Downkiss - Push Me To The Limits Of The Calculating Madness

Copertina 4

Info

Genere:Punk
Anno di uscita:2008
Durata:52 min.
Etichetta:Hurricane Shiva
Distribuzione:Andromeda

Tracklist

  1. VENOM
  2. JUNKIE
  3. FADE
  4. TRAGICOMEDY
  5. INNER TRIP
  6. TO MY FAMILY
  7. UMOR VITREO
  8. TRAMPLED AND CRUSHED
  9. THE LITTLE ONE FOR THE GOODNIGHT
  10. MELLOW BOREDOM
  11. STEP FORWARDS

Line up

  • Joann Pate: vocals
  • Gianni “Mr.Chombos” Mugnai: guitars
  • Mattia Dori: bass
  • Andrea “Buddy” Brogi: drums

Voto medio utenti

I toscani Downkiss debuttano con questo “Push Me To The Limits Of The Calculating Madness”, disco dal titolo alquanto pretenzioso e, alla luce della materia sonora, del tutto inappropriato.
Il sound è punk nell’anima ma stoner nella sostanza, con attitudine tardo adolescenziale, una singer assolutamente stonata e fastidiosa, suono lo-fi, quattro accordi in croce, artwork acido, ma solo perché riprende l’arcobaleno pacifista. D’altronde sul myspace (odio myspace) si può leggere l’invito della band “peace, love and rock’n’roll!!!”.
Ecco, i Downkiss si dedicassero all’amore, si dedicassero alla pace, ma lasciassero stare il rock’n’roll, che non è arte loro.
Potrei chiudere anche qui questa rece, ma devo argomentare, da una parte perché so già che riceverò una bella mail di insulti, dall’altra perché non potrei smettere di dire male dei Downkiss, anche se lo volessi.
Infatti non bastassero i quattro “musicisti” classici, a questo capolavoro hanno collaborato tutta una schiera di misconosciuti “special guest”, tra cui un certo Enrico Zappa, il quale lungi dall’essere parente del grande Frank, addirittura presta la sua “subliminal voice” in “Mellow Boredom”.
Ma poi si dovrebbe capire che la dicitura “special guest” va bene quando al tuo disco partecipa, che ne so, un Tony Iommi, ma sti tizi che minchia hanno di speciale? Perché suonano il “rainstick” (che minchia è un rainstick?) o fanno un finger snapping (che minchia è pt. 2?)?
“Tragicomedy” descrive bene il mood del disco, che ribadisco è, e non può essere diversamente, considerabile come poco più di un demo, di quelli che si registrano dopo una settimana che si è formata la band.
Qualche buona idea c’è, soprattutto quando la band decide di “ingrassare” per bene il suono delle chitarre, come nella già citata “Mellow Boredom” oppure quando, come nella conclusiva “Step Forwards” si spazia con le influenze.
Il giudizio finale però è deficitario.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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