Copertina 6,5

Info

Genere:Gothic / Dark
Anno di uscita:2002
Durata:60 min.
Etichetta:Century Media
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. THE RETURN OF THE SON NOTHING
  2. SO MUCH FOR SUICIDE
  3. VOTE FOR LOVE
  4. THE TRUTH’S FOR SALE
  5. FIREFLOWER
  6. SUMMER BY NIGHT
  7. LOVE IS AS GOOD AS SOMA
  8. ANGEL HOLOGRAMS
  9. SPINE
  10. I AM IN LOVE WITH MYSELF
  11. HEAVEN OF HIGH
  12. TOO FAR GONE

Line up

Non disponibile

Voto medio utenti

Judas Christ è il settimo album degli scandinavi Tiamat . Titolo e confezione, cioè due elementi in genere considerati di scarsa rilevanza , farebbero presupporre che il contenuto del disco sia caratterizzato da sonorità molto dure e da argomenti bollati dal classico adesivo al quale tutti noi siamo ormai avvezzi , ovvero “Parental Advisory-Explicit Lyrics”. E invece no. Il titolo, come mi ha confermato Anders Iwers in una recente intervista, altro non è che una provocazione contro l’ipocrsia della Chiesa Cristiana e…non c’entra assolutamente nulla col contenuto dell’album. Insomma, per farla breve la confezione è uno specchietto per allodole. Gli appassionati di metal estremo non si lascino dunque trarre in inganno dal caprone in copertina perché di fatto Judas Christ ha ben poco a che spartire col Black e per dirla tutta anche col metal. Le dodici tracce delle quali è composto l’album sono strutturate su ritmi lenti e cadenzati, la voce di Edlund impostata su tessiture baritonali è molto bella e si sposa bene con le atmosfere dark del disco, ma non cresce mai e per quanto mi riguarda è quasi incapace di comunicare il benchè minimo sentimento. Anche sull’orecchiabile singolo “Vote For Love”, che strizza l’occhio a HIM e compagnia bella, hanno più presa i cori femminili che il cantato vero e proprio. Il che è tutto dire perché la linea vocale principale è veramente quanto di più commerciale sia stato scritto negli ultimi tempi.
I frequenti inserti di synth, tastiere e campioni di voci assortite ( sussurri, grida, lamenti) creano un effetto molto cupo e di difficile assimilazione rallentando ulteriormente il ritmo già di per sé non “veloce” dell’album. Le chitarre sono ridotte all’osso e solo a sprazzi entrano in distorto- in particolare nella parte centrale del disco- mostrando barlumi di cattiveria che però si spengono dopo poche battute. La produzione infine è ottima, la scelta dei suoni molto accurata ( notevoli basso e batteria) ma purtroppo non basta a smorzare l’effettiva staticità di Judas Christ che, lo ribadisco non cresce quasi mai e s’impenna giusto su un paio di tracce : Spine e I Am In Love With Myself. Proprio questi due brani , sono a mio avviso i più belli dell’album, ma probabilmente i palati più raffinati apprezzeranno molto anche songs come Heaven Of High e Too Far Gone .
L’ultima fatica dei Tiamat risulta dunque ricca di piccole finezze a livello di scelte di produzione, ma qualche accortezza in più in fase compositiva l’avrebbe certamente resa un’uscita molto più degna di attenzione di quanto non lo sia adesso.
Recensione a cura di Lucia 'Lu' Ceriani

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