Copertina 8,5

Info

Anno di uscita:2007
Durata:36 min.
Etichetta:Rrustkill Records
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. SOMEBODY CALL SOMEBODY
  2. SCUM
  3. BROKEN
  4. SAVE YOURSELF
  5. FAMOUS LAST WORDS
  6. HAVE YOU EVER HAD A REALLY BAD DAY?
  7. JUST LIKE JOHNNY
  8. THE MOMENT, THE SOUND, THE FURY
  9. CHANCES AREN’T
  10. THE ENDING

Line up

  • Carl Severson: vocals
  • Matthew Hay: guitars
  • Stephen Chladnicek: guitars
  • Mike Olender: bass
  • Christopher Ross: drums

Voto medio utenti

I Nora sono una band americana che arriva qui la quarto disco, o almeno credo, visto che poche sono le informazioni che ho sulla band. Tuttavia le informazioni che mi servono sono tutte nel mio lettore cd.
Bandite certe derive melodiche d’accatto, tipiche di un certo modo di intendere il metalcore, i Nora ci mostrano il lato più doloroso e disperato della cosa, fatto di vocals soffertissime e strazianti, di impatto e sudore, di esplosioni quasi al calor bianco, di ritmiche nervose, non ortodosse.
Le dieci tracce di questo “Save Yourself” pur durando circa 36 minuti, quindi non tanto in fin dei conti, sono altrettanti pugni in faccia, sembrano interminabili, tale è l’oppressione cerebrale cui si viene sottoposti sin dall’iniziale “Somebody Call Somebody”, al punto che viene voglia davvero di “salvare se stessi” e premere il tasto stop del lettore.
Fortuna che la band decide di costruire il proprio songwriting su strutture brevi, quasi sempre dirette, perché se si mettessero in testa di essere i Neurosis la cosa potrebbe assumere dimensioni spaventose.
Il sound dicevo, bandisce la melodia, almeno quella di tipo più emo, mettendo a nudo malattia sonora, che ha nelle proprie radici hardcore solamente una valida base, sulla quale i Nora inseriscono parti noise, altre quasi mathcore, altre ancora dalle sembianze industriali. Il risultato è un disco cazzuto, non per fighette, dove vengono celebrati autolesionismo e rabbia urbana, sempre sul filo di una tensione perenne, mai doma, continuamente pronta a tracimare in deflagranti break che molto devono a band come Converge e Unearth.
Un disco viscerale, nel senso letterale del termine, che non è capolavoro solo perché non riesce ad essere personale fino in fondo, ma quello che sciorina, pur essendo materia già plasmata in altre fabbriche del dolore, è di prima qualità.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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