Misotheist - Vessels by Which the Devil Is Made Flesh

Copertina 7,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2024
Durata:38 min.
Etichetta:Terratur Possessions

Tracklist

  1. STIGMA
  2. VESSELS BY WHICH THE DEVIL IS MADE FLESH
  3. WHITEWASHED TOMBS

Line up

  • B. Kråbøl: vocals

Voto medio utenti

Terzo album per i Misotheist, ancora una volta tre sole canzoni (perchè il tre è il numero perfetto), ancora una volta Black Metal dal taglio ortodosso di pregevolissima fattura.
"Vessels by Which the Devil Is Made Flesh", nella sua mezz'ora di durata, ci accoglie con un suono mefitico, dissonante e dal taglio moderno, chiaramente ispirato alla scuola francese del genere, e ci delizia con la sua sapiente alternanza di momenti ferocissimi (il riff della title track è devastante in tal senso), mid tempos che emanano odore di zolfo, splendidi arpeggi sinistri, ed una generale atmosfera demoniaca che, sin dagli esordi del progetto di B. Kråbøl, rappresenta la vera essenza di questo gruppo, un gruppo, badate bene, non facile da ascoltare poiché spigoloso, disturbante e malevolo in ogni singolo arrangiamento o dettaglio.
I Misotheist, pur non essendo originali o inventori di qualcosa, riescono a "musicare" la morte e, ad oggi, rappresentano l'eccellenza in un certo modo di suonare estremi grazie alla loro capacità di scrittura mai banale ma intricata e, anche, melodica, che si traduce in tre composizioni complesse, disturbanti (lo ripeto) e minacciose sulle quali si erge, stentorea e rabbiosa, la voce cavernosa di un leader davvero ispirato e davvero coinvolto nella sua arte, un musicista dal quale dobbiamo aspettarci, quindi, solo lo stato dell'arte per quanto concerne il metallo nero del nuovo millennio.

Per concludere questa breve analisi di un lavoro che, in verità, va solo ascoltato, vi dico che se conoscete i norvegesi, non dovete esitate nemmeno un attimo a prendere il nuovo lavoro.
Se, invece, non li conoscete, vi consiglio di averne il giusto timore, e di essere disposti a sprofondate nel male assoluto, diversamente da come potrebbe accadere con artisti di plastica...
Recensione a cura di Beppe 'dopecity' Caldarone

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