Dalle nebbie del tempo... Crown of Autumn

"The Treasures Arcane" fu quello che si dice un esordio col botto, forse così forte che i Crown of Autumn hanno fatto passare quasi 15 anni per dargli un seguito con l’ancora caldo "Splendours from the Dark". Emanuele Rastelli è da sempre il punto di riferimento del gruppo…. inevitabile quindi sentire direttamente da lui sia le modalità sia le motivazioni che stanno dietro al loro rientro in pista.

Quale è stato il primo segnale che vi ha fatto capire che era scoccata l'ora per il comeback dei Crown of Autumn?
In seguito all’uscita de “Il più Antico dei Giorni” dei Magnifiqat, ci siamo nuovamente allontanati dalla scena per un lungo periodo durante il quale non abbiamo mai smesso di suonare insieme in progetti e sperimentazioni di vario genere. Un giorno, senza che lo avessimo pianificato, ci ritrovammo in studio a lavorare su del materiale inedito dei Crown Of Autumn composto intorno al 1997/1998, poco dopo la pubblicazione di “The Treasures Arcane”. L’atmosfera sprigionata in quell’occasione ci riempì di entusiasmo e ci fece capire che il momento del risveglio stava per arrivare.
Dopo 14 anni dal vostro primo album, credo siate cambiati voi... la vostra visione della vita ed anche quella musicale... cosa vi lega ancora ai Crown of Autumn degli esordi?
Sicuramente; sarebbe preoccupante se non fosse così! Quello che conta è evolversi lungo la medesima strada, secondo coerenza e consapevolezza. Si possono mettere in discussione idee e atteggiamenti tenuti in precedenza ma bisogna farlo sulla base di una riflessione profonda, non soltanto per voglia di cambiare o necessità di adeguarsi a nuove situazioni. Per valutare, per decidere, occorre prima acquisire gli strumenti per poterlo fare con cognizione di causa. Nel caso dei Crown Of Autumn non si può constatare di un vero e proprio cambiamento, sarebbe molto più indicato parlare di maturazione. Il nostro modo di comporre, arrangiare e registrare la musica ha beneficiato di quasi quindici anni di esperienza che sicuramente rendono “Splendours from the Dark” un disco fedele alle radici della band, pur attualizzando il nostro sound in maniera piuttosto evidente. Ciò che ci lega ai nostri esordi è lo spirito, l’attitudine alla musica e il furor che nonostante il lungo periodo di tempo, non è minimamente scemato!
Se ricordo bene (ok... ammetto sono andato a controllare le note del booklet!) ai tempi di "The Treasure Arcane" Mattia Stancioiu era presente come session, ora sembra essere un punto fermo dei Crown of Autumn, come si è evoluta la sua "presenza" nel gruppo?
Nel 1997, quando uscì il nostro debut album, Mattia era da poco entrato a far parte della band, anche se ciò avvenne ufficialmente a livello di collaborazione da musicista session.
In seguito si sviluppò tra di noi una notevole sinergia che oggi mi rende impossibile immaginare la realizzazione di un mio progetto musicale senza di lui. Ha un talento incredibile, sia come batterista che come produttore artistico, oltre ad essere un eccellente tecnico del suono.
Un altro punto fermo è sicuramente l'impegno riscontrabile nell'approccio lirico, vero?
Certo. Nella mia visione non è mai stato possibile scindere la sfera lirica da quella musicale. Idee, sensazioni e intuizioni anelano a venire concretizzate in forma musicale. La musica dal canto suo, non accetta di essere lasciata orfana di contenuto e significato. Inizialmente i nostri testi avevano un approccio più estetico e istintivo, forse meno consapevole. Con il tempo, l’approfondimento di certe tematiche e l’esperienza diretta, il grado di consapevolezza è indubbiamente aumentato. Oggetto delle nostre liriche rimangono sempre elementi quali il Mito, le tradizioni spirituali, le virtù cavalleresche proprie dell’Europa medievale, che a loro volta si ricollegano all’etica delle aristocrazie indoeuropee del mondo antico. Non ultima è l’ispirazione che viene dal nostro Paese con i suoi paesaggi, i suoi profumi, le sue architetture ed in generale quelle atmosfere che ogni italiano degno di questo nome dovrebbe amare, venerare e proteggere.
Hai voglia di fare un excursus sui vari brani che compongono "Splendours From The Dark"?
