(02 agosto 2014) Uriah Heep - 2 Agosto 2014 (Cercemaggiore, Campobasso)

Info

Provincia:CB
Costo:10€
Cercemaggiore è un piccolo paese in provincia di Campobasso. Da quattordici anni in questa piccola località si organizza il Baloma Bikers Festival, un motoraduno che ha sempre avuto un occhio di riguardo per l’aspetto musicale, ospitando, nel corso delle varie edizioni, veri e propri mostri sacri della musica rock, dagli UFO a Ian Paice, da Michael Schenker a Jennifer Batten, dagli Iron Butterfly ai Living Color, e la lista è ancora lunga. Un mesetto prima dell’evento eravamo ancora tutti in attesa di conoscere il nome che avrebbe reso magica la serata del Sabato. Io a naso una mezza idea ce l’avevo già, visto che era da poco uscito il loro ultimo album, peraltro licenziato proprio dalla Frontiers Records, fiore all’occhiello delle etichette nostrane, per cui non mi sono stupito più di tanto quando ho letto che gli special guest della giornata del 2 Agosto sarebbero stati, e addirittura nella loro unica data italiana, niente meno che gli storici Uriah Heep, e al tempo stesso sono rimasto piacevolmente colpito e decisamente contento della scelta degli organizzatori. Conoscendo il modo professionale con il quale gli altri anni hanno gestito il tutto, e soprattutto lo stato di grazia in cui si trova la band, ero sicuro fin da subito che sarebbe stata una serata memorabile, e infatti così è stato.

Arrivo nella bella area attrezzata, sui clivi di una collina, nel pomeriggio, pronto a gustarmi la bella aria di festa che ogni anno si respira. Soliti saluti di rito, birrette, occhiatina alle centinaia di moto presenti, assalto agli stand di vinili, ed ecco che già il primo gruppo è pronto a salire on stage. Si tratta di una band di Campobasso, È arrivato l’arrotino, che per un’oretta ci riporterà indietro negli anni ’80. La loro proposta, infatti, è una rivisitazione di brani storici dell’epoca, dagli Eurythmics ai Depeche Mode passando per i Talking Head e i Police, il tutto riproposto in chiave più rock e decisamente personale. Tutti musicisti d’esperienza, riescono a portare avanti senza problemi il loro show, però purtroppo c’è da dire che quasi tutti i presenti hanno preferito continuare a bivaccare e girovagare, quindi effettivamente sotto il palco non c’era poi questa grande folla, a parte amici e qualche curioso. Un vero peccato, perché vi assicuro che la band dal vivo merita molto, grazie alla particolare voce di Peppe Scasserra, e al talento alla sei corde di Raffaele Sardella.

Sarà la rinomata esterofilia, sarà l’ora tarda, sarà la curiosità, ma le cose cambiano quando, un’oretta dopo, sale sul palco il vecchio bluesman Michael Hill. Il parterre è decisamente più pieno, e sono in molti a tributare il giusto riconoscimento al simpatico vecchietto. Se proprio la vogliamo dire tutta da un bluesman della sua età mi sarei aspettato qualcosina in più. Sicuramente il concerto è stato gradevole, ma è mancata quella vena roots in più che poteva fare la differenza. Mi è sembrato che il nostro si sia limitato a suonare, lasciando nel camerino l’anima, che da sempre fa la differenza in questo genere musicale, soprattutto quando ad interpretarlo è un uomo di colore come in questo caso. Tutto fila via liscio, ma manca qualcosa. Fino a quando Michael annuncia due special guest, nella fattispecie Nathaniel Peterson e niente meno che Kee Marcello, visto solo pochi mesi fa proprio qui a Campobasso in compagnia di Neil Murray. Kee riesce a dare uno scossone all’esibizione, e sono apprezzabili i duetti in fase solista messi su da lui e Hill. Certo il blues non è proprio il genere più affine all’ex Europe, però tutto sommato è stata una coda di concerto sicuramente simpatica e coinvolgente.

