Society 1 - The Sound That Ends Creation

Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2005
Durata:42 min.
Etichetta:Earache
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. IT ISN'T ME
  2. LET ME LIVE
  3. 6 MONTHS
  4. NO FATHER
  5. TOUCH A GIRL
  6. REALMS OF BLISS
  7. LORD
  8. I LOVE HER
  9. BLEED
  10. ENRAPTURED
  11. SKIES
  12. WOUNDED VEINS

Line up

  • Matt "The Lord" Zane: vocals
  • Sin: guitars
  • Dirt: bass
  • Preston: drums

Voto medio utenti

I Society 1 sono la band di Matt Zane, rinomato attore e regista porno, amante del masochismo, ma soprattutto del sadismo, e del sesso estremo. Questo è il terzo disco della band, autrice di un metal a tinte industriali decisamente marcate e con un’attitudine lasciva sconvolgente.
Immaginate Genitortures, Marilyn Manson e Nine Inch Nails frullati insieme ed avrete la misura del sound dei Society 1. Questo “The Sound That Ends Creation” è davvero un bel disco, piacevole e che fila liscio come l’olio, soprattutto per la sua varietà, che permette alla band di omaggiare, oltre che i nomi succitati, anche i Type O Negative con “I Love Her”, song che sembra uscita direttamente da “October Rust” o gli Alice In Chains con “No Father”, con quel sound oscuro e opprimente che sembra uscito dal disco omonimo della band di Seattle.
Per il resto sono ottime “Realms Of Bliss”, molto decadente, le violente “Lord” e “6 Months” e anche “Skies”, la quale inizia in maniera molto inquietante, prima che entrino in gioco chitarre sature e beats triggerati, sui quali Matt ci porta nel suo mondo, un mondo osceno e perverso.
Il punto forte di questo disco è proprio la voce di Matt Zane, davvero oscura e viziosa, la quale è efficacissima nel delineare i diversi scenari delle diverse songs. Ha un non so che di glam/decadente che mi fa venire in mente i Vampire Love Dolls.
Questo è un disco che passerà sicuramente inosservato per larga parte ma che, ad onor del vero, merita parecchia attenzione, soprattutto perché ripropone un modo di suonare l’industrial rock/metal che è tipicamente di inizio anni ’90, e quando parlo di omaggi vari, mi riferisco soprattutto ad esempio a “Portrait Of An American Family” del reverendo o a “Pretty Hate Machine” dei NIN, non certo alle ultime produzioni. Infatti parlando della produzione, non è laccata e super pulita, ma mantiene quel feeling grezzo che gli dona un fascino davvero particolare, se si eccettua per le chitarre che spesso grattano come potrebbero fare quelle degli Static X.
Chi vuole scoprire una band davvero valida dovrebbe procurarsi questo disco e, perché no, anche quelli precedenti. Così magari avete anche la scusa, per completare l’opera, per potervi completare il catalogo “artistico” di Matt Zane.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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