Copertina 8

Info

Anno di uscita:2005
Durata:56 min.
Etichetta:Season of Mist
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. THE QUIET OFFSPRING
  2. BETWEEN THE GENTLE SMALL & THE STANDING TALL
  3. JUST WHEN YOU THINK IT'S SAFE
  4. A PLACE FOR ME
  5. THE EVERLASTING MOMENT
  6. PURPLE DOOR, PITCH BLACK
  7. CHILDSPLAY PART I
  8. DEAD BUT DREAMING
  9. PILE OF DOUBT
  10. WHEN I WAS YOU
  11. CHILDSPLAY PART II

Line up

  • Kjetil Nordhus: vocals
  • Tchort: guitars
  • Michael Krumins: guitars
  • Stein Roger Sordal: bass, guitars
  • Kenneth Silden: keyboards
  • Anders Kobro: drums

Voto medio utenti

Non vorrei ripetere esattamente le stesse cose che ho scritto nella recensione del precedente "A Blessing In Disguise" dei Green Carnation... ma è inevitabile che lo faccia, perché il nuovo "The Quiet Offspring" non vi si discosta molto, anzi, ne sfrutta la formula di successo per diventare per la terza volta di seguito un album dalla qualità notevole! Addirittura si potrebbe considerare il lavoro come una specie di 'parte seconda', date le tante somiglianze che rendono i due dischi così simili e allo stesso tempo così particolari. In passato avevo cercato in tutti i modi di non fare umilianti paragoni con il capolavoro "Light Of Day, Day Of Darkness", ma ho realizzato ora che mi sbagliavo... l'aura che fece tanto grande quella canzone da oltre sessanta minuti non ha ancora abbandonato del tutto Tchort, nonostante lui faccia di tutto per lasciarsela alle spalle. Il trittico posto all'inizio dell'album serve appunto a farci pensare il contrario, e a confonderci ulteriormente le idee tramite l'uso di entusiasmanti riffoni, attitudine rock e ritornelli catchy. Per l'ennesima volta si affaccia in me l'impressione che i "Green Carnation" siano diventati tutt'altro gruppo, meno cervellotico ed emozionale e più attaccato - per così dire - alla forma della canzone, più che alla sostanza. Niente di più sbagliato, e ci pensa "A Place For Me" a diluire le mie perplessità, ritornando alle forme espressive più intimiste del passato, ottenute anche grazie ad un notevole rallentamento dei tempi. L'apice dell'emozione si raggiunge con la successiva ritmata "The Everlasting Moment",che mostra alcuni oscuri cori già sentiti in passato, e un vero e proprio omaggio all'assolo del quarantesimo minuto di LODDOD; una manciata di secondi di pura emozione. Dopodiché sono rimasto in una specie di trance mentre l'album continuava a scorrere, e pensavo "che m'importa di stare a vedere se lo stile è cambiato, se la musica è diventata commerciale" quando il gruppo norvegese è in grado di trasformare in oro qualcosa cosa tocchi con le mani (o per meglio dire con gli strumenti)?! Ed è così che probabilmente continueremo a sentirli, almeno fino a quando Tchort non si sarà liberato completamente dai fantasmi del passato.
Recensione a cura di Alessandro 'Ripe' Riperi

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