Alla scoperta del Prog Italiano: 10 Dischi non famosi per apprezzarne il lato più misterioso

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Pubblicato il:01/12/2023
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Il Progressive Italiano, movimento musicale ed avanguardistico simbolo degli anni ’70 tricolore; una scena particolarmente, incredibilmente fertile che fu in grado di rendere il panorama musicale italiano più presente sulla scena mondiale e non troppo ancorato alle regole della tipica canzone italiana. Gruppi ed artisti che, in molti casi, divennero ispiratori per generazioni di musicisti sparsi in tutto il mondo. Emblematico in questo senso il successo avuto dalla PFM negli Stati Uniti, testimoniato dall’epocale “Live in Usa” del 1974 oppure l’amore mai troppo nascosto di personaggi come Mikael Åkerfeldt e Dani Filth per band come i Goblin, capitanati dal maestro Claudio Simonetti.

Non servirebbero troppi giri di parole per descrivere l’importanza di album come “Palepoli”, “Profondo Rosso”, “Darwin!”, “Crac” o “Concerto Grosso per i New Trolls”. Dischi fondamentali, autentiche pietre miliari. Cosa succederebbe, dunque, se decidessimo di concentrarci su dischi meno conosciuti? Ai più non troppo noti, ma non per questo di valore più basso. Quel che voglio presentarvi oggi è dunque una sorta di “operazione riscoperta”, quel che ritengo essere un giusto compromesso tra gli anni d’oro del Prog e quelli più recenti. Poiché anche nei periodi più bui il Prog italiano ha saputo resistere, seppur con molte difficoltà. Sono consapevole del fatto che costruire una lista quanto più possibile esauriente sia effettivamente impossibile: impresa ardua, con un numero limitato di lavori tenere conto di tutte le svariate variabili di un genere che per sua natura non ha confini stilistici. Potrete certamente ritrovarvi in disaccordo con uno o più nomi; in caso, non abbiate remore a suggerirmi una o più inclusioni, senza alcun problema!

Ecco dunque una mia personalissima lista dei dieci dischi “non” essenziali della scena Prog italiana, che in futuro avrà sicuramente altre liste alternative:

I GarybaldiNuda (1972)
Esordio della band genovese capitanata da Pier Niccolò “Bambi” Fossati. Un lavoro sospeso a metà fra un roccioso Hard Rock e virate squisitamente Prog, si distinse all’epoca per via di un artwork di rara bellezza. Disegnata nientemeno che da Guido Crepax (padre della sensuale Valentina), la copertina ritrae una donna (Bianca, anch’essa personaggio di Crepax) sdraiata in un contesto naturalistico, sormontata da animali di vario quasi fosse una collina.
Il chitarrismo di puro stampo Hendrixiano del compianto “Bambi” ci manca e pure tanto, ed è l’asso nella manica per rendere speciale ed indimenticabile questo ibrido tra il Beat Psichedelico tutto italiano ed un Progressive d’ampio respiro tra ammiccamenti alla musica classica e al Jazz.
I Garybaldi (e lo stesso Fossati) proseguiranno nei decenni successivi con una storia abbastanza travagliata, ma “Nuda” rimane molto probabilmente il capolavoro della band genovese e noi con queste poche righe vogliamo tributarlo. Se vi piace la musica nel link qui sotto, il nostro consiglio è quello di recuperarne una copia per supportare e premiare chi fa la musica che più vi piace!




GlincoltiGlincolti (2012)
Si definiscono “Progressive Funk”, il 99% della loro musica è strumentale, in questo album e nel successivo ci suona Alberto Piccolo e provengono dalla patria del “mezzo e mezzo”: Bassano del Grappa.
Cosa poteva mai uscire da questa strana congiunzione astrale? Un pasticcio, un bel pasticcio: ironia Zappiana nelle melodie, atmosfere sbilenche dei Gong, un groove irresistibile ed una vera e propria prostituzione musicale che guarda al Blues, al Country, oltre che alla Psichedelia ed al Flamenco (!).
Un vero e proprio minestrone ricchissimo di idee, di fantasia e di grande intelligenza.
Non solo non rompono i coglioni, ma ogni ascolto è sempre divertente e frizzante.
Potrebbe essere la colonna sonora ideale di un qualsiasi capitolo della serie videoludica Super Mario.




