupi; in altre occasioni le liriche nascono dalla mia necessità di volermi esprimere su una particolare tematica. Da qui nasce l'intero concept di prigionia della società moderna e la nascita del concetto di labirinto. Da qui l'idea di non utilizzare una cover “usuale” nel nostro stile musicale (dove forse i defender più accaniti avrebbero preferito un bel disegno o una bella foto), ma il “collage” che vuole essere più che un artwork, un reminder di quello che siamo, di quello che non dobbiamo dimenticarci, di quello che dobbiamo affrontare ogni giorno, della direzione verso cui tutti stiamo andando, e di tutti gli ostacoli e le realtà positive o negative che siano, che giorno dopo giorno incontriamo nella nostra strada verso l'uscita della labirintica società attuale.
Potremmo a grandi linee identificare Kamelot, Edguy e Avantasia come i vostri principali numi tutelari … confermate tale impressione? Ci sono altre fonti ispirative che ritenete importanti per la vostra “formazione” artistica? Che cosa reputate di aver assimilato dai “maestri” e quali sono, viceversa, gli aspetti che siete consapevoli di dover migliorare per poterli “sfidare” sempre più adeguatamente sul loro terreno?
Michele: I Kamelot riguardano principalmente me. Credo di essere l'unico all'interno della band che davvero può dire di essere un loro “fan”. Per gli altri sono sicuramente una band considerevole, ma dubito che siano tra i loro ascolti preferiti. Edguy ed Avantasia sono ottimi ispiratori per tutti e cinque invece, se non altro perché Tobias Sammet è indubbiamente un maestro a livello compositivo: chi non vorrebbe aver scritto una delle sue hit? Senza contare che adoro il modo in cui sia Edguy che Avantasia affrontano gli arrangiamenti orchestrali! Nella tua lista mancano però i Symphony X, una band che per tutti noi è senza dubbio una grossa influenza. Ad ogni modo si parla sempre di “ascolti”, andando nello specifico finirebbe che nomineremmo un centinaio di nomi, ognuno dei quali offre spunti ed idee. Quello che poi facciamo in sala prove quando ci mettiamo a scrivere, è semplicemente seguire l'istinto. Non diciamo mai “dovremmo fare un passaggio alla Symphony X” o “ehi, gli Edguy han fatto questo, qua ci starebbe da Dio”. Semplicemente in base a ciò che seminiamo ascoltando, raccogliamo poi quando arriva il momento di comporre!
Cose da migliorare? Tutto, sempre. Il modo in cui scriviamo, il modo in cui registriamo, il modo in cui componiamo: il giorno in cui smetteremo di criticarci e di cercare di migliorarci saremo morti o avremo smesso di suonare. Fino ad allora continueremo sempre a ricercare il modo di rendere meglio, al fine di far sì che tutto quello che proviamo e che vogliamo esprimere arrivi come deve. So che scherzavi dicendo “sfidarli” ma approfitto per mettere in chiaro che sono uno di quelli che odia la “sfida” nel contesto musicale: non credo e mai crederò che altre band siano “avversari” o che noi siamo un ostacolo per altre nella loro strada. Un appunto, forse inutile, ma che ci tenevo a fare.
Normalmente a questo punto si affronta la specifica “faccenda” delle canzoni … a voi chiedo uno sforzo supplementare … vi va di impegnarvi in un breve track-by-track?
The Maze
Marco: è stata la prima canzone composta del disco. Mi pare che il riff lo avevo già fatto sentire agli altri mentre "Rebirth" era appena stato rilasciato. E' la chiave di lettura iniziale dell'album e di “questi” Overtures. Inoltre rappresenta anche a livello di testo quello che è l'intero concetto del labirinto!
Michele: non poteva esserci traccia migliore come opener: la prima composta, quella che espone la tematica ...

Under the northern star
Marco: una mitragliata d’ignoranza musicale! Più volte ci siamo auto-compiaciuti della parte centrale prima dell'assolo ... una nota e tanta viuleeeenza! :)
Michele: un chiaro esempio di come gli Overtures non pongano la tecnica alla base della composizione, ma come spesso ci sia una grande spontaneità alla base di tutto. Il testo? La vita è un continuo viaggio e a volte persone o avvenimenti importanti cambiano il nostro modo di vivere o di vedere le cose.

