Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2005
Durata:67 min.
Etichetta:Listenable
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. OCEAN PLANET
  2. BACKBONE
  3. FROM THE SKY
  4. UNICORN
  5. WHERE DRAGONS DWELL
  6. THE HEAVIEST MATTER OF THE UNIVERSE
  7. FLYING WHALES
  8. IN THE WILDERNESS
  9. WORLD TO COME
  10. FROM MARS
  11. TO SIRIUS
  12. GLOBAL WARMING

Line up

  • Joe Duplantier: vocals, guitars
  • Christian Andreu: guitars
  • Jean-Michel Labadie: bass
  • Mario Duplantier: drums

Voto medio utenti

A pochi mesi dalla ristampa del secondo album “The Link”, ritornano i Gojira con il nuovissimo “From Mars To Sirius”. Ammetto che ad un primo impatto sono rimato un po’ deluso dai francesi in questione, in quanto avevo ancora in mente l’ottimo lavoro fatto col precedente disco, il quale forse pagava un po’ la disomogeneità del sound della band, ma si faceva perdonare con trovate ad effetto che rendevano le canzoni tutte molto ermetiche ed affascinanti allo stesso tempo, facendo dei Gojira un oscuro oggetto proveniente dallo spazio profondo. Ed è proprio allo spazio che tornano con questo viaggio da Marte a Sirio, la stella più brillante nel cielo d’inverno.
La differenza che mi aveva spiazzato ed in parte deluso, sta nel fatto che il sound della band ora è sì più omogeneo e per certi versi più “catalogabile”, ma ciò ha messo in secondo piano la creatività di “The Link”, riportando la band sulla terra tra i comuni mortali, per restare in tema di metafore cosmologiche. Tutto ciò però è restato nella mia mente per lo spazio delle tre o quattro canzoni iniziali, perché dopo svariati ascolti dei 67 minuti del disco si percepisce la maggiore maturità della band, che diventa una sorta di rumore di fondo che fa da sfondo a pezzi i quali fondono potenza e melodia in modo invidiabile, tutti iper-strutturati, con accenni lisergici, talvolta progressivi, che sanno essere maestosi, quasi pomposi nel loro incedere ma che riescono a non essere banali e soprattutto mai prolissi. La varietà del disco mi impedisce di poter citare pezzi emblematici del sound, però ad un orecchio fine ed accorto non sfuggiranno echi di “Alien”, ultima fatica degli Strapping Young Lad, massicce dosi di post ed emocore, tra Today Is The Day e Heaven Shall Burn, certa pesantezza tipica del metalcore americano di “In The Wilderness”.
Il risultato finale è un disco senza punti deboli, che sacrifica certe trovate naif alla coerenza stilistica di un sound polivalente, multiforme, articolato, variegato, e finalmente compatto ed omogeneo.
Non c’è dubbio, dopo il lungo viaggio interstellare tornare sulla terra ha fatto capire alla band che non c’è posto migliore di casa propria. Bentornati.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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