AreaLive 2012 (2012)
Un live magico, la cui esperienza è paragonabile al veder tornare un caro amico dopo tanti anni. La formazione storica degli Area risulta “martoriata” dal tempo: tuttavia Tofani e Fariselli, con altri validi musicisti e ospiti, portano avanti l’attività live fatta di improvvisazioni varie e di loro classici riarrangiati in chiave più Jazz. L’assenza di Demetrio pesa innegabilmente, anche se in “La mela di OdessaTofani dà una buona prova vocale, mentre l’ospite femminile in “Cometa Rossa” ci dona una performance vocale assolutamente eccezionale: Maria Pia De Vito riesce nel miracolo di rimanere fedele a quanto fece Stratos e al tempo stesso metterci del suo.
Il resto invece è una piccola selezione dei classici del passato nei quali si è deciso di modificarli e risuonarli solo in chiave strumentale, ed ecco che Patrizio Fariselli dietro al suo armamentario di Pianoforte e Synth giganteggia facendo la parte del leone. Il secondo disco invece sono tutte improvvisazioni che sfuggono ad una qualsiasi logica alle quali noi siamo abituati, fortemente influenzati dall’immaginario orientale.
Ormai sono passato diversi anni dalla reunion del 2009 e da questo live album, ma la mia speranza è che questa incarnazione ci regali un ultimo album di inediti.

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Biglietto Per L’Inferno.FolkTra L’assurdo e la Ragione (2009)
Il primo cantante di questo pilastro del Prog Italiano non ha mai perso metà del suo posto, nel nostro cuore. Inutile negarlo: un carisma ed una storia particolarissimi, un vero e proprio unicum nel panorama musicale nostrano.
Eppure, la scelta di rielaborare i classici dei primi due album con registrazioni migliori, una chiave decisamente più folkloristica e l’uso della voce femminile risulta oltremodo vincente. Trovate e virate stilistiche che danno a queste canzoni un sapore differente rispetto alle loro versioni originali, non per questo snaturando la proposta e rimettendo in discussione la band.
Poi certo, le versioni originali contenute nell’esordio omonimo del ’74 o su “Il Tempo della Semina” (pubblicato solo nel 1992) sono di un livello superiore e i più oltranzisti andranno di corsa a riascoltare la voce e il flauto del compianto Claudio Canali, ma pure l’ultima fase di carriera del gruppo è tremendamente accattivante per gli amanti di queste sonorità.




CervelloMelos (1973)
Band ai più sconosciuta, fautrice di un Prog atipico e decisamente sui generis che metteva al bando le tastiere in favore di … altra strumentazione.
Corrado Rustici a molti di voi (e noi) probabilmente è un nome che dirà ben poco, anche se è collegato a quello dei compaesani Osanna e nei Nova, ma è normalissimo: dopotutto ha passato la maggior parte della sua carriera a produrre e collaborare con gente come Loredana Bertè o Herbie Hancock, da Whitney Houston, Aretha Frankline o Zucchero, passando per nomi più recenti come Elisa, Noemi o Cristiano De André tra i tanti.
Al di là dei gusti personali, un curriculum di tutto rispetto di artisti che spesso sono pure di un certo calibro nei rispettivi ambiti musicali, ma decisamente distanti da quello che trattiamo su queste righe.
Napoli come abbiamo visto a più riprese è una città che è quasi un mondo a parte, una cultura ricca e fiera e tutto ciò si è riversato pure in musica giustamente: la line up dei Cervello è parecchio atipica per una formazione Progressive, figurarsi per una band Rock quindi! Su cinque membri, ben quattro si prodigano con il flauto, vi è un sax che dà dei Jazz, due vibrafoni, la voce delicata del cantante e la chitarra ruspante del buon Corrado.
Atmosfere favoleggianti, misteriose e lontane in questo vero e proprio capolavoro che è purtroppo poco conosciuto e che potrebbe facilmente zittire molti detrattori del Progressive
Corrado Rustici e soci ci donano in questo disco un gioiello di rara bellezza, che sembra unire il Prog jazzato e fatato di “Lizard” (King Crimson) con un rude Hard Rock.
Lavoro poco conosciuto quanto indispensabile.




