Nile (Dallas Toler-Wade)

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Gruppo:Nile

Siete soddisfatti dei risultati ottenuti con il precedente “Black Seeds Of Vengeance”?
Non abbiamo mai suonato per avere successo, tutto è cominciato sentendo heavy metal e facendo qualche jam in garage; non è certo il death metal che ci darà il pane, questo lo sappiamo bene, comunque devo dire che “Black Seeds Of Vengeance” ci ha aperto orizzonti più ampi rispetto al passato. Certo non siamo degli zii Paperone ora, ma possiamo dire di avere qualche fan in più in giro per il mondo.

Pensi che la vostra musica sia passata attraverso un processo d’evoluzione rispetto al passato?
Ci stiamo evolvendo, in un certo senso, stiamo diventando più “Nile”. Quando una band trova il suo sound distintivo, ed io credo che i Nile ci siano riusciti, è sempre difficile riuscire a cambiare senza snaturarsi. Con “In Their Darkened Shrines” sentiamo di essere riusciti a risolvere questo problema; il nostro sound è sempre presente ma ci sono anche elementi nuovi.

Come ad esempio il vostro batterista, Tony Laureano, che molti ricorderanno nei mai dimenticati Angel Corpse…
Siamo sempre stati alla ricerca di un batterista con un approccio “superbombastic”, qualcuno in grado di fornire non soltanto sterile velocità, ma anche un groove adatto ai Nile. Con Tony ci è andata veramente di lusso; sai, sono stato un batterista anche io, e posso dirti che il modo in cui suona la batteria è veramente fantastico ed anche molto intuitivo. Molte volte i batteristi si limitano a seguire il tempo ed i riff di chitarra, Tony invece è completamente dentro la canzone, riesce a sentirla vibrare, e questo ovviamente influisce sul suo egregio “drumplaying”. Oltretutto è anche intervenuto attivamente, oltre che negli arrangiamenti, anche per quanto riguarda i testi, ha sviluppato alcune tematiche che noi avevamo solamente accennato.

E per quanto riguarda le sue parti di batteria? In studio è stato aiutato dal computer o ciò che sentiamo su disco è interamente merito suo? Questa è una domanda che faccio spesso ai gruppi con batteristi all’apparenza “inumani”.
Assolutamente tutto merito di Tony. Fai bene a ripetere spesso questa domanda perché ci sono molti dischi in giro dove è ovvio che le parti di batteria siano state scritte, ma questo non è il nostro caso. Non volevamo suonare troppo meccanici e volevamo mantenere intatta la violenza dei nostri show dal vivo, per questo l’uso del computer è stato molto limitato; ti dirò di più, se ascolti bene alcune parti di doppia cassa, potresti notare qualche minima imprecisione, sono elementi che abbiamo voluto lasciare perché rendono la nostra furia barbaricamente umana, e non snaturata dalle macchine. Ogni batterista ha il suo swing naturale, ma alcuni fonici pretendono, con programmi come pro tools, di mettere tutto su una griglia e di spostarlo a piacimento, incluso lo swing. Non esiste!

A proposito di suoni, mi sembra che la produzione sia un po’ troppo carica di frequenze basse, soprattutto per quanto riguarda la batteria. Cambieresti qualcosa?
Non so che risponderti, penso che la produzione di “In Their Darkened Shrines” sia la migliore mai conseguita nella nostra carriera, forse metterei la voce un po’ più alta e le parti orchestrate un po’ più basse. Per il resto sono completamente soddisfatto; forse è il tuo stereo ad essere carico di bassi, nella mia macchina questo disco si sente benissimo ed anche attraverso le piccole radio e gli stereo amatoriali si sente in maniera soddisfacente ( …certo, più l’impianto è scadente ed il cono è piccolo, più le frequenze basse vengono tagliate in favore dei medi. Ndr). Potresti anche avere ragione, sai, il sound cambia a seconda dell’impianto su cui il disco viene suonato… mi hai messo un dubbio, forse dovrei ascoltarlo sull’impianto di qualche amico… (ride)

