Armageddon: Sometimes They Come Back

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Gruppo:Armageddon

Singolare la natura degli svedesi Armageddon, band nata dalla mente di Christopher Amott nell'ormai lontano 1997 ma capace oggi, diciotto anni dopo, di ritornare sulle scene con tutti i crismi del gruppo emergente. Questo perchè, negli anni, il gruppo ha saputo cambiare pelle disco dopo disco (se ne contano quattro, alla data odierna) in un vorticoso susseguirsi di musicisti. Elementi più o meno noti della scena metal mondiale (sono transistati da queste parti, tra gli altri, Van Williams, Daniel Erlandson, Peter Wildoer e Dick Lövgren) si sono affiancati via via all'ex ascia degli Arch Enemy sino a ricreare un sound che, partendo da matrici melodic death, ha saputo crescere anno dopo anno, sino a raggiungere una dimensione personale con il nuovo 'Captivity & Devourment', lavoro registrato manco a dirlo con una formazione nuova di pacca, presentato a Metal Hammer dallo stesso Amott, intercettato in una tappa americana del tour degli Arch Enemy poco prima che lasciasse definitivamente il posto a Jeff Loomis.

“Oggi la band è formata, oltre che dal sottoscritto, dalla bassista Sara Claudius,dal chitarrista Joey Concepcion, dal cantante Antony Hämäläinen e dal batterista Márton Veress – attacca, presentando il suoi nuovi compagni di viaggio - Joey ha maturato una buona esperienza suonando in alcune band locali nel Connecticut, Marton è ungherese e ha suonato con i connazionali Pokolgep mentre Sara è una chitarrista che conosco da una vita ma che, per noi, ha accettato di passare al basso, oltre che occupasi di buona parte dei testi. Màrton infine si è unito al gruppo ad album ormai ultimato. Il disco è stato registrato da un session player, Nick Bunczk, che ci ha aiutato in studio ma non ha potuto unirsi in pianta stabile alla band e seguirci in tour Anthony è l'ultimo arrivato, si è unito a noi solo a gennaio proveniente dai Meridian Dawn in sostituzione del vecchio singer Matt Hallquist”
L'attenzione si sposta quindi su 'Captivity & Devourment', disco che segue di tredici anni il precedente 'Three' la cui gestazione, come da ammissione dello stesso Chris Amott, è stata estremamente complicata
“Ci ho messo quasi due anni a scrivere, arrangiare e registrare questo disco... - spiega - un tempo lunghissimo ma ho voluto prendermi tutto il tempo necessario per fare un ottimo lavoro. Il mio obiettivo era quello di registrare il mio miglior disco, ero estremamente motivato nel realizzare un gran disco senza alcun compromesso. Per farlo ho dovuto prima trovare i musicisti giusti che potessero accompagnarmi in questa nuova avventura, quindi, una volta inquadrata la band, abbiamo iniziato la lavorazione. Per realizzare 'Captivity & Devourment' abbiamo utilizzato diversi studi differenti, uno in America per batteria e voce, il mio studio personale per chitarre e basso e tutto è stato poi mixato in Svezia. Il risultato penso sia eccellente e personalmente sono molto orgoglioso di quanto realizzato”
'Captivity & Devourment' presenta un sound estremamente moderno anche se il glorioso passato di Amott ritorna nelle melodie dei riff e negli assoli
“Io volevo solamente scrivere buona musica e canzoni orecchiabili, tutto il resto non conta. Quando componevo non badavo troppo se il materiale che usciva si avvicinava o meno a quanto fatto con gli Arch Enemy, penso che sia uscito tutto in modo molto sponteneo. Personalmente del resto non mi è mai interessato, io pensavo solo a scrivere la migliore musica possibile”.
L'attenzione si sposta quindi sulla tendenza delle nuove band di affidarsi alle moderne tecnologie per ricreare il sound ideale in studio, opzione questa che cozza con la mentalità da virtuoso iper tecnico dello stesso Amott, che onestamente ammette
“Io ho sempre cercato di progredire come musicista e riuscire a portare la mia musica sul palco con la stessa intensità del disco, perchè trovo sterile produrre dischi che non possano poi essere suonati dal vivo. Purtroppo la scena musicale, grazie alle tecnologie introdotte, ha creato una grande falla in questo senso. Oggi è possibile allestirsi in casa uno studio di registrazione decente senza fare grandi investimenti, e se hai dei limiti tecnici passi tutto in Pro Tools e risolvi ogni problema. Ormai paradossalmente puoi fare il musicista senza essere capace di suonare un singolo strumento! Peccato che poi ci sia l'esame del palco, e qui i trucchi non esistono: se non sei capace di fare nulla, il palco ti smaschera. E' inevitabile. Quello che mi chiedo è cosa serva inserire in un pezzo un passaggio di doppia cassa fatto al computer, se poi non si è in grado di riproporlo dal vivo...Sia chiaro, togliere il fattore umano da un disco può essere visto come una forma d'arte, ci possono essere emozioni anche in una musica fredda e robotica, io certe scelte non le condanno, però non fanno per me...”
In conclusione uno sguardo al futuro, con un tour che, partendo dagli Stati Uniti dovrebbe portare gli Armageddon a sbarcare anche in Europa
“Abbiamo da poco lanciato il nostro primo video promozionale per la canzone 'Fugitive Dust' ed ora mi sto godendo un po' di relax in Svezia dove tengo giusto qualche clinic di chitarra. Abbiamo iniziato a rodarci dal vivo con una serie didate in America a febbraio ed ora stiamo pianificando alcune cose. Il nostro obiettivo è quello di sbarcare anche in Europa e speriamo di arrivare a toccare con il nostro tour anche l'Italia, perchè quello che abbiamo in serbo per i nostri fan è qualcosa di speciale. Lo spettacolo è qualcosa di molto intenso, ci saranno proiezioni, giochi di luci e una scaletta che dovremmo suonare tutto il disco per interno. Sarà qualcosa di fantastico”.

Intervista raccolta da Luca Bosio
Intervista a cura di Fabio Magliano

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