Black Metal - Il Black Metal in Svezia

Introduzione: che cosa è il Black Metal.

Definire cosa sia il black metal non è certamente impresa semplice.
Sia a livello musicale che a livello ideologico-attitudinale questa particolare corrente musicale risulta essere multiforme e sfuggente. Si può però partire da un presupposto fondamentale: black metal è disagio, o meglio è nera espressione di disagio, quella stessa sensazione che possiamo ritrovare in altri movimenti musicali più o meno contemporanei come il death o il grunge o precedenti come il punk di cui il metallo nero è certamente epigono.
Un forte disagio dunque a livello tematico che si esprime attraverso misantropia e rigetto per il mondo circostante le cui regole non vengono accettate dagli esponenti di questo movimento. Ecco dunque il forte anti-cristianesimo, il richiamo ad ere perdute o forse mai nate, il costante inneggiamento dell'odio e della morte quasi come valori ai quali aspirare, ecco, in una parola, l'anelito al nero in contrapposizione alla luce. Al centro di tutto si ergono l'io e l'istinto, non esistono, ne possono esistere, le regole.
Il Black Metal però non è solo nell'atteggiamento e nelle tematiche, per lo meno non lo è quando ci si riferisce ad un certo modo di intendere la musica estrema i cui canoni sarebbero stati codificati nei primissimi anni '90 in Norvegia. Se all'inizio, infatti, la musica era "nera" solo a livello attitudinale, da un certo momento in poi lo diventa anche nel suono e negli stilemi su cui fondarsi. Inevitabilmente si passa, pertanto, da una corrente di pensiero ad una vera e propria corrente musicale che segnerà in modo indelebile la storia della musica estrema, una corrente al cui interno confluiranno da una parte l'immaginario satanico, pagano, esoterico frutto del disagio e dall'altra un suono che diventerà inconfondibile ed estremo per eccellenza.
Il momento del passaggio o, se preferite, della fusione di un modo di pensare con un modo di suonare non è precisamente individuabile, ma è certo che il tutto viene “consacrato” nell'opera di un gruppo svedese che avrebbe avuto una influenza enorme su tutto il movimento black metal “vero e proprio” che sarebbe seguito. Proprio per questo motivo vogliamo iniziare la nostra guida dalla Svezia cercando di tracciare l'evoluzione di questo genere estremo in quel paese citandone gli episodi più importanti.

Il Black Metal in Svezia.

Siamo nel 1984 quando Ace Börje Thomas Forsberg in arte “Quorthon” rilascia il primo, omonimo, disco del suo progetto: Bathory.
La registrazione pessima, il feeling maligno, lo scream estremo, i tempi veloci, ecco che tutto in una volta vengono stabiliti tutti i criteri del black metal. L'ispirazione di Quorthon va da ricercarsi sicuramente nei Venom, ma qui ci troviamo di fronte ad una glacialità che non esiste negli inglesi: Bathory ha un suono nordico, un pathos primordiale, una oscurità che avrebbe segnato un epoca ed inventato un genere.
Un genere i cui stilemi sarebbero stati meglio definiti nel successivo “The Return of Darkness and Evil” del 1985 che esalta tutte le caratteristiche del suo predecessore incanalandole in un suono ancora più tagliente e freddo che trova il suo climax in pezzi terremotanti come “Total Destruction” o “Born for Burning” ed in generale in tutti i brani inutilmente imitati negli anni avvenire da più parti.
“The Return...” si dimostra una prova più matura da parte di Quorthon e contribuisce ad accrescere l'interesse della scena estrema intorno al nome di Bathory che sempre di più riesce ad affascinare anche in virtù dell'alone di mistero che avvolge la band ed il suo leader.
Se i primi due lavori del progetto Bathory servono a diffondere i semi di un nuovo genere musicale è con il terzo lavoro che se ne raccolgono definitivamente i frutti. “Under the Sign of the Black Mark” esce nel 1987 e può essere definito il primo “vero” disco black metal della storia della musica estrema. In questo nuovo lavoro Quorthon definisce meglio lo stile del suo progetto e da vita ad un suono ancora più misterioso, notturno, pagano. Accanto alle solite sfuriate thrash viloentissime, trovano spazio pezzi più ragionati ed articolati, forieri di un messaggio maligno di rabbia primordiale: ecco che brani indimenticabili come “Woman of Dark Desires”, “Enter the Eternal Fire” o “Equimanthorn” portano alla luce un nuovo modo di considerare l'estremo in musica, creano il black metal.

