Barock Project: tempo al tempo (Luca Zabbini, keyboards)

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Luca Zabbini: classe 1984, tastierista eccelso, compositore prolifico e attivo da oltre tredici anni, leader e fondatore di una delle band neo-prog più interessanti in circolazione, i Barock Project. L'uscita dell'ottimo "Detachment" ci ha dato l'occasione per scambiare due chiacchiere con questo disponibilissimo (e determinatissimo) musicista...

Non penso che tutti i nostri lettori conoscano la storia dei Barock Project: ti va di farci un breve riassunto?
Barock Project è un nome che porto avanti da ormai tredici anni, nato inizialmente da me ed altri due miei compagni di conservatorio con l'intento di fondere la musica classica al rock come si faceva tra i '60 e '70. Sebbene gli altri fossero però più propensi a suonare cover per puro divertimento, io ero più intenzionato a scrivere materiale originale. Così abbiamo cominciato a scrivere il primo disco, "MisterioseVoci", uscito solo due anni più tardi, ma nel frattempo tenevamo comunque concerti. È sempre stata una band difficile dal punto di vista dell'unitarietà, è musica che richiede molto impegno e costanza e non sempre si è disposta a offrirle, specialmente quando vivi in un paese che non fa nulla per incentivare dei ragazzi di vent'anni a continuare a creare questo tipo di musica. Non abbiamo avuto minimamente il supporto di nessuno e, fino al 2015, ci siamo autogestiti sin dal primo giorno. Il nome cominciò a girare nei circuiti di rock e prog esteri e presto sono arrivate le prime recensioni americane e giapponesi. È poi seguito il secondo disco, "Rebus", che fu molto ben accolto. Credo che la svolta sia stata però con il disco "Coffee In Neukolln", dove abbiamo virato su testi totalmente in inglese, quindi rivolgendoci appunto a quel pubblico che ci considerava di più: quello straniero. Dopo l'uscita di "Skyline" ci sono stati poi cambi di line-up per scelte individuali. Quest'anno siamo giunti al sesto disco, "Detachment". Con sei dischi all'attivo in tutto il mondo e tanti apprezzamenti, ancora adesso sono più determinato che mai a portare avanti questo progetto.
Domanda difficile: a quale album dei Barock Project sei più legato?
Probabilmente a "Coffee in Neukolln", il terzo. In quel periodo mi sentivo molto stimolato e creativo a livello musicale e inoltre è stato registrato in un clima sereno per i Barock Project, cosa per me molto importante. In linea di massima sono legato a quel disco, ma anche a "Skyline" e "Detachment", piuttosto che i primi due ("MisterioseVoci" e "Rebus"). Ma si sa, "ogni scarrafone è bello a mamma soja".

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Quali sono le principali differenze tra i Barock Project di ieri e quelli di oggi?
La differenza è che sono passati tredici anni dalla scrittura del primo disco. Questo significa che sono maturato sulle scelte musicali che ho attuato. Inizialmente avevamo lo stimolo di riportare alla luce ciò che facevano gruppi come i Nice o ELP, mischiando il barocco al rock e tentando, con non poche difficoltà, di limitare il tutto nella struttura di una canzone pop. E abbiamo sforato ovviamente. Mi piace pensare che scrivere musica sia come cucinare. Con il tempo impari ad affinare e a migliorare le tue ricette. Ora credo di aver solo equilibrato meglio gli ingredienti per quanto mi riguarda. Ma sia ben chiaro, ci sono ancora tante ricette da sistemare e da imparare.
Posso chiederti cosa ha portato allo split con Luca Pancaldi? Avete già individuato un sostituto o anche dal vivo ti stai occupando delle parti cantate?
Sappiamo tutti che non è facile campare di musica. E lo è ancora meno quando suoni un genere così particolare come il progressive, specialmente in Italia dove è considerato un genere estremamente di nicchia. Pancaldi si è trovato ad un bivio e per questioni di stabilità sua personale ha scelto giustamente di dare la priorità al proprio lavoro. È stata una scelta difficile sia per lui che per il gruppo, ma che tutti abbiamo rispettato. Ha cantato la mia musica per dieci anni ed è stato parte del sound identificativo dei Barock Project. Come il nostro pubblico ha potuto già apprezzare durante i nostri live, il nuovo cantante è Alex Mari, un ottimo cantante, molto preparato dal punto di vista tecnico e con una bella estensione sui registri acuti. È inoltre una piacevole persona sia dentro che fuori dal palcoscenico.
Ho notato che per quanto riguarda i Barock Project state spingendo molto sull’estero, è un’impressione? Il mercato italiano non vi dà abbastanza soddisfazioni?
No, il mercato italiano ci da' pochissime soddisfazioni. Ma intendiamoci, non mi sto lamentando. Nel tempo ho capito che qui c'è un altro tipo di mercato, ci sono altre aspettative e soprattutto c'è una cultura differente rispetto ad altri paesi esteri. In linea di massima qui si usa molto puntare all'intrattenimento fine a se stesso, ma la musica è un'altra cosa per quanto mi riguarda. Detto questo, non è una tua impressione il fatto che ci rivolgiamo di più all'estero. È semplicemente dato dal fatto che là abbiamo seguito e siamo conosciuti, sin dai primi dischi.

