Copertina 7,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2024
Durata:59 min.
Etichetta:BMG

Tracklist

  1. AFTERGLOW OF RAGNAROK
  2. MANY DOORS TO HELL
  3. RAIN ON THE GRAVES
  4. RESURRECTION MEN
  5. FINGERS IN THE WOUNDS
  6. ETERNITY HAS FAILED
  7. MISTRESS OF MERCY
  8. FACE IN THE MIRROR
  9. SHADOW OF THE GODS
  10. SONATA (IMMORTAL BELOVED)

Line up

  • Bruce Dickinson: vocals
  • Roy Z: guitars, bass
  • Dave Moreno: drums
  • Mistheria: keyboards

Voto medio utenti

Era da un bel po' di tempo che attendevo un seguito a quello che reputo il punto più alto della discografia solista - e in grado di competere con diverse uscite della Casa Madre - di Bruce Dickinson. Infatti, l'uscita di "Tyranny of Souls" risale a ben diciannove anni fa ma Dickinson, preso da tutti i suoi molteplici impegni ed anche a causa di qualche incidente di percorso, solo recentemente è riuscito a portare a termine il qui presente "The Mandrake Project".

Troppe aspettative talvolta possono essere deleterie, pertanto non ho prestato molta attenzione alle anteprime (il 7" di "Afterglow of Ragnarok" è ancora lì, intonso e bello che incellofanato) un po' per non rovinarmi la sorpresa ma anche per evitare di rodermi il fegato.

E ora lo posso dire: "The Mandrake Project" è un bel disco, che ho ascoltato con piacere e che troverà ancora spazio nei miei ascolti, ma non è certo ai livelli del già citato "Tyranny of Souls", e nemmeno di "The Chemical Wedding" o "Accident of Birth".

Ad accompagnare il vocalist inglese ritroviamo praticamente gli stessi musicisti che erano presenti sull'album precedente, Dave Moreno alla batteria, Mistheria alle keyboards e l'immancabile Roy Z che oltre alle chitarre nell'occasione si è preso cura anche del basso.

E come se la saranno cavata?

La già nota "Afterglow of Ragnarok", uscita qualche tempo fa come singolo, suscita, anche dopo un più attento ascolto, lo stesso pensiero che si era palesato all'epoca, con una iniziale ruvidezza e pesantezza nel riff che mi ha riportato ai migliori momenti di "Tyranny of Souls" e "The Chemical Wedding", ma poi si perde un po' per strada, per qualche azzardo vocale di Dickinson e un refrain al contrario alquanto scontato. Più lineare la successiva "Many Doors to Hell", che riecheggia le atmosfere di "Tattooed Millionaire" con intensità e un bel blend di energia e melodia, quest'ultima garantita soprattutto da una performance all'altezza da parte del vocalist inglese, che poi si esalta nella parte più liquida e intensa del brano, giusto prima di un incalzante finale drappeggiato dalla chitarra di Roy Z.
"Rain on the Graves", è il secondo è più recente singolo, teatrale tanto nelle immagini del video quanto nell'interpretazione vocale di Dickinson, e mi era piaciuta all'istante, convincendomi molto più di quanto fatto con "Afterglow of Ragnarok", un blend di influenze vintage e rimandi tanto al Seventies Hard Rock quanto agli Iron Maiden (soprattutto nel refrain), mentre Roy Z non solo piazza uno dei suoi migliori assoli alla chitarra, ma assicura il pulsare ritmico del brano imbracciando il basso e piazzandosi al fianco di Dave Moreno. E i due replicano tratteggiando le prima battute di "Resurrection Men" con quel suo feeling western che dopo una lunga porzione strumentale cede le redini al cantante di Worksop, un episodio che sembra più volte sul punto di esplodere, ma poi preferisce riprendere ad alternare toni settantiani, quasi in odor di Black Sabbath, e visioni musicali alla Ennio Morricone.
Con un immaginario senso dell'alternanza ecco che l'orchestrale "Fingers in the Wounds" torna a battere sentieri più classici, lungo i quali si può apprezzare come Mistheria non si limiti al ruolo da comprimario e dove, pur lasciando campo libero alla fantasia e alle qualità dei musicisti che lo affiancano, è ancora Dickinson ad accendere la luce. Minor fantasia invece nella scelta di includere la canzone successiva, infatti, come già fatto per "Bring Your Daughter... To the Slaughter", Dickinson recupera la versione originale (dalla soundtrack di "Nightmare V") di un pezzo che era poi finito su di un album dei Maiden, è il caso di quella "If Eternity Has Failed" che aveva aperto le danze su "The Book of Souls" e per la quale avevo riservato questo commento: "… per mood e andamento ricorda più il repertorio del Dickinson solista che quello dei Maiden". E, infatti, eccola qui con un titolo leggermente modificato ed un passo più lento a dispetto di un minor minutaggio, nell'arrangiamento definitivo rispetto a quello presente sulla B-Side del singolo di "Afterglow of Ragnarok".
Sarà per quel coro ammiccante ma la spedita e graffiante "Mistress of Mercy" mi ha riportato ai bei tempi di "Accident of Birth" (dal quale mi pare di cogliere pure una citazione di "Freak"), una canzone piuttosto semplice e che sfila via nel suo finale distorto e assolutamente demodé, giusto prima del repentino campo di atmosfere che ci aspetta al cospetto di una "Face in the Mirror" che punta tutto su quelle melodie alle quali si abbandona la voce calda e suadente di Bruce Dickinson. Certo siamo lontani da una "Tears of the Dragon" e pure da "Born in '58" o "Man of Sorrow", ma il mood è fortemente malinconico e ben sottolineato dalle note di un pianoforte, lo stesso che poi ci conduce sino all'emozionante "Shadow of the Gods", che inizialmente segue il mood della traccia precedente per poi accendere i toni e incattivirsi nella sua seconda parte, quando le ombre degli dei iniziano ad allungarsi su noi poveri umani.
Siamo alla fine, e l'ultimo capitolo ha un titolo sicuramente pretenzioso, quale "Sonata (Immortal Beloved)", e sfiora i dieci minuti di durata, ed anche qui la voce calda e sinuosa di Dickinson si frange in un caleidoscopio di colori che impreziosiscono un lungo momento quasi onirico, tanto semplice quanto ammaliante, coinvolgente ed ipnotico, con qualcosa dei migliori Blue Oyster Cult ma anche dei Pink Floyd, e dal quale mi sono lasciato stregare.

Soppesando "The Mandrake Project", la sensazione è che talvolta Dickinson si sia fatto prendere più la mano dalla storia che voleva raccontarci, e che è stata anche rappresentata in un fumetto sceneggiato da Tony Lee ("Doctor Who", "X-Men") e dallo stesso Dickinson ed illustrato da Staz Johnson ("Judge Dredd", "Wolverine", "X-Men"), piuttosto che dalla musica che doveva accompagnarla, per un lavoro d'assieme che soffre anche di una gestione articolata e dilatata nel tempo.

Tuttavia, averne di artisti e di lavori di questo spessore.

I Am Your Very Soul
The One You Do Not Know
I Am The Truth That's Playing Hide And Seek




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Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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