Of nightmares
Michele: La nostra canzone maledetta. Quella che forse è stata il parto più difficile. Il riff principale parte da una mia idea chitarristica, che ovviamente è stata poi rifinita ed affinata da chi la chitarra la sa suonare davvero e non da me, un imbranato del settore, gran parte del resto del brano, a livello strumentale, è nato da idee di Daniele – il nostro ex chitarrista -. Il problema era il risultato finale: riff dopo riff e sezione dopo sezione il brano non ci tornava. Il grosso l’hanno risolto l'arrangiamento di synths e quello corale, che ha reso il ritornello uno dei più particolari e forse più azzeccati dell'album. Un buon lavoro di rifinitura prova dopo prova ha poi assestato quasi tutte le rimanenti parti ... ed alla fine dei giochi l'intera canzone ci ha davvero convinto. Per quel che riguarda il testo, qui si affronta la grande influenza che il subconscio opera su di noi nei sogni. C'è un qualcosa di “Inception” diciamo.

Savior
Michele: Qui possiamo ricevere quanti più commenti si vogliano, ma è il brano che dal nostro punto di vista più ci identifica. C'è un po' di prog, un po' di thrash, un po' di pop, stacchi melodici che vengono alternati a passaggi più pesanti, un ritornello scritto col cuore, ed un testo scritto con l'anima. Savior rappresenta gli Overtures, motivo per il quale è stata scelta per diventare il nostro singolo. C'erano brani più catchy, c'erano brani più “heavy”, ma noi siamo questo, e quello che volevamo far vedere con quest’album era la nostra identità. Non ci sono stati quindi motivi commerciali o discografici, ma solo la nostra forte volontà di esprimerci, che la Sleaszy Rider ci lascia abbondantemente, dietro alla scelta di "Savior" come biglietto da visita per “Entering the Maze”.

Empty Trails
Michele: Il working title era “Aulah”. Marco ed io lavoriamo nella stessa scuola di musica ... ed "Empty Trails" è un esempio della nostra empatia. In un cambio d'ora Marco mi fa: “Ehi Meek, senti un po' questo riff”... da lì gli rispondo “Wow, potremmo portarlo avanti con un'idea di ritornello come questa ...”... e in un’aula nacque "Empty Trails". Il testo è molto diretto: nel labirinto sogneremo sempre la via d'uscita, finché non la troveremo, ma i percorsi vuoti ed i sogni vacui non ci porteranno da nessuna parte. Serve agire o saremo persi per sempre. E' forse il pezzo più “Hard Rock” del disco e più legato a quello che erano gli Overtures prima di “Entering the Maze” e forse porta avanti qualcosa anche di antecedente a “Rebirth”.

Consquences
Michele: un brano più mio che degli Overtures, mi permetto di “impossessarmene”. Nato da un’idea tematica scritta al piano, un giro adattato e costruito principalmente per soddisfare una mia melodia vocale, ed un ritornello che è un urlo di sfogo. Uno dei pezzi più miei ... quindi anche uno dei pezzi più prettamente “power”.

In the middle of nowhere
Michele: Ti dico solo che questo brano ha qualcosa come tredici anni. L'idea di base è stata composta da me e da un amico, Lorenzo Zottar, quando avevamo quindici anni. Ricordo che lo suonavamo nella sua taverna, io sul pianoforte e lui sulla chitarra. Ha visto quindi anche tredici anni di modifiche ed arrangiamenti. E' in assoluto la canzone più genuina, senza malizia e senza “riflessione” musicale del disco, cosa che trovo assolutamente magnifica ... per quel che riguarda l'idea di base. Per quel che riguarda il lato musicale ... è anche la canzone più elaborata, rifinita e rivista, visto che in tutti i suoi anni ne ha passate di tutti i colori. E' stata sempre un mio sassolino nella scarpa, ho sempre voluto inserirla in un disco, ma prima di “Entering the Maze” non aveva mai trovato la sua forma. Poi si è rivelata perfetta: dispersi, nel nulla, senza rifermento! E' esattamente come ci si sente all'interno di questo labirinto, e la sua grande distanza dal metal più standard è stato un ulteriore stimolo a inserirla. Nel labirinto non c’è standard, e uno dei tanti lati è anche quello che musicalmente "nowhere" esprime ottimamente. Ovviamente Lorenzo era assolutamente orgoglioso e felice della sua pubblicazione, che aspettava da anni.