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È passato relativamente poco tempo tra l’ultimo album e il precedente “Skyline”. Quanto impieghi mediamente a scrivere un brano? Qual è il metodo di lavoro?
Dipende da cosa mi sta succedendo nella vita. Se è un periodo turbolento, puoi star sicuro che scrivo un disco in meno di un anno. Dipende da ciò che mi ispira, dai miei stati d'animo e dalle esperienze che vivo. Se per esempio vivo un periodo di lunga routine, mi blocco e non avendo nuovi stimoli non scrivo. Mi basta un viaggio, anche di un giorno soltanto e in solitaria per far si che qualcosa di decente possa arrivarmi nella testa per poterla scrivere. Un tempo ero molto più prolifico, ero più giovane e quindi anche molto meno esigente con me stesso. In ogni caso , posso cominciare un brano e finirlo il giorno stesso (come è avvenuto con "Broken") oppure posso tenerlo in un cassetto e lavorarci per anni (come è avvenuto con "Gold").
Non vorrei sbagliarmi ma mi pare che sia la prima volta che i tuoi compagni di gruppo partecipano attivamente al songwriting…
Il mio desiderio è sempre stato quello di collaborare nel gruppo. Ed è così che un gruppo dovrebbe fare! Ma in passato è stato veramente frustrante, era praticamente impossibile avere un contributo dagli altri e dunque ero costretto a scrivere e ad arrangiare il brano finito da solo, persino i testi! E sono davvero pessimo come autore di testi... Da "Skyline" in poi, con l'arrivo di Marco ma soprattutto Eric, tutto è stato più semplice e stimolante. Per "Detachment" ad esempio in alcuni brani ho registrato le demo grezze nel mio studio, ho preso i due ragazzi e ci siamo chiusi in studio con quelle demo. Ho chiesto loro di metterci tutte le idee che venivano loro in mente e abbiamo cominciato a svilupparle facendo jam. Nel frattempo ci registravamo in multitraccia e, una volta a casa, ognuno lavorava sulle tracce e sulle strutture. Così è avvenuto con un paio di brani del disco. Ho chiesto inoltre se avessero dei brani loro da poter inserire nel disco e quando ho sentito la demo di "Promises", brano interamente di Eric, ho voluto subito registrarla per inserirla nel disco. Quindi sì, è un disco molto più di gruppo rispetto ai precedenti.
Cosa significa “Detachment”?
In linea generale, "Detachment" tratta sostanzialmente le fasi più importanti del distacco, quello emotivo ma anche quello fisico. Quel distacco che può essere dovuto all'abbandono di un luogo o da un oggetto a noi caro e che inizialmente ci fa tanto soffrire, per poi farci riflettere. Il nostro cervello entra in uno stato di autoprotezione e salvaguardia e, dopo le fasi della disperazione, dell'incomprensione, della rabbia e del senso di colpa, arriva all'accettazione, cominciando a farci vedere tutto quanto sotto un'altra prospettiva. In poche parole, dopo il dolore, cresciamo e impariamo automaticamente ad essere più saggi, ripercorrendo gli eventi in maniera più obiettiva e con uno spirito critico lontano dal distruttivo. Questa è la filosofia della trama che percorre i brani di "Detachment".

