Room Experience: the door is open …

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Niente paura. Per una volta vi risparmierò il solito “pippone” su come un progetto di hard melodico di concezione italica possa avere uno spiccato “respiro internazionale” e sia in grado di garantire a tutti gli chic-rockers quelle sensazioni che ci si attendono dai grandi del settore.
Sarà sufficiente arrivare a indurvi, in qualche modo, a prendere contatto con i Room Experience, all’esordio con il loro favoloso albo omonimo, e tutto sarà subito “chiaro”, senza dover tirare in ballo stucchevoli dissertazioni su pregiudizi, campanilismi ed esterofilie …
E allora, se ancora non sono riuscito nell’intento con la mia recensione dell’opera, mi auguro di farlo tramite le simpatiche e interessanti parole dell’ottimo Gianluca Firmo, mastermind del gruppo e nome nuovo in un brillante team di lavoro che comprende “luminari” come David Readman (Pink Cream 69, Voodoo Circle, Adagio, …), Pierpaolo "Zorro11" Monti (Shining Line, Charming Grace, Lionville), Davide "Dave Rox" Barbieri (Wheels Of Fire, Charming Grace), Steve De Biasi (Gunshy, Charming Grace) e Amos Monti (Shining Line, Charming Grace, Lionville), oltre a una sequela di prestigiosissimi ospiti.
Leggete e ascoltate (va bene anche viceversa!) e sono certo che arriverete anche voi all’unica conclusione possibile … trovare nella vostra top playlist annuale un posto già occupato …

Ciao Gianluca, grazie per la disponibilità e benvenuto sulle gloriose pagine di Metalhammer.it! Dopo i necessari complimenti per i Room Experience, è altrettanto doveroso pregare un “esordiente” come te di presentarsi brevemente ai nostri lettori …
Ciao Marco. Grazie a te e a metalhammer.it. E grazie anche per la bellissima recensione dell’album. Devo presentarmi tipo seduta terapeutica di gruppo?
Ciao … sono Gianluca, ho 41 anni e da 40 non ascolto più hip hop :)
Battute a parte, sono nato e vissuto a Brescia e la passione per la musica me l’hanno trasmessa fin da piccolissimo i miei genitori, grazie ai quali ho sempre ascoltato di tutto: dalla musica lirica a quella popolare. Il rock invece me lo sono scoperto da solo e l’ho fatto scoprire anche a loro. Inoltre, avendo la fortuna di avere uno zio che è un apprezzatissimo maestro, da piccolo ho ricevuto anche lezioni di pianoforte. Solo che, nonostante fossi un avido ascoltatore di musica, a un certo punto ho lasciato perdere lo studio dello strumento in nome di passatempi meno faticosi e più gratificanti, per un ragazzino. Quando ho cominciato a sentire la voglia di scrivere pezzi miei, ho rimpianto di non aver continuato con le lezioni di piano, ma mi sono consolato col fatto che tanto preferisco cantare.
Per poi raccontarci “tutto” su com’è nato il progetto, come hai incontrato i tuoi partners in crime e quali sono state le basi artistiche comuni su cui è stata edificata la costruzione del disco …
Beh ... l’incontro, casuale, che ha dato il via al tutto è stato quello con Davide a una serata tributo a Bon Jovi. Sono andato a complimentarmi con lui per il lavoro su Charming Grace e in particolare perché lui e Zorro sono riusciti a farmi piacere con la loro cover una delle poche canzoni di Bon Jovi che non sopportavo. Poi ci siamo tenuti in contatto e, attraverso la rete, su cui ogni tanto postavo i miei demo per farli sentire agli amici, ha avuto modo di ascoltare qualche canzone. Poi le ha fatte sentire anche a Zorro e abbiamo deciso di incontrarci tutti insieme per vedere se se ne poteva tirare fuori qualcosa. Fortunatamente sì! Quindi ho chiesto loro di occuparsi della produzione dell’album.
