In un mondo ormai globalizzato, in cui la tecnologia ci permette di essere connessi h24 e trovarsi insieme seppur dalle opposte parti della Terra, formare gruppi come quello dei
The Autist non rappresenta più una particolarità.
Basati fondalmentalmente in Portogallo, essendo perlopiù la creatura del chitarrista
Pedro Remiz, i The Autist debuttano su
Azure Records con "
The Coldest Sun", un disco che si avvale di importanti e notevoli partecipazioni, talvolta più presenti talvolta più estemporanee, come quella fissa della russa
Polina Psycheya degli
All I Could Bleed (praticamente un sogno erotico più che una cantante) al growl, la tedesca
Alina Lesnik degli
Once e star di Youtube (mi viene l'orticaria solo a scrivere una cosa del genere) come mezzo soprano, più la presenza singola della "nostra"
Chiara Tricarico dei
Temperance nel brano "
Age of Leviathan"; di carne al fuoco effettivamente ce n'è fin troppa e spesso quando i progetti sono zeppi di partecipazioni o di nomi di richiamo rischiano di naufragare nell'eccesso, con la conclusione di bruciarla tutta quella carne, invece in questo "The Coldest Sun" c'è più di qualcosa di buono.
Iniziamo dalle note liete, ovvero il buon livello del songwriting, a metà strada tra un metal classico che ovviamente gioca sull'alternanza delle voci celestiali delle fanciulle (tranne il vocione della Polina, ok ad intervalli ma deficitario quando gli è riservato un pezzo intero come "
Sanctuary", e lo dico da NON estimatore del growl femminile) con le raw vocals, però per questa volta decisamente più sullo scream di derivazione hard/metalcore (ad opera di
Joao Prim), genere che troviamo molto anche a livello di ritmiche e strofe, allontanandosi talvolta dal classico e scontato symphonic metal, perlustrato e svicerato in ogni sua forma e declinazione in questi ultimi anni, finendo per scollettare addirittura in accenni trance/elettronici, come in apertura di "
Fallen", o letteralmente pop come la ballad "
Loveless", che non per questo non si fa segnalare come una delle migliori del disco.
Un album monolitico nel suo insieme, che non presenta particolari punte o depressioni, se non la bella (anche per merito della Tricarico, va detto) "
Age of Leviathan" e la splendida "
Pandora's Curse", autentica stella del disco, quasi l'unica pervasa da un'aura malinconica e depressiva, e stranamente inserita solo come bonus track, di cui peraltro lo scorso anno è stato tratto il video che trovate in calce a questa recensione.
I
The Autist tentano in questo modo di far collimare due generi solitamente non affiancati, la modernità del riffing di scuola metalcore con le vocals femminili e le melodie del symphonic, riuscendo in buona parte nell'impresa, fatta salva una certa ripetitività delle chitarre
Un disco coraggioso, ben riuscito, ottimamente confezionato e prodotto e ben bilanciato tra sound attuali e richiami agli schemi preacquisiti: un debutto consigliabile ed interessante, adesso per l'ulteriore step serve un cambio di passo, con uno standard qualitativo del songwriting ancor migliore od una personalità più spiccata della proposta, magari con altri elementi di novità: mezzo voto in più per l'intraprendenza e la natura prima dell'opera, ma in ogni caso il futuro per i The Autist sembra incoraggiante.
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