Programmed to Serve
Michele: Un altro dei brani che sono più miei che di band. In particolare "Programmed to serve" è l'ultimo brano composto per il disco ... e la realtà è che a dirla tutta, gli altri 4 non avevano idea del risultato finale prima dell'incisione, ed è in assoluto il primo caso in cui succede una cosa del genere. In passato è capitato che alcune canzoni, come ad esempio “Fly, Angel” per citarne una, venissero da me proposte già complete e poi “arrangiate” tutti assieme in sala prove, ma mai che si registrassero seguendo le mie direttive senza avere un'idea del risultato finale. E' stata per me una grandissima dimostrazione di fiducia, amicizia e rispetto. La soddisfazione più grande è stata poi ottenere il gradimento di tutti a brano ultimato. E' un metodo un po' freddo, non lo nascondo, ma a volte ci si trova con un'idea ben chiara, forte e decisa in testa … e se si sa bene dove si vuole arrivare, si sa anche come far arrivare nello stesso punto chi è in sintonia con te. Così è uscito uno dei brani più “heavy” del disco, uno dei più aggressivi sia a livello musicale che a livello di tematiche. Siamo schiavi della tecnologia, del sistema e dell'usualità. Troppo spesso ci si alza la mattina senza l'incognita del vivere, ma con la certezza di un programma. Mi affascinava tra l'altro il contrasto di un testo così moderno cantato da un coro tendente al gotico...

A different point of view
Michele: Semplice, diretta ... ed ogni volta che la riascolto, non so perché, mi viene in mente un collegamento col punk californiano ... sarò matto. La curiosità di “ADPOV” è che il riff principale da cui è nato tutto è quello della strofa, non il riff iniziale come per il 99% delle altre composizioni. C'è stata una buona discussione sulla “piega” che il riff doveva prendere: al tempo Daniele (Piccolo) e Marco volevano spingerlo in maniera molto più violenta e progressive ... poi l'avvento di Adriano ha sbilanciato il tutto verso un sound più “semplice” e d'impatto, scelta che si è rivelata vincente e ha reso il brano molto catchy d'impatto soprattutto in sede live!