Per quanto riguarda le basi artistiche comuni, mi verrebbe da dire che all’inizio non sono state una priorità e le abbiamo scoperte strada facendo, ma, come spesso accade, sono state soprattutto quelle non comuni ad arricchire la proposta, perché ci hanno dato occasione di confronto e ci hanno permesso di smussare alcuni lati della “personalità musicale” di ciascuno di noi. Davide, per esempio, quando si tratta di arrangiare è molto elegante e questo ha sicuramente contribuito a rendere meno scontati e ad allungare la vita d’ascolto di alcuni pezzi nei quali l’orecchiabilità rischiava di essere eccessiva. Direi che la regola che ha regnato sovrana è stata: ogni cosa al servizio delle canzoni. Ovviamente non vuol dire che tutto sia stato rose e fiori e in alcuni casi ne sono nate discussioni “artistiche” anche per piccole cose: un pomeriggio abbiamo passato 20 minuti a discutere sull'accento di un singolo colpo di cassa in “Another Day Without You”. Però se ti confronti con onestà e non in nome di fantomatici principi, il risultato non può che guadagnarne.
La scelta di un cantante come David Readman è sembrata a molti (me compreso!) leggermente “audace”, tenendo conto dei presupposti del gruppo … il risultato è stato molto convincente, ma com’è maturata la decisione di affidare al singer inglese la conduzione vocale dell’opera?
È stata la prima scelta importante da fare. Prima di tutto, preferivo l’idea di un unico cantante con cui identificare le canzoni. Poi considera che le canzoni io le avevo scritte per me, quindi qualsiasi cantante scelto, a prescindere dalle sue qualità, avrebbe dovuto “adattarsi”. Dalla nostra avevamo la fortuna che, scegliendo da una lunga lista di brani che ho scritto negli anni, avremmo potuto modificare la tracklist, se non fossimo riusciti a coinvolgere il cantante che speravamo; in ogni caso serviva qualcuno che potesse rendere brani molto diversi tra loro. Di una cosa comunque ero certo: in senso assoluto, non sono un’amante delle voci AOR più melodiche e con un timbro morbido, pulito e più acuto perché a me spesso risultano un po’ fredde. Ho una preferenza per le voci con timbri bassi (magari un po’ ruvidi) che sanno spingersi in alto quando serve … voci più tipiche dell’hard rock, se vogliamo metterla così. Su queste basi, ancora una volta mettendo insieme le idee di tutti e coinvolgendo anche nel consiglio i miei fratelli, che sono appassionati del genere persino più di me, abbiamo preparato una lista di possibili cantanti, che era piuttosto ristretta. Se grazie ad Alessandro Del Vecchio non fossimo riusciti a coinvolgere David, avremmo dovuto rivedere buona parte dei nostri progetti.
Per quanto riguarda il fatto che sia una scelta “audace” rispondo “ni”: sicuramente è una scelta che darà l’occasione di mille confronti, e il gusto personale di ciascuno degli ascoltatori non si discute. Forse, anzi … probabilmente ci sarebbe un cantante più adatto di David in ogni canzone presa singolarmente, ma considera l’intera tracklist e prova pensa, per esempio, a “One Way Out” e a “The Only Truth”: ti vengono in mente molti cantanti in grado di rendere bene tutte le canzoni?
Inoltre credo che il suo timbro abbia caratterizzato ancora meglio le canzoni, rendendole meno morbide. E poi dai … permettimi di dirlo anche se non dovrei, visto che si parla del nostro disco, ma anche se il gusto è gusto, non riconoscere a David di aver sfoderato una prestazione maiuscola, adattandosi a tanti stili diversi, sarebbe un torto immenso nei suoi confronti.