Volentieri! L’opener si intitola “Templeisen” ed è uno di quei brani scritti intorno al 1997/1998, ovviamente riveduto e corretto col senno di poi. Credo sia il perfetto trait d’union tra primo e secondo disco; al suo interno sono presenti tutti gli elementi che hanno sempre caratterizzato il nostro sound sin dagli esordi. Il termine Templeisen viene utilizzato da Wolfram Von Eschenbach nel suo “Parzival”, uno dei più importanti e profondi romanzi cavallereschi del periodo medievale. L’autore si riferisce con ogni probabilità all’ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone, passati alla storia con il più breve appellativo di Templari, indicandoli come i guardiani del Graal. Dato che su questo argomento sono stati pubblicati innumerevoli testi, molti dei quali tendenziosamente fuorvianti, ci terrei a consigliare la lettura di quello che, a mio avviso, rimane uno degli studi più interessati e meglio orientati in merito: “Il Mistero del Graal” di Julius Evola. Anche ne “Il Re del Mondo” di Renè Guènon si possono trovare importanti riflessioni su questo tema. La seconda traccia del nuovo album si intitola “Aegis” e a nostro parere è quella che meglio rappresenta i Crown Of Autumn del 2011. Si tratta di un brano diretto pur rimanendo variegato al suo interno, nel quale si intrecciano armoniosamente voci femminili, voci maschili melodiche e growls. Il testo, utilizzando alcuni simboli appartenenti alla tradizione greco-romana ed altri di origine cristiana, riflette sull’idea di Trasmutazione, vale a dire il passaggio simbolico dalla materia grezza alla sostanza nobile. “Noble wolf” è un brano molto sostenuto e notturno, che alterna un riffing Black Metal a mid-tempo più cadenzati. Il testo è forse il più romantico e meno “dottrinale” di tutto l’album. Successivamente è la volta di “Forest of Thoughts” che riprende sonorità inconfondibilmente Crown Of Autumn dove si alternano cavalcate epiche, passaggi acustici dal sapore medievaleggiante e momenti ispirati al Death/Black più melodico. “Ultima Thule” è una sorta di pausa all’interno di “Splendours from the Dark”. Si tratta di un brano acustico dal sapore Neo-Folk impreziosito da un’eccezionale interpretazione vocale di Milena Saracino. Da un punto di vista lirico, si tratta di una sorta di inno all’idea romana di Iperium, con particolare accento sui suoi risvolti metafisici. La marcia riprende con una doppietta squisitamente Heavy, formata da “At the Crystal Stairs of Winter” e “To Wield the Tempest’s Hilt”. Si ritorna poi a sonorità più riflessive con “In the Garden of the Wounded King” che lascia trasparire l’influenza dei Magnifiqat. Il brano è ispirato allo studio di Louis Charbonneau-Lessay sul simbolismo delle cinque piaghe di Cristo sulla Croce dal titolo “Nel Giardino del Cristo Ferito”. “Triumphant” è il primo brano dei Crown Of Autumn scritto a quattro mani da me e Mattia. E’ una canzone molto variegata, dall’andamento quasi Power. L’ultima Metal song del disco è “Ye Cloude of Unknowing”, pezzo che come l’opener, porta in sé tutti gli elementi tipici del marchio di fabbrica Crown Of Autumn. Si chiudono le danze con l’outro Ambient dal titolo “Spectres from the Sea”.
Non vorrei trascurare l'artwork... un altro aspetto sul quale avete sempre puntato e lavorato parecchio.
Per quanto riguarda l’aspetto visivo delle nostre release, vale lo stesso discorso già fatto a riguardo del binomio musica-testi. Anche l’immagine fa parte integrante del nostro mondo artistico e come tale non può essere minimamente trascurata. Federico Rebusso si è occupato dell’artwork di “Splendours from the Dark” e di “The Treasures Arcane – transfigurated edition”, così come si occupò in passato del booklet de “Il più Antico dei Giorni”. Oltre ad essere un amico fraterno, Federico è un grafico di enorme talento che riesce sempre a cogliere lo spirito della nostra musica, traducendolo in immagini. Il libretto di “Splendours from the Dark”, a partire dalla copertina, ha come tema di base quello della Luce, sia essa fisica che trascendentale.
Oltre alle tue vocals estreme, alla voce troviamo sia Gianluigi Girardi, sia Milena Saracino, come siete entrati in contatto con loro?
Ebbi modo di ascoltare la voce di Gianluigi in un Cd degli Event Horizon e pensai subito che la sua timbrica potente e graffiante ma al contempo sempre molto intelligibile, sarebbe stata perfetta alla guida dei Crown Of Autumn. Quando lo contattai mi disse che era sempre stato un fan della nostra musica, sia di Crown Of Autumn che di Magnifiqat! Per quanto riguarda Milena, avevo avuto modo di ascoltarla e conoscerla personalmente, in quanto cantante solista di un coro Gospel (Jubilant Gospel Girls) diretto da alcuni miei cari amici. Così, quando venne il momento di inserire una voce femminile in alcune delle composizioni del nuovo album, il mio pensiero andò subito a Milena. Gianluigi e Milena hanno realmente impreziosito il nostro nuovo lavoro con il loro talento, donando un’incredibile espressività e varietà alle linee vocali.