"Qualcuno mi ha spiegato che la scena black metal di oggi si è ispirata ai Bathory; com’è possibile? I Bathory non fanno black metal, i Bathory sono un gruppo che ha suonato death metal, poi epic metal e viking metal, ma non mi ricordo di aver mai fatto un disco black! Sono contento di essere un’influenza per qualcuno, ma continuo a non capire come!..."
Queste le paradossali parole di Quorthon circa quello che, involontariamente, aveva creato. Un segno che spesso non è la mente a guidare l'artista, ma il suo cuore.

Dopo “Under the Sign of the Black Mark” il suono Bathory cambia ampliando il suo spettro sonoro ed arricchendosi di nuovi elementi che di li a poco avrebbero dato il via ad una costola della musica black metal. Parliamo del viking metal la cui data di nascita è il 1988 anno di pubblicazione di “Blood Fire Death”, uno dei dischi più belli mai pubblicati da Quorthon e probabilmente quello più importante per l'enorme influenza che avrebbe avuto sulla scena estrema. Tantissimi artisti black metal lo citano infatti tra le loro influenze, senza contare che tutti coloro i quali si cimentano nel viking devono tutto o quasi a pezzi come la leggendaria title track o l'epica “A Fine Day to Die”. Da qui in poi Quorthon cambierà decisamente modo di suonare, ma non perderà un'oncia del suo talento continuando a sfoderare capolavori tutt'ora insuperati.

Se Bathory rappresenta lo spirito più grezzo e primordiale del black metal, i Dissection ne sono i cantori, gli interpreti più raffinati ed evocativi.
Nati nel 1989 a Strömstad dalla mente di Jon Nödtveidt, i Dissection sono entrati direttamente nella storia dell'estremo con due soli dischi che avrebbero segnato indelebilmente sia il mondo del black metal che quello del death.
“The Somberlain” e soprattutto l'inarrivabile “Storm of the Light's Bane” ci consegnano un suono malvagio ed arcano in cui gelide sfuriate si alternano ad arpeggi spettrali in un costante crescendo di sensazioni nere come la pece sulle quali Nödtveidt costruisce i suoi testi satanisti. Il livello tecnico dei musicisti è molto elevato ma non fine a se stesso e viene messo al servizio dell'oscurità nel dare vita a pezzi come “Black Horizons“, “Night's Blood” o la celeberrima “Where Dead Angels Lie”, che avrebbero segnato una via da li a poco percorsa da tanti. La carriera dei Dissection termina ben presto con l'incarcerazione del suo leader accusato di omicidio per poi riprendere con risultati modestissimi nel 2006 quando Nödtveidt ritrova la libertà. Il suo suicidio del 16 agosto 2006 mette definitivamente la parola fine alla storia dei Dissection come la morte di Quorthon il 3 giugno del 2004 chiude quella di Bathory.