OdessaThe Final Day, Il Giorno Del Giudizio (2009)
Prog Rock della miglior specie tra ritmiche Funk, parti Jazzate, riffing Hard Rock e l’eleganza del Pop d’alta scuola il tutto unito in maniera assolutamente inappuntabile. Un classico moderno conosciuto da pochi, che sento vivamente di consigliarvi.
“Addirittura un classico moderno?” vi starete sicuramente chiedendo, ebbene sì: gli Odessa fondamentalmente non creano nulla di nuovo e anzi, per certi versi possono essere presi come una rilettura in salsa Neo Prog/Pop degli Area che jammano insieme ai Deep Purple, ma questo perché ad intricati (e numerosissimi) virtuosismi chitarra/tastiera, i nostri riescono a scrivere tutta una serie di melodie vincenti e ritornelli accattivanti squisitamente radiofonici che sanno coniugare con sorpresa ed eleganza alla complessità ritmico-strumentale. Un risultato assolutamente notevole, senza contare che queste canzoni non hanno quelle durate lunghe e tortuose delle suite del passato, ma vanno su durate ben più concise.
Tra le atmosfere soffuse da lounge bar di “Taxi”, quel cocktail stilistico di “Compra”, l’omaggio agli Area con “Cometa Rossa” che ci mostra come si dovrebbe fare queste operazioni, passando per la popeggiante “Leila”, la strumentale “Senza Fiato”, l’Hard Rock di “Going South” e tutto il resto della tracklist ci rendiamo conto di come questo sia un lavoro clamorosamente poco conosciuto.




Claudio Rocchi e Gianni Maroccolo VDB23/Nulla è Andato Perso (2013)
E adesso passiamo a quello che è uno dei picchi presenti in questa lista con un lavoro dai connotati Alternative Rock e fortemente Psichedelici, quello imbastito dai due, che lo uniscono con sagacia al Cantautorato e a sprazzi di Elettronica, il tutto contornato dalla più squisita attitudine Progressive.
Un lavoro parecchio ambizioso, che dura quasi ottanta minuti e che chiede più e più ascolti approfonditi per farsi conoscere. Una storia commerciale tra l’altro molto travagliata, con una pubblicazione iniziale in edizione limitata nel 2013 e successive ristampe oltre ad essere stato prodotto con un’intensa attività di crowfunding, l’album pone come basi tematiche del suo essere il cambiamento inteso come viaggio da compiersi.
Come ospiti speciali tra i tanti abbiamo l’ex CCCP Fedeli alla Linea Massimo Zamboni, il maestro Franco Battiato che con i loro interventi arricchiscono il disco, dando parecchie sfumature.
In questo substrato sonoro molto complesso e stratificato, con una produzione un po’ sporca, abbiamo un trait d’union tra il Cantautorato italiano fatto di tematiche forti e testi complessi con la Psichedelia moderna che riprendendo il ramo storico del genere, va ad esplorarne i confini più rurali e orientali, dando delle atmosfere molto affascinanti. Poi i vari ospiti alle parti vocali della mastodontica “Rinascere Hugs Suite” (venti minuti di grande musica), la chitarra inconfondibile di Ghigo Renzulli (“La Melodie de Terrence”), la perfomance vocale straniante e alienante di Rocchi, abbiamo una sorta di viaggio musicale nella storia di Maroccolo (e di rimando quindi a tutto l’Alternative italiano) in un quadro nel quale i colori variopinti dei primi Litfiba, CCCP/CSI più rustici e una sorta di preludio agli ultimi suoi lavori solisti , arricchiscono sempre di più questo lavoro.
Questo doveva essere un triplo album, contenente pure episodi strumentali e sperimentali, ma la morte di Claudio Rocchi impedì ciò: ma alla fine, mai come in questo caso tutto quello che era stato suonato, registrato e prodotto, meno male che “nulla è andato perso” e ora possiamo godere di questo testamento musicale. Un lavoro non per tutti, ma che saprà dare molto a chi è disposto a dargli la giusta attenzione.




