Copertina 7

Info

Anno di uscita:2016
Durata:76 min.
Etichetta:Metal Blade Records

Tracklist

  1. THE ART OF LOSS
  2. SLOUCHING TOWARDS BETHLEHEM
  3. DAMAGED
  4. HOPE DIES LAST
  5. THAT GOLDEN LIGHT
  6. THIRTY SILVER
  7. THE CENTER OF FIRE
  8. LOVE REIGN O'ER ME
  9. AT DAY'S END

Line up

  • Ray Alder: vocals
  • Nick Van Dyk: guitars, keyboards
  • Sean Andrews: bass guitar
  • Chris Quirarte: drums

Voto medio utenti

Ricordo ancora quando, incuriosito da una recensione letta su una rivista, mi avvicinai alla vetrina del negozio di dischi vicino al liceo che frequentavo per acquistare l'appena uscito "The Fullness Of Time". Meno male che avevo i soldi in tasca! L'esercizio stava per chiudere definitivamente (come nel caso di tanti altri colleghi fatti fuori dal "mercato parallelo" della musica digitale nello stesso periodo) e, in anni in cui il commercio elettronico era ancora ai suoi albori (almeno in Italia), avrei perso l'occasione di ascoltare un bell'album di moderno (all'epoca) prog-metal, equilibrato, ben arrangiato e ben prodotto. Non nascondo che le uscite successive della band americana capitanata dai Ray Alder ("santo subito!") e Nick Van Dyk non mi hanno entusiasmato quanto il sopraccitato LP, fondamentalmente per una "irritante" coerenza della proposta che mal si sposava con il mio ideale di musica progressive "in continua evoluzione". "The Art Of Loss", prima uscita per Metal Blade dopo la dipartita da InsideOut, è l'ennesimo album dei Redemption: formalmente impeccabile, ineccepibilmente prodotto (è tornato Tommy Hansen come ai tempi di "Snowfall On Judgement Day"), sempre al limite del "troppo" ma con la capacità di sapersi fermare appena un centimetro prima. Qualcosa di più c'è, senza dubbio, come i testi sicuramente più profondi (merito/colpa del periodo passato dal mastermind Van Dyk a lottare contro un tumore), l'apporto significativo di numerosi ospiti (su tutti il "nostro" Simone Mularoni e Marty Friedman) e la presenza di una cover degli Who ("Love Reign O’er Me") in cui compare anche l'ex cantante degli Anthrax John Bush. Tutto questo però, se da una parte è sintomatico della volontà di introdurre qualcosa di "nuovo e diverso", fortifica la teoria secondo cui, per farlo, la band ha bisogno di "elementi esterni". Le capacità compositive di Van Dyk non si discutono (la title-track, la più intima "The Center Of Fire", la variegata "Hope Dies Last" o il tour-de-force finale di "At Day's End", con i suoi 23 minuti, sono esempi inequivocabili) ma continuo a sperare, un giorno, di poter essere nuovamente "sorpreso" da un disco marchiato Redemption.
Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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