L'eredità musicale lasciata dai due gruppi sarebbe stata enorme, sia in Svezia sia nel resto del mondo.
In terra svedese alla fine degli anni '80 e soprattutto nei primi anni '90 il fermento musicale di estrazione estrema sarebbe stato fortissimo e se da una parte il death metal avrebbe creato una sua fortissima identità tale da contrapporsi al death di scuola americana, anche il black metal avrebbe raggiunto una sua precisa personalità, un suo modo di essere svedese.
In questo processo di identificazione precisa del genere è doveroso fare il nome dei Marduk, uno dei più famosi gruppi estremi svedesi.
Nati nel 1990 ad opera del chitarrista Morgan Steinmeyer Håkansson, i Marduk inseguono l'obiettivo di essere il gruppo più estremo del pianeta attraverso un suono che fa della velocità e della blasfemia la sua raison d'etre. La prime uscite del gruppo, “Dark Endless” del 1992 e “Those of the Unlight” del 1993, servono a definire il loro campo di azione testimoniando l'evoluzione di una band che, partita dal death metal, si muove verso una nuova forma di espressione artistica che avrebbe visto il suo completamento nel terzo disco, quel “Opus Nocturne” che rappresenta il primo successo per Håkansson e soci e che proietta i Marduk nell'olimpo del black. Il suono del disco unisce violenza ed oscurità in un muro sonoro semplicemente devastante: il suono delle chitarre è tagliente e risente dell'influenza death che conferisce alla musica dei primi Marduk un fascino che si sarebbe poi perso col tempo, mentre la voce in scream definisce scenari apocalittici ed affascinanti. L'influenza norvegese è evidente ma viene rielaborata con un gusto che definirei epico e con una perizia tecnica non comune per il genere. “Opus Nocturne” è un disco splendido, ricco di intuizioni vincenti e mai monotono dal momento che i Marduk non pestato solo duro sapendo creare anche momenti dal grande respiro e dal fascino arcaico. “Opus Nocturne” ha un altro pregio, quello di aprire la strada al suo successore, a quello che a mio avviso è il miglior lavoro dei Marduk, nonché uno dei migliori dischi black di sempre.
“Heaven Shall Burn... When We Are Gathered” vede la luce (!) nel giugno del 1996 pubblicato dalla Osmose Production e ci consegna una band in grande forma sicura di se stessa e dei sui mezzi. L'impatto del disco è semplicemente dirompente, il suono gelido come il vento che sferza di inverno e la voce di Legion che si erge sul magma sonoro con una malignità sconcertante ne è il giusto completamento. “Glorification of the Black God” che riprende “Night on Bald Mountain” di Modest Mussorgsky o “The Black Tormentor of Satan” sono brani assolutamente imbarazzanti nella loro bellezza, stupefacenti per la logica di distruzione che sta alle loro spalle.
“Heaven Shall Burn... When We Are Gathered” è, senza mezzi termini, un capolavoro. Da li in poi la carriera dei Marduk sarebbe stata ricca di soddisfazioni ed avrebbe portato alla pubblicazione di altri grandi dischi, primi fra tutti quel “Panzer Division Marduk” uscito nel marzo del 1999 sempre per la Osmose Productions, che è ancora oggi il loro maggiore successo. “Panzer Division Marduk” è il secondo capitolo della trilogia sangue, guerra e morte, iniziata con il disco precedente "Nightwing" (1998) e conclusa poi con "La Grande Danse Macabre" del 2001 ed è certamente il disco più violento dei nostri il cui tema centrale è la guerra, e più precisamente la seconda guerra mondiale di cui Håkansson è grande appassionato. Da molti il disco viene considerato il “Reign in Blood” del black metal per via della sua ferocia, ma io sono dell'idea che il vero suono dei Marduk sia quello dei primi dischi, un suono la cui malignità, il cui spirito evocativo non saranno più ripetuti.
Le opere a marchio Marduk rappresentano senza ombra di dubbio l'ortodossia del black metal, ma nella svezia dei primi anni '90 esiste una realtà che fa invece della sperimentazione la sua bandiera. Parliamo dei seminali Abruptum nati nel 1990 dalla mente di personaggi che usavano pseudonimi stravaganti come It (Tony Särkkä), All (Jim Berger) e Ext.
L'esordio discografico dei nostri “Obscuritatem Advoco Amplectere Me” esce nel 1993 per la Deathlike Silence Productions di Euronymous e vede la partecipazione di Morgan Steinmeyer Håkansson oltre a quella del fondatore It per un platter che si discosta molto dal black metal tradizionale.