Le OrmeIl Fiume (1996)
Il ritorno de Le Orme (proseguito dopo il precedente "Orme", giunto a sua volta dopo un discreto silenzio discografico) prende le forme di un concept album con fortissime influenze orientali con riferimento al Gange, l’uso del sitar ed il rifacimento di un canto tradizionale indiano. Il tutto mescolato ad una deliziosa vena Pop, per un connubio non fra i più noti dell’immensa carriera di questi pilastri del Rock Progressivo italiano ma non per questo da dimenticare.
Anzi, semmai è da riscoprire e soprattutto da valorizzare vista la bontà del lavoro in questione.
L’inizio di una seconda giovinezza artistica (che maturerà con i successivi e ancor più riusciti “Elementi” del 2001 e “L’Infinito” del 2004) che culminerà con il doppio “Live in Pennsylvania” (2008) e si concluderà con il buon “La Via della Seta” (2011) che testimonia a chiare lettere come il gruppo veneziano non sia solamente “Collage” o “Felona e Sorona”…
In questo 2023, oltre a festeggiare i cinquant’anni del già citato concept “Felona e Sorona”, Le Orme stanno facendo il loro tour di addio e visto il live tenuto al “Suoni di Marca Festival” a Treviso, mi sento di dire che un saluto migliore di questo è difficile desiderarlo.
Lavori musicali dai connotati multiculturali, un po’ come la loro città d’origine.




Premiata Forneria MarconiStati Di Immaginazione (2006)
Tra il 2002 (“Live In Japan”) ed il 2013 (“PFM In Classics – Da Mozart A Celebration”) la PFM ha potuto godere di una seconda giovinezza, sigillata da una serie di album di alto valore. Ammetto che è stato decisamente difficile sceglierne uno… tuttavia, la mia scelta è caduta su “Stati di Immaginazione”.
Scelgo quest’ultimo per l’idea di base decisamente interessante: in base alle immagini che venivano proiettate in sede live, ogni componente della band si ritrovava ad improvvisare donando ad ognuna una precisa connotazione musicale.
Un lavoro completamente strumentale ben accolto anche dai fans storici della band e da quelli più critici (“ho smesso di seguirli dopo il 1975” cit.), fu addirittura presentato pure su MTV Italia a suo tempo.
Tra una citazione a “Promenade The Puzzle”, parti acustiche nelle quali un violino dolce e delicato impreziosisce il tutto, assoli di chitarra e tastiere a profusione di gran classe, giri di basso in bella mostra e i suoni tendenzialmente moderni e liquidi, di qualità ne troverete a pacchi qui dentro. Un sound multiforme dai mille colori con improvvisazioni variegate che con una naturalezza disarmante uniscono l’energia del Rock con le varie sfaccettature musicali e attitudinali che porta il Prog con sé.
Otto storie musicali per entrare nello stato libero dell’immaginazione”: a distanza di qualche anno, possiamo dire che Franz e soci sono riusciti perfettamente in questa impresa!




Cherry FiveIl Pozzo dei Giganti (2015)
Gruppo attivo nei ’70 che vide fra le sue fila Claudio Simonetti ed altri membri dei successivamente Goblin, i Nostri divennero famosi per tutta una serie di vicissitudini le quali videro la pubblicazione postuma del loro primo anno nel 1976. Album omonimo rarissimo e ricercatissimo dai collezionisti, a detta del duo Tartarini / Bordini non risponderebbe nemmeno ad un vero gruppo, tante furono le persone coinvolte nella sua realizzazione e non citate nei credits. Ecco dunque che Tony e Carlo decidono di rifondare il progetto nel 2015, dando alle stampe “Il Pozzo dei Giganti”, permettendo al gruppo di resuscitare con una formazione stabile.
Concept ispirato alla Divina Commedia (e che quindi potrebbe rimandare ai mitici Metamorfosi, uno degli highlits del Prog sinfonico romano), le tre suite qui presenti sono lunghe, complesse e quando la situazione lo richiede anche oscure e pesanti.
Un lavoro del genere non poteva che essere pubblicato dalla sempre attenta Black Widow Records.



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Articolo a cura di Seba Dall

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Inserito il 02 dic 2023 alle 13:43

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