The Oracle
Marco: sinceramente la sfida musicale finora più impegnativa. Non era partita come una “suite” di nove minuti ... ma andando avanti a comporla ci piaceva così e il tutto è riuscito molto naturale! Piccola “chicca” solo per voi: dopo il primo ritornello e il tema solista, si sente delle “chitarrine” tipo radiolina ... sono state registrate con un mini amplificatore di 1 o 2 watt di potenza e quello è il suono ottenuto (non è servito neanche metterci le mani)!
Michele: ... e soprattutto il brano che osa di più sul piano dell'arrangiamento. Mentre in tutto il resto del disco i samples sono un accompagnamento, qui diventano parte integrante del pezzo ... ma senza un lavoro così mastodontico su orchestrazioni, cori e synths, la resa sarebbe stata tutt'altra. Siamo rimasti piacevolmente sorpresi nel renderci conto che anche live il pezzo ha un grosso impatto, cosa che per noi è fondamentale. Non scriveremmo mai un brano fine a se stesso, non riproponibile dal vivo ... e quando si affrontano questione come “The Oracle” e brani con queste durate, è sempre difficile portare la stessa resa on stage. “The Oracle” è anche uno dei brani più impegnativi, introspettivi e complessi per quel che riguarda le liriche. Dovrei scrivere dieci pagine per spiegarlo approfonditamente ... ma preferisco lasciare a chi la ascolterà con attenzione l'interpretazione, invitando semplicemente a farsi trasportare per i suoi nove minuti (che a parere mio corrono via veloci) in un profondo viaggio con la mente.
L’album offre pure una simpatica ed efficace sezione di bonus video … che cosa ci dite del suo contenuto?
Marco: Abbiamo pensato semplicemente “perché non dare di più?”! Nel 2013 vendere un CD è abbastanza ordinario, ogni tanto in qualche edizione speciale si trova appunto un DVD o roba simile. Abbiamo quindi deciso di uscire direttamente con un prodotto “extra”. Contiene le riprese di un live in studio registrato presso la scuola “The Groove Factory Academy” di Udine, il video di “Savior”, il video di “Fly, Angel”, un bel backstage delle riprese di “Savior”, una drum-cam in soggettiva di “Daemons”, la nostra cover dei Running Wild di “Pirate Song” e per finire l'intero CD “Entering the Maze” eseguibile da DVD! Dobbiamo ringraziare il lavoro magistrale di Stefano Casasola che ha diretto e curato la realizzazione del prodotto, Marco Clari per le riprese e il montaggio del backstage, tutti i cameramen e le persone coinvolte, oltre alla Sleaszy Rider Records per essersi dimostrata fin da subito disponibile ed entusiasta dell'idea e la sua successiva realizzazione!
Michele: Ed ovviamente Simone Vrech che è ormai il 6° membro della band: noi scriviamo le musiche, lui gira i video!
Questione live, un’attività in cui non vi siete “risparmiati”, mi pare … vi ritenete soddisfatti delle opportunità che avete avuto finora e quali sono le prospettive attuali da questo punto di vista? C’è qualche aneddoto riguardante le esperienze passate che volete condividere con i nostri lettori?
Michele: Come per l'autocritica, anche per quel che riguarda il live la continua ricerca e il continuo impegno per migliorarsi (sia dal piano esecutivo che per quel che riguarda le situazioni e gli ambienti) è qualcosa di fondamentale. Siamo indubbiamente soddisfatti del trascorso, ma siamo consapevoli che la gavetta è ancora lunga. Molti sono i palchi di rilievo che vorremmo toccare e che ancora ci sono molto distanti. Molte sono le band di spessore con cui abbiamo condiviso il palco, ma molte altre non hanno la benché minima idea di chi siano gli Overtures. Quello che davvero conta per me è poter lasciare qualcosa, poter dire la nostra e poter condividere quello che con la musica vogliamo esprimere. Ci piacerebbe moltissimo poter fare tutto ciò in contesti più ampi, e cercheremo in tutte le maniere di raggiungere quest’obiettivo.
Marco: I live già fatti sono stati tutti stupendi, e non possiamo che sperare che il futuro sia ancora più roseo. Naturalmente sappiamo tutti l'enorme difficoltà della faccenda, soprattutto in Italia. Ma piangersi addosso è inutile, quindi ci faremo il mazzo per arrivare a suonare più possibile!
Rimanendo sul tema e immaginando un ipotetico “tour perfetto”, chi sarebbero i protagonisti (assieme a voi ovviamente …) dell’evento? Quanto è importante, per una buona esibizione, condividere il palco con artisti che ammiri?
Marco: Beh, essere sul palco con delle leggende dopo di te dà una scarica di adrenalina incredibile! E' anche vero che si rischia di finire nel dimenticatoio degli opener, ma la prestazione non può che guadagnarci su questo fronte: vuoi che il pubblico in qualche modo si ricordi ANCHE di te, e per non passare inosservato sei costretto a dare il massimo!
