Copertina 6,5

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2019
Durata:85 min.
Etichetta:InsideOut Music

Tracklist

  1. HOUSE OF CARDS
  2. BLACK FLAG
  3. MIRACLES FOR AMERICA
  4. VERTIGO
  5. THE BRIDGE
  6. ASCENDING TO THE STARS
  7. WICKED OLD SYMPHONY
  8. THE REBEL CIRCUS
  9. SLEEP WITH THE ENEMY
  10. THE CROWNING OF GREED
  11. HOUSE OF CARDS REPRISE
  12. SPIRALS
  13. STEAMPUNK
  14. WE WERE ALWAYS HERE
  15. BUSKING AT BROBANK

Line up

  • Roine Stolt: electric & acoustic guitars, keyboards, lead vocals
  • Jonas Reingold: bass, fretless bass
  • Hasse Fröberg: lead & backing vocals
  • Zach Kamins: guitar, keyboards
  • Mirko DeMaio: drums, percussion
  • Michael Stolt: bass, vocals
  • John "Zach" Dellinger: viola
  • Paul Cartwright: violin

Voto medio utenti

Più o meno mi ritrovo nella stessa situazione di quando recensii “Manifesto Of An Alchemist”. All’epoca (A.D. 2018) mi sentii di consigliare al buon Roine Stolt un periodo di vacanza, invito puntualmente declinato come dimostrato dal qui presente (e doppio) nuovo lavoro della sua band principale The Flower Kings.

Lungi da me stroncare “Waiting For Miracles”, ennesimo esercizio di stile tanto gradevole quanto privo di sorprese. Il rock progressivo come lo intende il chitarrista svedese è sempre quello, un mix di poesia di strada e nostalgia a cui siamo abituati da anni, con molteplici momenti strumentali di indubbio valore per gusto e interpretazione.

Anche per questo (o soprattutto per questo), i cliché regnano sovrani, come nel caso di “Miracles For America” o “Steampunk”, che trasudano Genesis e Yes da tutti i pori. I toni sono quasi sempre raccolti (“Vertigo”, “The Bridge”), in discontinuità con il precedente - e alle mie orecchie più convincente - “Desolation Rose”.

I momenti migliori sono forse la strumentale “Ascending To The Stars” (sinfonica e cinematografica con un pizzico di Mike Oldfield) e l’altrettanto epica e sinistra “Sleep With The Enemy”, che strizza l’occhio agli ultimi Transatlantic.

Altri episodi meno a fuoco (il pasticcio lisergico-crimsonico-fusion intitolato “Spirals” o l’improbabile chiusura “Busking At Brobank”) alla fine penalizzano un album che, con qualche riempitivo in meno, sarebbe stato sicuramente più apprezzabile.

Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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