Copertina 7,5

Info

Genere:Gothic / Dark
Anno di uscita:2015
Durata:41 min.
Etichetta:Lifeforce Records

Tracklist

  1. BORROWED EYES
  2. WHITEOUT
  3. EMBERS
  4. ECLIPSE
  5. AOEDE
  6. UNEARTH
  7. WORDS THAT BEAR NO MEANING
  8. MY RISE IS YOUR FALL
  9. BLACKOUT

Line up

  • Nino Hynninen: keyboards
  • Mikko Kolari: guitars
  • Jussi Hämäläinen: guitars, vocals
  • Antti Ruokola: drums
  • Toni Toivonen: vocals
  • Jussi Kirves: bass

Voto medio utenti

Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo.
Non che servisse un indovino: è la stessa storia del nostro genere prediletto ad insegnarlo.

Ormai ho maturato la convinzione che sia opera del destino: pressoché ogni benedetta (o maledetta, fate vobis) band astrattamente riconducibile all’alveo dark/gothic che abbia incorporato nel proprio sound matrici “estreme” -doom, black o death, per intenderci-, finisce prima o poi per annacquarle, se non addirittura per smarrirle.

Per trovare cosa?
Alcune ipotesi accreditate conducono ad una vena acustica improntata all’intimismo cantautoriale, ad una cerebralizzazione (perdonate il neologismo) post-metal alla stregua di Isis o Cult Of Luna, ad una sbandata verso l’emozionalità minimale di certi Radiohead, o ancora, perché no, ad un afflato electro-wave alla Depeche Mode.

Poi, in alcuni casi, dopo che quelle lande un tempo inesplorate finiscono per inaridirsi, si torna magicamente al growling, alle chitarrone distorte e alle facce cattive nelle foto promozionali, magari sostenendo tesi improbabili circa la voglia matta di riabbracciare le origini, le suppliche dei fans dopo i concerti, l’essersi resi conto di quanto mancasse il caro, vecchio metallone tonante bla bla bla.
Ma questa è un’altra storia, e per fortuna non si applica al gruppo oggi in esame.

Gli Hanging Garden, oltre che bravissimi, mi sembrano altresì sinceri, e quindi animati da autentiche smanie di evoluzione artistica. Fatto sta che, in occasione del quarto full length, i finnici seguono le orme di Katatonia (segnatevi questo nome, tornerà a breve d’attualità), Tiamat, Moonspell, Amorphis, Sentenced, Anathema, Paradise Lost e tanti altri, compiendo un gesto di rottura col passato.

Blackout Whiteout inaugura il nuovo corso degli Hanging Garden sin dall’artwork, e la musica non è da meno.
L’aggressione, a voler ben vedere, non è stata del tutto elisa dal sound dei Nostri, ma di fatto costituisce elemento ormai marginale. La opener Borrowed Eyes, il finale di Eclipse, My Rise Is Your Fall… giusto qualche parentesi chitarristica, alcune sporadiche linee vocali, e tant’è.

L’anima compositiva versione 2015 pare gravata da un fardello ancor maggiore di malinconia, s’incupisce laddove prima s’infervorava, si specchia in brani meno articolati, in una produzione tanto organica quanto elegante, in chitarre dalla distorsione gentile e in arrangiamenti timidi, scoprendosi tanto bella quanto fragile.

Credo di non sbagliare se individuo nella band del genio Jonas Renkse il principale punto di riferimento, sia in termini di percorso che di approdo.
Così, le struggenti clean vocals di un Toni Toivonen in gran spolvero ci traghettano lungo un fiume mosso da correnti di mestizia e disillusione, cui gli amanti di opere quali Tonight’s Decision e Last Fair Deal Gone Down faranno bene a non opporsi.

Lasciatevi cullare dalla sommessa epicità di Unearth -forse la migliore del lotto- dalla struggente delicatezza di Aoede -in bilico tra Novembre ed Anathema-, dall’amara indolenza di Embers -scelta come singolo apripista del platter- e gioite per lo splendore della tristezza.

Io, quantomeno, sono riuscito a farlo, pur maturando un briciolo di disappunto per qualche svenevolezza di troppo e, soprattutto, per la scomparsa dei miei cari, vecchi Hanging Garden. Quelli che sapevano miscelare doom, death, dark e gothic come pochissimi altri.
Ma ero preparato ad una simile svolta: come si sa, è vano opporsi al destino.

http://www.youtube.com/watch?v=FVNHRj6B51w
Recensione a cura di Marco Cafo Caforio

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