Un team di lavoro prestigioso, tanti ospiti importanti e un “carneade” del settore … sono curioso di sapere come si sono svolte le fasi di lavorazioni dell’albo e, soprattutto, come hai vissuto l’intera esperienza … un tourbillon di sensazioni, immagino …
No, Carneade no, per piacere ... speravo di essermi liberato di lui una volta per tutte dopo aver chiuso i Promessi sposi!! Ah Ah Ah ...
Hai detto giusto: un tourbillon di sensazioni. Vivo da sempre immerso nella musica e ho anche un sacco di amici musicisti, ma lavorare a un album con le mie canzoni (con un obiettivo più ambizioso che farle sentire solo ai miei vicini) è stato completamente nuovo. È passato un anno e mezzo senza che quasi me ne accorgessi e allo stesso tempo mi sembrava di non finire mai. Tuttavia, arrivare al master e, dopo ancora, ricevere il primo cd sigillato inviato dall’etichetta ha ripagato di tutti gli sforzi e le attese. Non capita molto spesso di avere tra le mani il risultato tangibile del proprio impegno ed è una sensazione veramente bella.
All’inizio abbiamo scelto i pezzi, facendo liste separate delle nostre canzoni preferite ... poi abbiamo messo in comune le liste e incluso nella tracklist finale le 4-5 canzoni che comparivano in tutte.
Per completarla, abbiamo scelto tra le altre cercando di mantenerla equilibrata tra pezzi veloci, mid-tempo e ballads. Poi, canzone per canzone, abbiamo prima de-costruito i miei arrangiamenti originali, eliminando tutto ciò che era brutto o anche solo fuori contesto, e poi abbiamo ricostruito e risuonato tutto da zero, individuando e coinvolgendo di volta in volta i musicisti più adatti. In questo Zorro è un maestro: limitandomi ai chitarristi, credo che ognuno di loro abbia il tipo di “tocco” perfetto per le canzoni che hanno suonato. Personalmente, ho avuto i brividi quando ho sentito la prima volta l’assolo di “The Only Truth” (courtesy of Mr. Sven Larsson n.d.a.).
Ho trovato la tua scrittura molto interessante, “classica” senza eccessi nostalgici, variegata e mai troppo “ruffiana” … direi, anzi, che proprio la versatilità delle partiture è una delle carte vincenti primarie dell’opera. Ti va di raccontarci qualcosa della “storia” di questi brani, quando sono stati composti e quali sono stati i numi tutelari a sostenerti nel conseguimento di esiti così soddisfacenti e sorprendenti?
Prima di tutto grazie dei complimenti … fa davvero piacere sentirtelo dire. Sai che c’è? Anche se per attitudine tendo a pensare sempre i pezzi in chiave rock, cerco di mantenere molto varia la mia esperienza d’ascolto, perché sono convinto che in ogni genere ci possa essere qualche idea o qualche soluzione che vale la pena di apprezzare e anche perché ogni tanto sento il bisogno di “resettare” le orecchie ascoltando suoni e stili diversi. Probabilmente la varietà delle canzoni nel disco dipende da questo, oltre che dal fatto che sono state scritte in un ampio arco temporale, durante il quale la mia scrittura è stata esposta a vari tipi d’influenze, sia musicali che personali. Quanto all’essere “classica”, credo che si capisca chiaramente che le mie radici sono affondate negli anni 80 e che adoro le atmosfere e le sonorità di quel periodo (o almeno spero si capisca). Però allo stesso tempo credo che cercare di riprodurre esattamente quelle sonorità, anche ammesso di volerlo fare, sia un miraggio: è cambiata la tecnologia, il gusto per il suono, sono cambiati i modi di lavorare e di scrivere, è cambiato il modo di ascoltare e far ascoltare musica. Noi stessi siamo figli di un decennio diverso rispetto a quello degli artisti che suonavano negli anni 80. Non si può passare sopra a tutti questi cambiamenti facendo finta di niente: credo che l’evoluzione sia una parte fondamentale della vita e della musica. Un po’ di nostalgia è un bene. Chiudersi nel pensiero che niente sarà bello come una volta, vuol dire respingere le opportunità. Qualcuno, credo Stephen King, ha detto che diventando vecchi si diventa “custodi del museo delle idee” ed io, per quanto possibile, vorrei evitare di finire così.
