Mettete insieme due ex membri di Megadeth e Eidolon (i fratelli
Shawn e
Glen Drover, rispettivamente alla batteria e alla chitarra), l’ex bassista dei Fates Warning (
Joe Di Biase) e un vocalist dotato come
Henning Basse (ex Firewind, Metalium ecc....) e otterrete un super-gruppo riunitosi sotto il monicker di
Withering Scorn.
Con tutto questo “ben di dio” di musicisti, chissà quale capolavoro avrà partorito la band per il suo debutto discografico?
E invece, mi spiace deludervi cari amici, ma
Prophets Of Demise, uscito per la nostrana
Frontiers Records, è il classico lavoro senza infamia e senza lode, con qualche apprezzabile spunto ma, a cui fondamentalmente, sembra mancare un’anima.
Stilisticamente parlando, il sound degli
Withering Scorn è riconducibile a un heavy metal di stampo tradizionale, che attinge a piene mani soprattutto dai Judas Priest di Painkiller (ovviamente con le debite proporzioni), sporcato da qualche venatura thrash.
A livello di song-writing, spicca il lavoro chitarristico di
Glen Drover, autore di una discreta prestazione, in fase di solo e riffing, specie in tracce quali
Pick Up The Pieces,
Dethroned,
Never Again o
Eternal Screams, ma, si tratta di minuscoli sprazzi di luce all’interno di un contesto musicale che non attecchisce, né alle orecchie né, tantomeno, al cuore di chi ascolta, nonostante delle oneste prestazioni da parte di tutti i musicisti coinvolti nel progetto.
Ma allora, se da un punto di vista squisitamente tecnico, non si registrano problematiche, verrebbe da chiedersi, cos’è che non funziona in questo album?
La risposta la trovate qualche riga sopra: si tratta di un lavoro privo di cuore, molto (troppo) ragionato e poco sentito.
Prophets Of Demise è un disco all’interno del quale tutti gli artisti sono focalizzati solo ed esclusivamente sulla propria interpretazione, che risulta formalmente impeccabile, ma in cui viene persa di vista la passione, elemento fondamentale per la buona riuscita delle composizioni, le quali, alla lunga, scorrono veloci e innocue, senza quella sacra fiamma che dovrebbe animarle.
Cosi, a conti fatti, siamo dinnanzi ad un lavoro che, per quanto non sia corretto definire brutto, risulta piatto, composto da tracce poco efficaci, prive di picchi compositivi.
Non so voi, ma a me non basta che artisti di questo calibro (ed esperienza) si limitino a svolgere il loro “compitino”, credo sia sacrosanto (e lecito) attendersi MOLTO di più!
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