Copertina 7,5

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2008
Durata:59 min.
Etichetta:Insideout
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. THE SHOW
  2. HAZE
  3. BETTER THAN ANYTHING
  4. BLOCKED
  5. THE SUM OF DAMAGE DONE
  6. REAL

Line up

  • Omar Ephrat: guitars, flute, keyboards
  • Gili Rosenberg: bass
  • Tomer Z: drums
  • Lior Seeker: vocals

Voto medio utenti

L'ultima scoperta di casa Insideout è una band israeliana che guidata con mano sapiente da Steven Wilson (ne ha curato produzione e mixing) cerca di aprirsi uno spazio molto personale fondendo il prog moderno, oscuro ed heavy (Opeth, Anathema, Dead Soul Tribe, Riverside) con la tradizione musicale etnica mediorientale e il prog anni '70 (Yes, Pink Floyd) giocando su alti e bassi di atmosfere in continuo mutamento che alternano rabbia e calma. L'eccessiva durata dei brani aumenta la complessità e richiede un attento ascolto: nei 10 minuti di "The show" è racchiusa una malinconica melodia corale rafforzata dalle chitarre elettriche e rallentata da brevi momenti di solo cantato, la seconda parte strumentale ha un marcato sapore orientaleggiante, qui predominano chitarre acustiche e flauto alla Genesis, un'atmosfera spezzata da un finale più elettrico agganciato senza sosta ad un arpeggio acustico che introduce "Haze". Cantato da Petronella Nettermalm (Paatos), il brano è continuamente sospeso tra il sussurrato con voce filtrata e una rabbia mai troppo energica fermata dal ritorno alla calma dolcissima, sono 7 minuti alquanto noiosi e ripetitivi con uso frequente di loops e sonorità trip hop che lasciano posto ad un finale strumentale concitato dal ritmo quasi thrash. Ancora atmosfere calme e acustiche accompagnate dal flauto introducono "Better than anything" che si trasforma in un rock orientaleggiante a tinte cupe e sinistre illuminato da sprazzi acustici di intensa coralità (Pain of Salvation) e una forte melodia nel finale chiuso da un guitar solo seguito da un organo che fa molto prog anni '70. Molto riuscita la strumentale "Blocked", una sorta di Porcupine Tree dal ritmo più heavy con sottofondo di tastiere prog alternato ad un breve momento acustico, felice introduzione al secondo special guest, Daniel Gildenlow che da inizio brano si appropria di "The sum of the damage done" sfoderando il solito campionario vocale accompagnato ancora da loops ed effetti elettronici, emozioni intense e palpabili dettate da atmosfere in continuo mutamento pane per i denti dei fans dei Pain of Salvation. I primi minuti strumentali di "Real "fanno pensare a tutto tranne uno sviluppo verso sonorità alla Beatles cantate con voce filtrata, una melodia forte aiutata dall'uso di orchestrazioni e interrotta bruscamente da una sostenuta parte strumentale inframmezzata da brevi passaggi acustici (mi ha ricordato molto gli Echolyn nel cantato a più voci) e accelerazioni sorrette da strati di tastiere ed un incomprensibile cantato in sottofondo, nel finale il ritorno alla melodia avviene in modo più rilassato, atmosferico e corale ricordando Pink Floyd, Echolyn, Porcupine Tree e chiudendo magnificamente con un guitar solo.
Malgrado qualche momento di stanca ("Haze"), un po' di lungaggini strumentali e troppe parti di cantato filtrato, "No One's Words" risulta un ottimo disco che cresce di valore con il passare degli ascolti, destinato ad un pubblico di mente aperta già allenato a sonorità prog più moderne, sperimentali ed aggressive, la sola "The sum of the damage done" per loro fa del disco un acquisto obbligato.
Recensione a cura di Carlo Viano

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