Copertina 7

Info

Anno di uscita:2008
Durata:48 min.
Etichetta:Metal Blade Records
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. DESTINATION DEVICE
  2. AS YOU ARE NOW
  3. REDREAM
  4. DANGER CALLING
  5. EMPTY SPACES
  6. DEPRIVED OF CONNECTION
  7. KEEPING ME AWAY
  8. SOCKRACER
  9. 21ST CENTURY
  10. RELAX (FRANKIE GOES TO HOLLYWOOD COVER)
  11. LIBERATION

Line up

  • Guillaume Bideau: vocals
  • David Potvin: guitar
  • Franck Potvin: guitar
  • Dirk Verbeuren: drums
  • Loic Colin: bass

Voto medio utenti

I One Way Mirror sono quello che si definirebbe supergruppo, con i due fratelli Potvin dei Lyzanxia, con Guillaume Bideau (Mnemic), Dirk Verbeuren (Soilwork, Scarve) e Loic Colin (Scarve). Il gruppo propone un disco compatto in cui lo stile è un rock/metal moderno e mi verrebbe da aggiungere anche abbastanza votato al commerciale.
Tutto quello che si trova su questo album è votato all'immediatezza prendendo a piene mani in territorio americano, con metalcore, nu metal, un qualcosina di alternative. Pochi gli elementi riconducibili al metal tradizionale. Il risultato è un qualcosa che non ci si stupirebbe di sentire su MTV: riff diretti e immediati, una buona quantità di groove, una montagna di effetti, ritornelli che si piantano in testa per non uscirci più. Un misto tra gli ultimi In Flames, in Nu dei Disturbed, una spruzzata di industrial con sporadici rimandi ai Rammstein, di Soilwork, e naturalmente i Mnemic resi più ruffiani.
Ogni canzone è una potenziale hit, grazie a ritornelli davvero ben scritti, magari non troppo originali ma di presa immediata. Tutto merito di Bideau e la sua interpretazione cangiante e varia, che passa da voce bassa ed effettata a ritonnello melodico e potente, passando per lo scream, senza perdere un briciolo di qualità. Il tappeto musicale è un inno alla modernità, con riff secchi, parti stoppate in cui la chitarra viene mischiata a samples tanto da non far capire dove finisce l'una e comincia l'altro. Un'alternanza di atmosfere oscure e "urbane" nei verse alternata alla luminosità dei ritornelli che crea un effetto piacevole. Come aggiunta si ha anche una cover della celeberrima Relax dei Frankie Goes To Hollywood, il cui fascino viene ovviamente ridimensionato dal cambio di suono ma che risulta comunque piacevolissima. La produzione, affidata a Tue Madsen, è mostruosa e rende l'album ancora più di impatto.
Ma non mancano nemmeno i lati negativi. Ad esempio l'impressione di ascoltare sempre la stessa canzone. Passano le canzoni ma se uno non ci presta molta attenzione sembrano tutte uguali. L'approccio identico - fatte salve per Danger Calling che preme più sull'acceleratore e Empty Spaces che punta più sull'emozione - non paga molto e alla lunga stanca.
Il giudizio è comunque positivo per un album che sicuramente non sarà un capolavoro ma farà la felicità di molti amanti del genere.
Recensione a cura di Massimiliano 'Maxowar' Barbieri

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