In ogni caso, credo che sia sempre importante non vendersi per quel che non si è.
Io scrivo la musica che mi piace ascoltare: diretta, magari un po’ ruffiana entro certi limiti, solare … credo fermamente che la difficoltà di un pezzo debba pesare esclusivamente sulle spalle dell’autore e dei musicisti, mentre all’ascoltatore debba essere garantita la possibilità di goderselo senza doversi sforzare di capirne struttura e quant’altro. Altrimenti si rischia di cadere nel virtuosismo fine a se stesso!
Avrei un sacco di curiosità sulle singole canzoni del disco, ma diciamo che cercherò di “farmi violenza” e mi limiterò a chiederti qualche approfondimento, anche sotto il profilo dei testi, “solo” su “Another day without you”, “Rainbow in the rain”, “No sign of summer” e “Only goodnight”, per quanto mi riguarda i momenti più significativi di un lavoro privo di fantomatici filler!
A proposito di anni 80: uno dei miei pezzi preferiti di sempre è “I like Chopin” che di rock non ha un bel niente. “Another day without you” è nata perché volevo inizialmente scrivere un pezzo di quel tipo e il riff di piano che apre la canzone ne è un gran bell’indizio. Poi però, come ho detto poco fa, mi viene istintivo ricondurre la musica a ciò che conosco meglio: il rock. E quindi “Another day without you” si è evoluta prendendo la forma che ha oggi. “Rainbow in the rain” non ha una particolare storia musicale, invece. L’unica curiosità al riguardo è che avevo appena terminato una delle mie canzoni preferite (allegra ed esclusa dalla tracklist di R.E.) e per sfizio, mi ero fissato di creare una ballad sullo stesso identico giro di accordi. Così è nata “Rainbow”, ma anche in questo caso non ho mantenuto i propositi iniziali e ho ribaltato la canzone durante la scrittura. Tra l’altro, su “ordine” di Davide e Zorro, ho riscritto il bridge durante la lavorazione del disco … il bridge precedente aveva una melodia più lunga e meno incisiva.
La versione originale di “Only goodnight” è stata scritta, suonata, registrata e cantata in meno di metà pomeriggio, testo incluso, ma nella mia versione si chiudeva senza la bellissima coda finale. L’idea della coda è venuta a Davide e Zorro ed onestamente è uno dei momenti del cd che in assoluto preferisco. E’ nata dall’assoluta libertà artistica lasciata a tutti e così sulla batteria di Zorro, Amos ha completato la sezione ritmica … poi Dave ha aggiunto le sue controvoci, io il mio coro basso … Steve ha completato tutto con uno splendido outro-solo e David ha messo il suo fiocchetto con una lead vocal da brividi: è praticamente stata una jam-session a distanza, sia spaziale che temporale. “No signs of summer” è un’altra di quelle canzoni “avrei voluto essere …”: in questo caso ero partito con l’idea di scrivere un pezzo con un’atmosfera alla “Boys of summer” di Don Henley … e anche in questo caso mi sono smentito da solo. Tra l’altro la versione originale l’avevo scritta in italiano, cosa che faccio pochissimo, e s’intitolava “Non è più estate”. Ho parlato per ultima di questa canzone perché, visto che mi hai chiesto anche dei testi, ti dirò che questo è uno dei testi che preferisco sull’album: l’estate che se ne va non è nient’altro che l’innocenza che smarriamo crescendo. Non intendendo questo in senso negativo: credo che sia una cosa naturale e bella, ma che allo stesso tempo, lascia una punta di rimpianto. Fai una cosa che non hai mai fatto, come lanciare i sassi per farli rimbalzare sul mare o costruire castelli di sabbia, e farlo ti regala emozioni e divertimento. Ma allo stesso tempo è qualcosa che non farai mai più per la prima volta e tutto ciò che diventa ricordo o esperienza, ti toglie un po’ di quello sguardo innocente che io continuo a “invidiare” ai bambini.