In generale come “protagonisti con cui condividere la scena” mi piace pensare a chiunque sia già in "quell'Olimpo”, ma che allo stesso tempo sia qualcuno con i piedi per terra. Quindi trovarsi ad aver a che fare con delle leggende che però si dimostrino grandi persone e non delle qualsiasi “rock star altezzose” sarebbe sicuramente il massimo!
Michele: Senza contare che in questi casi, si torna sempre più maturi di prima, e con qualcosa in più nel proprio bagaglio!
Potevamo esimerci dai classici “progetti per il futuro”? Impossibile … diteci tutto … Sammet vi ha già contattato per il prossimo Avantasia (è un augurio eh -:) ...)?
Michele: Che Sammet ti ascolti! Quel giorno sarò l'uomo più felice del mondo, perché significherebbe essere parte di uno dei progetti che più stimo in assoluto. Scherzi a parte, è chiaro che l'obiettivo ora è promuovere il disco anche e soprattutto dal vivo. Dopo questi mesi di preparazione non stiamo più nella pelle e non vediamo l'ora di poter dimostrare il nostro valore anche in sede live. Ci sono diverse situazioni in ballo, vedremo come si evolveranno, ma di certo bramiamo la possibilità di portare “Entering the Maze” su più palchi possibili!
Marco: ci stiamo dedicando molto ad allargare la nostra presenza non solo dal vivo ma anche sui canali social e quant'altro. Come già detto speriamo soprattutto di poter portare in giro “Entering the Maze” più possibile!
Si è passati abbastanza velocemente da un’epoca in cui le informazioni sulla musica erano poche e frammentarie e in cui i musicofili erano “costretti” ad investire del denaro per soddisfare i propri “bisogni” ad una situazione in cui “l’opinionismo” è viceversa diventato sfrenato e i giudizi sono spesso frutto di ascolti superficiali e “qualunquisti” … visto che in qualche modo li avete appena citati, come valutate fenomeni come blog, social network, file-sharing, ecc. che contraddistinguono la nostra era?
Marco: Dopo poco più di un minuto o due che hai messo su "Entering the Maze", trovi la risposta: ” the world of today is lost inside a maze”. Questo è in parte il concept del disco. Siamo immersi in tutto questo, sotto ogni punto di vista. Quindi sta a ognuno di noi scegliere come valutarne le conseguenze. A costo di essere banali è chiaro che oggi con pochi click ascolti un disco intero senza aver speso niente, mettendo quindi a repentaglio la sopravvivenza del gruppo. Ma è altrettanto chiaro che il gruppo stesso oggi ha la possibilità di essere ascoltato anche a migliaia di chilometri di distanza con grande facilità e quindi si può essere conosciuti anche senza mai essere presenti fisicamente. Ma questo succede a tutti i gruppi, quindi sostanzialmente sono di nuovo tutti sulla stessa barca ... insomma ... il labirinto appunto!
Le opinioni diventano quindi tante e frutto di ascolti e valutazioni più o meno superficiali che non fanno altro (come in qualsiasi altro ambito) che “alzare le mura” del labirinto rendendolo sempre più intricato e di difficile interpretazione.
Siamo arrivati alla fine … ringraziandovi per il vostro lavoro e il vostro tempo vi chiedo di dirmi una grande verità e una grande bugia sul metal in Italia e di inviare un saluto speciale a tutti i nostri lettori …
Michele: Grazie a te per il tempo che hai dedicato a noi!
La mia grande verità è che fortunatamente siamo ancora un insieme di band che hanno volontà, voglia di fare, voglia di emergere e che non si fermano di fronte alle difficoltà. Il metal italiano ha un’incredibile forza d'animo: mentre artisti ridicoli fanno soldi facili abbindolando la massa, noi come tanti altri musicisti in Italia scegliamo di suonare questo genere perché è il nostro credo, la nostra identità e la nostra vita e non ci pieghiamo a un mercato palesemente più avvantaggiato e affrontiamo l'eterna sfida del mercato “di nicchia” pur di dire la nostra con la nostra voce.
La mia grande bugia è che oggi i soldi non contano nulla. Ogni band ha le stesse possibilità e chi ha potere economico è sullo stesso piano di chi non lo ha. E tornando serio, questo è tristissimo.
Il mio saluto ali lettori è questo: se siete arrivati fino a qui e avete letto i nostri papiri ... intanto grazie di cuore, ma a questo punto fate lo step successivo e fate i due click di cui parlava Marco prima!
Keep on rockin'!!!
Marco: Grande verità: gruppi con le palle CE NE SONO!
Grande bugia: “fa comodo” che il metal e la musica più in generale in Italia siano rispettati e supportati! Il business non c'entra niente!
Stay heavy! \m/
Intervista a cura di Marco Aimasso

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