“Obscuritatem Advoco Amplectere Me” è infatti un'opera molto originale composta da soli due pezzi di 25 minuti ciascuno in cui si fa difficoltà a parlare di musica: siamo di fronte più che altro a sensazioni, ad esperienze che i nostri creano attraverso litanie, pianti, distorsioni e disperazione che trasuda da ogni dove. La componente ambient è davvero marcata così come massiccio è l'uso di tastiere che vengono usate in chiave noise-rumoristica dando vita ad una sorta di rituale senza capo ne coda che prescinde dalla forma canzone. Il dark ambient di matrice black nasce con Abruptum e se vogliamo con essi muore perché i nostri non saranno più in grado di ripetersi agli stessi livelli avendo esaurito quasi subito la loro spinta innovativa.
Marduk e Abruptum rappresentano due facce della stessa medaglia, ma l'ala oltranzista del black metal svedese sarebbe incompleta se non si parlasse dei Dark Funeral.
La band si forma a Stoccolma nel 1993 su iniziativa dei chitarristi Ahriman e Blackmoon, i quali reclutarono successivamente Draugen (batteria) e Themgoroth (voce) per completare la formazione che l'anno dopo avrebbe dato alle stampe il primo omonimo EP. L'esordio discografico sulla lunga distanza avviene invece l'anno dopo e risponde al titolo di “The Secrets of the Black Arts” senza mezzi termini uno dei migliori dischi black metal mai pubblicati. I Dark Funeral registrarono il loro debut nei celebri Abyss Studios sotto la supervisione di Peter Tägtgren dando sfogo al magnifico songwriting di Blackmoon (che abbandonerà il gruppo prima del Satanic War Tour come Themgoroth e Equimanthorn) e Lord Ahriman sul quale si poggia la grande voce di Themgoroth che inneggia il suo signore come nessuno aveva mai fatto prima. “The Secrets of the Black Arts” è un disco violentissimo, ispirato all'opera dei Mayhem, che non lascia mai tregua all'ascoltatore colpendolo in faccia con i suoi riff gelidi e la sua velocità folle. Le melodie assassine, il concept ultra-satanista, la cieca violenza racchiusi nelle tracce dell'album lo rendono un disco unico nel suo genere ed un capolavoro mai più avvicinato dagli stessi Dark Funeral. Siamo di fronte ad un modo nuovo di intendere il black metal dal momento che Lord Ahriman e soci, imparata la lezione dei maestri norvegesi, danno alle stampe un disco la cui aggressività può essere paragonata solo ai primi Immortal o ai già citati Mayhem, ma con un gusto “melodico” tutto svedese e per tanto diverso dai padri fondatori. La successiva produzione dei nostri, pur potendo contare su ottimi dischi come il successivo “Vobiscum Satanas” non sarà così significativa ed influente come il debut.
Il quadro del black metal svedese va dunque ben delineandosi nei suoi aspetti precipui: da una parte la tipica violenza cieca del genere e dall'altra un senso per la melodia che diverrà il trademark della scuola di questa nazione. La melodia è appunto la vera protagonista di questo modo di intendere il black, una melodia che non rende certamente i brani black “orecchiabili” ma li ammanta di un fascino particolare assolutamente unico. In questo senso l'influenza dei seminali Dissection risulterà fondamentale per tutta la scena e saranno molti i gruppi che ne seguiranno le orme senza tuttavia, salvo rare eccezioni, toccarne i vertici espressivi.
Abbiamo parlato di eccezioni ed infatti la Svezia ci regala due gruppi straordinari che, partendo dagli insegnamenti di Nödtveidt e soci, danno vita ad una loro personale visione del black metal declinandolo in un ambito oscuro ed epico: parliamo di Dawn e Naglfar.
I primi si formano a Linköping nel 1990 ad opera del chitarrista Frederik Söderberg e uniscono in modo magistrale gli insegnamenti del black metal nordico con la precisione e la compattezza tipica del death metal, allontanandosi dalla visione oltranzista della musica nera anche in virtù di una immagine distante anni luce da quella alla quale tutti siamo abituati. Il loro esordio discografico prende il titolo di “Nær Solen Gar Niþer For Evogher” e sa fondere in modo mirabile il suono degli Emperor con quello dei Dissection dando vita ad un platter dal gusto si estremo, ma arricchito da melodie tanto intriganti quanto evocative. L'intro arpeggiato che sfocia nel blast beat dell'opener “Eyesland” ci presenta in un colpo solo tutta la musica del gruppo e così veniamo guidati in un vortice di melodie evocative sorrette dagli intrecci di chitarra precisi e spietati sotto i quali giacciono linee di basso mai così efficaci in questo genere di musica. Sopra tutto si eleva lo splendido scream di Henke Forss che sa donare al disco un sapore lontano ed unico. I successivi “Sorgh på Svarte Vingar Fløgh” e “Slaughtersun (Crown of the Triarchy)”, usciti come il debut per Necropolis records, si manterrano sempre su livelli qualitativi altissimi, consegnandoci un gruppo tanto grande quanto poco conosciuto.