Sono le 23 passate quando finalmente si inizia a fare sul serio, con l’arrivo on stage dei mitici Uriah Heep. Chi si aspettava una band di dinosauri sfiancati è stato subito messo in riga dai cinque inglesi, che si sono presentati, invece, più in forma che mai, e con un entusiasmo da ventenni che ha lasciato a bocca aperta più di una persona. Il parterre è stracolmo di gente, molta più di quanto potessi immaginamene, e soprattutto è gustosamente eterogenea come spesso accade in questi casi, con quasi quattro generazioni di rocker fianco a fianco, da quelli più attempati ai ragazzetti di primo pelo, e questa è una delle potenze del rock e più in generale della buona musica. La band parte in quarta con “Against the odds” e “Overload”, per poi sparare le prime due cartucce, “Sunrise” e “Stealin’”. Ed appare chiaro che di appendere gli strumenti al muro non ne hanno la minima intenzione. Freschi, coinvolgenti, professionali, con una classe e un’esperienza infinite, lasciano letteralmente di stucco, anche se la cosa che colpisce senz’altro di più è vederli sorridenti e divertiti durante l’esecuzione, segno questo che se continuano a suonare lo fanno solo per passione, e non certo per meri scopi monetari.

Bernie Shaw oltre ad avere ancora un’ugola d’oro è un frontman di altri tempi, simpatico, sornione, sa il fatto suo. Mick Box non solo ammalia i presenti con i suoi suggestivi gesti (difficili da spiegare, solo chi ha visto il chitarrista all’opera almeno una volta può capire di cosa parlo), ma macina riff su riff e si lancia in assoli che hanno un gusto melodico che solo i grandi sono in grado di mettere in mostra, supportato alla grande da Phil Lanzon, che ci cattura col suo caldo Hammond, e ci delizia con cori stupendi. E che dire di Russel Gilbrock dietro le pelli? Un vero polipo, che ha portato una ventata di freschezza al sound della band, anche se i più puristi lo hanno trovato leggermente eccessivo e moderno, ma si parla dei classici tipi che cercano sempre e comunque il pelo nell’uovo… La scaletta va avanti con un paio di estratti dall’ottimo ultimo album “Outsider”, e cioè “Can’t take that away” e il singolo “One minute”, prima dell’arrivo degli immancabili classici, che tutti noi stiamo aspettando.

Quando Phil attacca il mitico riff di “Gypsy” col suo Hammond, la pelle d’oca è immancabile. Il brano scatena il pubblico presente, che balla e canta insieme a Bernie ogni singola parola, stessa cosa che succede con “Look at yourself”, titletrack del loro terzo album, nonché uno dei brani più rocciosi della loro intera produzione. Quando poi partono le note di “July morning”, mi si accappona letteralmente la pelle per l’emozione. Un brano stupendo, intenso, che non può non lasciare segni indelebili nelle nostre menti e nei nostri cuori, suonato con trasporto e passione dall’intera band… sicuramente l’apice emotivo dell’intero concerto… Ed è una fortuna, quindi, che a seguirla ci sia “Lady in black”, pezzo più scanzonato e corale dal ritornello memorabile, cantato a squarciagola da tutti quanti noi, che mette fine allo show dei nostri, tra gli applausi generali…

Ovviamente tutti sappiamo che non può certo essere finita qui, ed infatti la band torna volentieri sul palco per concederci un paio di bis, nella fattispecie la rocciosa “Free ‘n’ easy”, suonata solo dopo che il simpatico Mick ha fatto salire sul palco chiunque ne avesse voglia, purché di sesso femminile, e soprattutto la splendida “Easy livin’”, che pone il sigillo, questa volta sul serio, ad uno show fenomenale. Certo, qualcuno si è lamentato per la mancanza di qualche altro classico, ma si sa, quando si parla di band con quarant’anni di carriera è inevitabile che succedano cose del genere, è altamente probabile che qualche chicca resti fuori. Per il resto, nulla da eccepire, complimenti al Baloma Bikers per il colpaccio messo a segno, e appuntamento all’anno prossimo… e se le voci che circolano sono vere riguardo l’ospite d’onore, ci sarà da divertirsi, ve l’assicuro…
Report a cura di Roberto Alfieri

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