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Quale pensi che sia il brano più rappresentativo del full-length? Perché?
Forse "Broken", anche se ho affidato il cantato a Peter Jones e dunque non è cantata da me. Mi piace pensare che stilisticamente racchiuda comunque tutta l'essenza dei Barock Project. Ricordiamoci che gli ingredienti che non devono mai mancare in una canzone di questa band sono una forte melodia, un pizzico di sapore barocco, una solida base rock che faccia da fondamenta. Ma la liricità è quello che per me è più importante e credo dunque che "Broken" abbia tutti questi ingredienti.
Hai avuto l’opportunità di collaborare con “pesi massimi” del rock progressivo come Vittorio De Scalzi: c’è qualcuno in particolare con cui ti piacerebbe lavorare in futuro?
Uno dei miei sogni è Ian Anderson (fondatore dei Jethro Tull, ndr). Mi piacerebbe comunque lavorare anche con Steven Wilson o avere la partecipazione alla voce da parte di David Longdon dei Big Big Train che apprezzo molto.
Viviamo in un’epoca di “backing tracks”: perché secondo te è diventato così difficile per i tastieristi farsi strada nell’universo rock?
Mi spiace dirlo ma la figura del tastierista, dopo gli anni '80, è diventata obsoleta. A che cosa serve un musicista che sul palco sta immobile dietro ad una "scrivania" come se fosse in ufficio, quando hai il chitarrista che salta da tutte le parti e "fa figo"? E poi hai il bassista, che per alcuni sembra un chitarrista... poi hai il batterista che fa molto "rock" e soprattutto "fa rumore"... e il cantante che è il leader indiscusso di una band. Chiedi al pubblico che la sera prima era ad un concerto rock se si ricorda del tastierista... ammesso che ce ne fosse uno.
So che sei molto attivo anche sul fronte social: cosa ne pensi di questi strumenti?
Credo che i social siano un'arma a doppio taglio. Sappiamo tutti quanto siano utili dal punto di vista promozionale e lavorativo e questo sta aiutando un sacco di artisti, fra i quali anche il sottoscritto. Ma per il resto, bisognerebbe prenderli a piccole dosi. Stiamo basando le nostre vite sulle quantità di "like" ricevuti e non ricevuti, forse qualcosa non va. Non mi piace l'uso dei social quando c'è l'ostentazione al mettersi in mostra, a fare la "gara dell'Io" più potente. Inoltre la chat è diventato il mezzo con il quale comunichiamo di più, ma ricordiamoci che è anche fonte di facili fraintendimenti. Ciò che mi spaventa di più è il fatto che un tempo andavo in un locale o in un ristorante e vedevo la gente parlare fra loro, mentre ora ne vedo tanti seduti uno a fianco all'altro, se non di fronte, ma con la testa china sui loro telefoni.
Lo chiedo a tutti, non posso esimermi davanti a un tastierista: cosa ascolti quando non scrivi musica?
Dipende molto dai momenti. Paradossalmente, al contrario di come molti pensano, ascolto di tutto tranne il prog. Mi piace ascoltare davvero tanti generi, tra cui l'indie rock britannico dei The Kooks, oppure Travis. Commercialmente ho ascoltato per anni i primi Coldplay che ancora apprezzo, tranne gli ultimi dischi , non li capisco proprio. Posso ascoltarmi i "Concerti Brandeburghesi" di Bach in macchina, oppure cantautori italiani che apprezzo molto come Samuele Bersani, Daniele Silvestri e Niccolò Fabi, oltre al nostro grande Lucio Dalla. A volte ho trovato utile "spurgare" la mente ascoltando musica antichissima, come Guillame De Machaut o Leonin. Si pensi che è musica di quasi mille anni fa, ma ha una tale ricchezza al suo interno... a volte mi sembra che quella musica venga dal futuro.

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Altra domanda obbligatoria: cos’hai provato per la morte di Keith Emerson?
Ho provato una profondissima tristezza. Considerando che per me è stato il più grande maestro di musica che io abbia avuto sin dall'infanzia, è stato realmente come se avessi perso una parte di me e di quei giorni in cui a dieci anni mi riversavo i suoi vinili sulle cassette, sognando un giorno di poter fare sul palco quello che faceva lui. Sono rimasto parecchio stordito, in particolare per il modo in cui è avvenuto il fatto. Io stavo rientrando da un concerto tenuto su una pista sciistica in Trentino e ho appreso della notizia proprio dai social durante il ritorno. Inizialmente speravo fosse una delle solite fake news, ma presto confermarono l'accaduto.
Bene Luca, grazie per il tuo tempo e in bocca al lupo per tutto! A te la chiusura…
Grazie a Metal.it per l'opportunità! Un saluto a tutti i vostri lettori!

Intervista a cura di Gabriele Marangoni

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