Da dove proviene la vostra passione per le tematiche legate al mondo egizio?
Karl è sempre stato affascinato da questo tipo di tematiche, ben prima di entrare nei Nile già ne era ossessionato. Per quanto mi riguarda, io ho sempre adorato qualsiasi tipo di figura mitologica, da quelle greche a quelle egizie; sai, per noi è veramente importante avere degli argomenti appassionanti di cui parlare, perché ispirano la nostra musica. Non ci sediamo certo a tavolino dicendo: “hey, che cosa componiamo stasera?”, preferiamo lasciarci guidare dal feeling del momento, capirai quindi quanto sia basilare avere buoni argomenti su cui suonare; la storia e la mitologia egizia sono lunghe migliaia di anni e racchiudono segreti misteriosi e terribili. Quali atmosfere potrebbero adattarsi in maniera migliore ad una death metal band?

Nel corso del disco sono presenti alcune parti strumentali ed acustiche suonate con strumenti decisamente particolari, cosa vi ha portato a comporle?
Noi abbiamo sempre cercato di caratterizzare il nostro sound, e per questo disco avevamo intenzione di portare questo lato “sperimentale” ai massimi livelli; io e Karl abbiamo quindi cercato vari software in grado di riprodurre suoni interessanti mentre, nel frattempo, cercavamo di procurarci più cd possibile. Pensa che avevamo alcuni cd pieni solamente di centinaia e centinaia di gong, tutti diversi; grazie a dei programmi adeguati, quindi, siamo riusciti a modificare i suoni a nostro piacimento creando così un risultato che io reputo originale, almeno per una band che suona il nostro genere. Il death metal è bello, e su questo siamo tutti d’accordo, ma creare atmosfere lo è altrettanto; volevamo che l’ascoltatore fosse totalmente immerso nelle tematiche del disco… che potesse sentire anche la sabbia del deserto sotto i propri piedi (ride). Non abbiamo usato solo software comunque, Karl ha anche suonato uno strumento dal nome veramente strano, anche se te lo dicessi te lo scorderesti in pochi minuti, che puoi sentire nella parte centrale di “Unas Slayer Of The Gods” ed all’inizio di “Wind Of Horus”. La prima volta che me lo ha fece sentire fu in studio, mentre suonava una sua rivisitazione di “Voodoo Chile” di Jimi Hendrix, il risultato era inascoltabile ma quello strumento così esotico mi piacque subito.

Qual è stata la band che ti ha convinto ad intraprendere la carriera di musicista?
Ho iniziato a suonare quando ero veramente piccolo, avevo circa dieci anni e mi cimentavo con la batteria; ricordo di essere stato influenzato dai Rush, anzi, sono troppo riduttivo, i Rush sono stati alla base della mia carriera. Quando poi ho deciso di prendere in mano la chitarra, a quel punto avevo circa quattordici anni, sono state band come Black Sabbath, Uriah Heep, AC/DC a fornirmi l’ispirazione. Poi ho sentito i Celtic Frost e gli Slayer e la mia concezione di musica è andata evolvendosi, o pervetendosi, verso i lidi che tu ora ben conosci.

Una domanda “Gloriosa” per siglare questa piacevole chiacchierata: i Nile hanno mai avuto groupie?
Tocchi un tasto dolente… mai visto l’ombra di una groupie, d’altronde il genere non è certo quello più consono a questo tipo di fan… ed è un peccato. Forse avrei dovuto suonare quel “hair metal” che andava di moda verso la fine degli anni ’80, sai, quelle band tipo Motley Crue o Poison… anche se probabilmente avrei dovuto schiacciarmi le palle per cantare così (e qui il buon Dallas Toler-Wade si cimenta in un acuto degno del miglior Vince Neil scatenando un accesso d’ilarità in entrambi. Ndr). Si, probabilmente ho sbagliato mestiere, ma ho sempre la speranza, tour dopo tour, che la situazione si aggiusti in questo senso (ride).

Intervista a cura di Francesco 'HWQ' Bucci

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