Ah, beh, quasi mi dimenticavo … ovviamente “esigo” ragguagli anche sulla fascinosa “ghost-track” che chiude il Cd …
La “fascinosa” ghost track si chiama “Something in the Wind” e non doveva essere parte del disco, anche perché all’inizio non esisteva proprio :). Mentre stavamo lavorando a Room Experience, Zorro mi aveva chiesto di scrivere un pezzo per un altro dei milioni di progetti che sempre gli frullano in testa e così ho fatto ... inizialmente la ghost track doveva essere un’altra, ma è sopraggiunta la necessità di sostituirla (non posso dire perché, ma fidatevi ... sono buone notizie!). Così, visto che io ci tenevo a cantare un po’, all’ultimo abbiamo deciso di utilizzare “Something in the Wind”. Quando aprirete il booklet, se cercate con un po’ di attenzione (ma nemmeno troppa, ne serve) potreste trovare un indizio che vi guiderà alla scoperta di altri dettagli di questa canzone e sicuramente di una “bella” (e brava) sorpresa alle chitarre ... ma non vorrei togliervi il gusto della caccia al tesoro rivelando tutto qui. Una cosa è certa, però ... è l’unica canzone completamente made in Italy di tutto il disco. Olè!
“Room Experience” esce per la Melodic Rock Records, l’etichetta di una delle “bibbie” del web in fatto di AOR e affini … un’altra importante gratificazione … com’è nata questa collaborazione?
Beh, sai … come hai detto tu chi ama questo genere, conosce melodicrock.com e Andrew McNeice. Quando abbiamo terminato i lavori del disco, l’abbiamo proposto a varie etichette ed è stato ovvio proporlo anche ad Andrew per la propria. Al di là di una proposta che a me è sembrata veramente molto buona, quello che mi ha convinto fin da subito (Zorro testimone!) è l’entusiasmo che Andrew ha mostrato per il disco. Siccome io stesso sono una persona entusiasta, mi piace vedere che le persone non cercano giri di parole o tentennano nel dare un giudizio e una risposta: a lui il disco è piaciuto subito e subito ha fatto una proposta. Per me aveva già vinto. Inoltre, per quel che posso testimoniare io, è davvero di una disponibilità totale: trova sempre il tempo per rispondere a dubbi o richieste. Come ho già avuto modo di dire altrove, se si potesse concludere un contratto con una stretta di mano, come si faceva una volta, ad Andrew stringerei la mano con estrema fiducia.
Da “scribacchino” e da appassionato devo ammettere di vivere (ultimamente soprattutto … sarà l’età …:) ) con un certo “fastidio” la sensazione di superficialità che sta contraddistinguendo i nostri tempi … gente che si preoccupa più di cavillare sul genere di appartenenza di una proposta musicale che di ascoltarla, altri che esprimono giudizi “definitivi” su un disco dopo averne distrattamente ascoltato un paio di pezzi su youtube, ecc. Mi piacerebbe conoscere la tua opinione sul tema, sia da “addetto ai lavori” e sia da musicofilo …
Riguardo alle definizioni del genere di appartenenza, con me sfondi una porta aperta. Oh … sia chiaro … so distinguere anch’io se sto ascoltando un pezzo di liscio o di heavy metal ... ma a prescindere non m’interessa farlo. Sono del partito di quelli che distinguono tra musica che mi piace e musica che non mi piace. Le altre suddivisioni vanno bene per i libri e per le discussioni tecniche o tra musicisti, ma a me interessano poco. Io, onestamente, non sono in grado di stabilire l’esatto valore di distorsione per cui un pezzo passa dall’essere AOR, all’essere Rock o ancora Metal ...
