Copertina 8

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2014
Durata:62 min.
Etichetta:Century Media

Tracklist

  1. PLAGUES OF BABYLON
  2. DEMOCIDE
  3. THE CULLING
  4. AMONG THE LIVING DEAD
  5. RESISTANCE
  6. THE END?
  7. IF I COULD SEE YOU
  8. CTHULHU
  9. PEACEMAKER
  10. PARASITE
  11. SPIRIT OF THE TIMES
  12. HIGHWAYMAN
  13. OUTRO

Line up

  • Stu Block: vocals
  • Jon Schaffer: guitars, bass
  • Troy Seele: guitars
  • Luke Appleton: bass
  • Raphael Saini: drums

Voto medio utenti

Quando è il momento di mettersi all'ascolto di un nuovo album degli Iced Earth non si ha mai la certezza che possa trattarsi di un capolavoro, infatti, nella loro sostanziosa discografia non manca qualche passo falso, tuttavia l'anima del gruppo è sempre immediatamente riconoscibile.

Anche in questa occasione Jon Schaffer gioca sul più tipico sound del gruppo, e brani come la titletrack, "The End" o "Cthulhu" ne sono i migliori esempi, addirittura lo ritroviamo collaborare con Hansi Kürsch, presente nelle back vocals di varie canzoni e in primo piano su "Among the Living Dead".
Anche le tematiche non si allontanano da quelle più classiche, con la prima metà del disco che è nuovamente incentrata sulla saga di "Something Wicked" e sul personaggio di Set Abominae.

Ovviamente il primo indagato speciale di "Plagues of Babylon" non può essere che Stu Block, alla sua seconda prova discografica negli Iced Earth dopo "Dystopia"; e dalle indagini emerge che il cantante canadese si rende autore di un'ottima prova, ben calato in quello che era stato il ruolo di Matthew Barlow (che comunque per me resterà sempre il frontman degli Iced Earth), pur senza scimmiottarlo. In caso di dubbi le prove parlano chiare e sono agli atti diverse canzoni, quali ad esempio la già citata "The End", la ben più cattiva "Parasite", o la classica ballad melodrammatica (sulla scia di "I Died for You" o "Watching over You") che gli Iced Earth non si fanno mai mancare: "If I Could See You".

Sul finire del disco troviamo le maggiori sorprese, l'altro lento "Spirit of the Times", già proposta da Schaffer in occasione del suo progetto solista Sons of Liberty, e la personale rivisitazione di un classico della musica country quale "Highwayman", dove alla voce si susseguono Michael Poulsen (Volbeat), Russel Allen (Symphony X), il titolare Stu Block, oltre allo stesso Schaffer.

Suoni serrati e intensi, cavalcate metalliche, un cantato aggressivo e variegato, belle melodie: ecco cosa, da sempre, è stata in grado di proporre questa formazione, e ora dobbiamo riconoscere che quest'ultima loro incarnazione riesce a farlo nel migliore dei modi.




Listen close what is this, not bird or plane
Could it be the review fucking with your brain
All it takes just one touch over one, two, three
With a flick of a switch turn on... Metal.it
Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

Ultime opinioni dei lettori

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 16 gen 2014 alle 12:29

caro mephys, quando si prendono decisioni si deve avere anche l'umiltà di ricevere pareri concordanti e discordanti....se no tutto sarebbe un gregge di pecore menefreghiste...non ti pare??

Inserito il 15 gen 2014 alle 02:19

Invece io vado contro corrente ed esprimo la mia parziale delusione per questo disco. Conosco molto bene gli Iced, li ho visti, seguiti, suonati, criticati e ne ho apprezzato la discreta ripresa sia col precedente Dystopia che con il bel "Live in Ancient Kourion". Questo Plagues of Babylon però non mi convince del tutto. Più lento ed atmosferico dei suoi predecessori, l'album presenta passaggi identici al recente passato e la riproposizione di soluzioni abusate spezza ogni entusiasmo. Stu Black è una certezza e si divincola in maniera ottimale tra parti in cui ricalca quanto fatto dal divino Matt Barlow ed altre più personali ma il problema è un altro. I riff di Shaffer sono sempre più semplici, sovrastati dalla solita melodia di chitarra sulla quale si levano i cori, sempre alla stessa maniera, sempre con le stesse voci, ben realizzati sicuramente, ma ormai non hanno più effetto. Il songwriting appunto, è la nota dolente. Già dalla prima traccia (epica, evocativa e un po' orientaleggiante) si sentono riff rubati alla canzoni del passato, mentre proseguendo l'ascolto è evidente come gli americani ricalchino quanto proposto dai Maiden di fine anni '90/inizio 2000, ovvero canzoni oltre i 5 minuti con intro arpeggiato, crescita centrale, assolo, chiusura. Volevo fare solo un commento ma, scrivendo di getto mi sto dilungando troppo e non vado ad analizzare le singole canzoni sennò non finisco più ;) Cito solo "Pacemaker", altro brano che inizia lento e con un non so che di Lynyrd Skynyrd, acquista poi forza moderata rivelandosi un pezzo a metà strada tra il rockeggiante ed il tenebroso, meno metal del solito ma che, forse proprio per questo, cattura l'attenzione. Ultimo appunto per il nuovo (e già ex!) drummer Saini, più lineare e meno interprete deii riff (praticamente un metronomo) rispetto al grande Brent Smedley che osava qualcosa in più rimanendo chirurgico, rare le volte in cui si mette in evidenza. Non un disco da buttare eh, qualcosa di buono c'è e si può ascoltare più volte, certo che Burn Offerings, Dark Saga e Something Wicked rimangono uno sbiadito ricordo. Per me 6,5.

Inserito il 14 gen 2014 alle 18:38

e che palle che siete con questo "perchè è un top sta schifezza...perchè questo capolavoro non è top"...a me sto disco non è piaciuto così tanto come a voi! se finiva tra i top mica ne facevo un dramma... ...anche perchè poi lo ammetto! sono io che decido gli album da mettere top o no! infatti metto sempre top quelli recensiti da Laura Archini,malgrado siano osceni...ma si sa: tira più un pelo di che un carro di buoi ;-P

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