Non avete pensato di coinvolgere il vostro precedente cantante, Diego Balconi, sul disco?
Nel corso del tempo abbiamo progressivamente diradato i contatti, anche a causa del fatto che sia lui che io ci siamo trasferiti in città diverse. Sono tuttora convinto che per “Ruins” e “The Treasures Arcane” non avremmo potuto avere cantante più indicato di Diego, ma sono altrettanto convinto che “Splendours from the Dark” senza la voce di Gianluigi perderebbe gran parte del suo fascino.
Come si incastrano i Magnifiqat tra le due uscite dei Crown of Autumn? Nessun conflitto di identità?
Nessun conflitto di identità; una volta posati gli strumenti come Crown Of Autumn, indossiamo parrucca e baffi finti e diventiamo i Magnifiqat! ;) Scherzi a parte, direi che in origine i due progetti, pur avendo dei punti in comune, rimanevano su piani sostanzialmente separati. Con “Splendours from the Dark” però è cominciato un processo che tende ad integrare l’approccio e l’esperienza dei Magnifiqat all’interno dei Crown Of Autumn, processo che con ogni probabilità avrà ulteriori fasi di sviluppo in futuro.
Peraltro nel corso degli anni, non siete mai stati con le mani in mano...
Certamente no! Nel periodo immediatamente successivo all’uscita di “The Treasures Arcane” ho avuto modo di collaborare con Drakkar e Cultus Sanguine. In seguito, sempre in compagnia di Dario Beretta dei Drakkar, abbiamo realizzato un demo di tre brani per un progetto chiamato Crimson Dawn che, a quanto mi risulta, Dario è fermamente intenzionato a portare avanti. Mi sono occupato anche di progetti Ambient e pop-rock, un po’ per divertimento e un po’ per la curiosità di cimentarmi con stili diversi. Mattia ha collaborato, come tutti sanno, con Labyrinth, Vision Divine, Mandragora Scream (con i quali entrambi abbiamo suonato durante un tour europeo di supporto a Mortiis) e con tantissimi altri progetti. In questi quattordici anni di assenza dei COA abbiamo senz’altro accumulato una rilevante quantità di esperienze musicali.
Ritornando indietro con gli anni, come e perchè avevate dato vita ai Crown of Autumn? Ed ora cosa vi proponete di fare e sopratutto cosa vi aspettate?
A quel tempo avevo la ferma intenzione di dare vita ad un progetto Metal che fosse epico e sacrale ma che al contempo non rinunciasse ad un certo tocco “dark”. Fu così che nell’Ottobre del 1996, insieme a Diego Balconi (voci melodiche) e Marco Ibba (growls) fondammo i Crown Of Autumn e nello stesso anno registrammo il nostro primo ed unico demo intitolato “Ruins” con l’aiuto di un session-drummer. Le aspettative contano poco, specialmente in una situazione di mercato come quella odierna. Quello che conta è ciò che si vuole fare. Ovviamente produrre dischi non è cosa priva di costi ed è lecito sperare di rientrare, almeno parzialmente, delle spese affrontate per la registrazione. Ma credo che nel nostro caso, anche se dovessimo incontrare difficoltà di questo genere, riusciremmo a trovare sempre un modo per esprimere la nostra musicalità; dentro di noi c’è un bisogno di fare musica che va oltre il semplice divertimento.
La nuova versione di "The Treasure Arcane" suona decisamente meglio... ed ovviamente anche in modo diverso. Nel corso dell'opera di "restauro" che avete svolto, non temevate di perderne lo spirito originale?
E’ una cosa che abbiamo tenuto in estrema considerazione. La nostra intenzione era quella di migliorare, come hai detto tu, il suono generale del disco, senza apportare cambiamenti di nessun genere. Non avevamo nessuna intenzione di togliere o aggiungere qualcosa all’album ma soltanto di renderne l’ascolto più godibile. Ecco perché non c’è nulla di ri-registrato ma “solamente” re-mixato e ri-masterizzato. Vista la quantità di tracce presenti è stato un lavoro certosino ma credo che il risultato finale abbia colto nel segno! Inoltre abbiamo voluto aggiungere a questa nuova edizione le quattro canzoni del demo “Ruins” in modo da avere tutta la nostra discografia disponibile su Cd.
Se non sbaglio non avete mai suonato dal vivo, almeno come Crown of Autumn, pensate sia giunta l'ora di fare questo passo?
Attualmente la formazione è composta da tre membri (oltre ad una session vocalist), cosa che rende assai improbabile una esibizione dal vivo. Quando verrà il momento - tra Settembre e Ottobre di quest’anno - di pianificare i prossimi passi della band, certamente discuteremo anche di un’eventuale attività live.
Non posso che ringraziarvi e lasciare a te la conclusione dell'intervista...
Grazie di cuore a www.metal.it e a tutto coloro che supportano la nostra musica!
Intervista a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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