Sono molto d’accordo sulla superficialità nell’ascolto o, a volte, nell’eccessiva profondità dell’ascolto: si è un po’ persa l’abitudine ad ascoltare per piacere. Ogni ascolto è sempre finalizzato alla ricerca della cosa sbagliata, della parte debole, o, per contro, del momento eccellente ... si spezzano le canzoni in tante note, senza godersi la melodia nel suo insieme. Ci vuole anche l’analisi critica, ci mancherebbe, ma dovrebbe venire in un secondo momento.
Sono meno d’accordo con la severità verso chi esprime i giudizi, invece: proprio perché penso che sia inutile cavillare sulla musica, credo che sia giusto che chiunque abbia la possibilità di esprimere un parere, anche definitivo e anche senza aver la competenza necessaria per farlo. D’altronde quando ci si espone a un giudizio, non si sceglie il pubblico. Semmai tocca a chi riceve le critiche, buone o cattive, filtrarle e decidere quali pareri tenere in considerazione. Certo … sarebbe preferibile ricevere opinioni solo da gente preparatissima che ha ascoltato i dischi su impianti della massima qualità e che con un’osservazione può darti molti spunti per il miglioramento, ma siccome non è così, tocca a noi scegliere quali critiche possono essere utili e quali no.
La tua vicenda, per certi versi, sembra un po’ una bella “favola” … da completo “sconosciuto” a “new sensation” del rock melodico italiano … nella speranza che il “lieto fine” sia ancora più “lieto” e che la risposta della “scena” sia tale da garantirti di continuare, come hai ampiamente dimostrato di meritare, la tua attività, ti chiedo quale consiglio ti senti di dare a chi non ha ancora trovato il modo di far uscire la passione e il talento dalla sua “cameretta” …
Ullallà … addirittura new sensation ... sembra un po’ il nome di uno shampoo, però.
Comunque non ho un’esperienza tale da permettermi di dare consigli: posso dire che per me è stato importante fare la musica che mi piaceva per il semplice gusto di farla. È arrivata quest’opportunità ed ha dato una dimensione tutta nuova al mio impegno musicale, ma se non fosse arrivata, sarei stato ugualmente bene perché stavo facendo qualcosa che mi piaceva. E poi è stato importante potermi confrontare onestamente con persone valide, accettandone i consigli, ma senza rinunciare alla mia idea di musica: una cosa che mi sono sempre sentito dire, per esempio, è che less is more. Per me invece less is less ... non solo mi piacciono gli arrangiamenti pieni, ma mi piace anche che ci sia una grande varietà di suoni … a volte magari eccedo anche. Però quella è la mia idea di musica e se mi fossi proposto diversamente, chissà … forse le mie canzoni alle orecchie di Zorro e Davide avrebbero suonato come tante altre e oggi non ci sarebbe Room Experience …
Ah ... come ultima nota ... è vero che è nato tutto per caso, ma Davide l’ho conosciuto andando ai concerti, non standomene chiuso nella mia stanzetta ;)
Immancabile, a questo punto, la domanda sui “progetti futuri” …
… e immancabile la risposta è “boh!”. L’unica cosa certa è che sto continuando a scrivere canzoni, ma è prematuro parlare di progetti … preferisco vedere cosa succede con Room Experience. Tanto di materiale pronto, volendo, ce n’è in abbondanza per il seguito e il seguito del seguito ...
Nel rinnovare ringraziamenti e complimenti, non mi resta che lasciarti il “microfono” per le ultime parole dell’intervista …
Ed io nuovamente ringrazio te dei tanti complimenti e Metalhammer per l’ospitalità. Un saluto a tutti i vostri lettori, anche a quelli che si sono annoiati alla seconda risposta e hanno smesso di leggere prima :) Portategli voi i miei saluti e naturalmente … Rock on!
Intervista a cura di Marco Aimasso

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