Naglfarè una nave infernale che compare nella mitologia norrena. Costruita con le unghie dei morti, il significato del suo nome potrebbe essere appunto quello di "nave delle unghie" o, forse, "nave dei morti". Nominata in poche fonti, si dice che quando la sua costruzione verrà completata, avrà inizio il Ragnarök, cioè la fine del mondo.
Questo il senso del monicker scelto da questa grandissima band.

I Naglfar nascono nel tardo 1992 con il nome di Uninterred dall'iniziativa del cantante Jens Ryden e del bassista Kristoffer Olivius ed in breve tempo diventano una delle migliori realtà mai prodotte dal panorama svedese. Il loro esordio sulla lunga distanza è del 1995 e risponde al titolo di “Vittra”. Il disco viene registrato negli Abyss studio di Peter Tägtgren che riesce a donare al lavoro un sound perfetto per quelle che sono le intenzioni dei nostri: ci troviamo di fronte ad un black metal che fa dell'epicità e della melodia i suoi punti di forza che vengono sviscerati lungo le tracce del disco in modo semplicemente perfetto. Tutti i passaggi di questo platter trasudano disperazione ed orgoglio e stupisce vedere una tale profondità di espressione emotiva in una band all'epoca molto giovane. I Naglfar ci consegnano un esempio straordinario di black metal in cui la melodia ogni volta stupisce per la sua classe cristallina: ascoltare “Vittra” vuol dire ascoltare il suono di una battaglia tra le nevi, l'urlo disperato di un guerriero fiero e generoso. Semplicemente meraviglioso risulta essere lo screaming di Jens Ryden, a detta del sottoscritto il miglior cantante estremo della svezia, così come perfette risultano le trame chitarristiche ed i, pochi, tappeti di tastiera che troviamo nel platter. “Vittra” si candida ad essere uno dei dischi più epici mai rilasciati e rimane nel suo genere una prova di bravura mai più raggiunta da nessuno tanto è vero che gli stessi Naglfar, con il successivo lavoro, si distaccano di molto da quel tipo di approccio alla materia estrema, quasi consci di non poter ripetere tale perfezione. Nel 1998 i nostri rilasciano infatti “Diabolical” il loro secondo lavoro in cui i Naglfar estremizzano il loro suono optando per una produzione decisamente più grezza di quella del predecessore ed orientandosi verso un black metal molto meno melodico che in passato. Nonostante ciò “Diabolical” risulta essere un capolavoro. La vena epica dei nostri emerge ancora in modo prepotente dipanandosi attraverso brani tanto feroci quanto battaglieri come le spettacolari “Embracing The Apocalypse” o “Into The Cold Voids Of Eternity” in cui lo scream di Ryden fa ancora una volta paura. “Diabolical” è un disco violentissimo, incontrollabile ma plasmato dalle sapienti mani dei nostri che ci regalano un gioiello troppo spesso sottovalutato. Con questo disco terminano i capolavori a marchio Naglfar dal momento che i successori, pur essendo buoni lavori, non raggiungono tali vertici inducendo, tra l'altro, Jens Ryden a lasciare la band per arruolarsi tra le file dei viking metallers Thyrfing e per tornare sul mercato con “The Omega Rising”un ottimo disco di black metal alla Dissection con il suo progetto Profundi.

Una panoramica storica sulle origini del black metal svedese non sarebbe completa se non citassimo un altro gruppo da annoverare tra i massimi interpreti di questo suono: i Setherial.
I nostri si formano nel 1993 ad opera dei chitarristi Alastor Mysteriis and Devothan e si fanno portavoce di uno stile violento e selvaggio sulla scia di acts quali Marduk e Dark Funeral. Tuttavia il loro esordio discografico “Nord” del 1996 risulta un riuscitissimo incrocio tra il suono old school dei prime movers norvegesi e l'approccio melodico al genere dei Dissection con una vena epica di grande respiro e sicura personalità. “Nord” resta un disco unico nella produzione dei nostri e testimonia la loro capacità di approcciarsi al genere in modo originale dimostrando che, per essere malvagi, non occorre sempre procedere alla velocità della luce ma è necessario saper infondere ai pezzi uno spirito oscuro e misterioso ed in questo i Setherial si dimostrano maestri. Purtroppo nelle release successivi i nostri avrebbero perso questo loro tocco ed avrebbero standardizzato la loro proposta entro canoni molto più lineari.

Con il nome dei Setherial termina questo excursus sul black metal svedese.
Ovviamente la Svezia non ha prodotto solo i nomi citati e tante sarebbero le altre band meritevoli di essere nominate in questa “guida”, tuttavia abbiamo optato per la descrizione di quelli che a nostro avviso sono i cardini sui quali nasce e si sviluppa il suono svedese del black metal nella speranza di invogliare chi non lo conoscesse a scoprire questo mondo oscuro ed affascinante.
Capitolo a cura di Beppe 'dopecity' Caldarone