Copertina 6

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2011
Durata:48 min.
Etichetta:My Graveyard Prodctions

Tracklist

  1. CASTLE GHOUL
  2. LASER SMASH
  3. THE ASSASSIN
  4. NIGHTRIDER
  5. UNDER THE MOONLIGHT
  6. INVADERS WITH CHAINS
  7. STAB IN THE BACK
  8. CAUGHT IN THE ACT
  9. DEVIL SIGHT
  10. THE TEMPLE OF ANUBIS

Line up

  • Sofia Shores: Bass
  • Stefano Cavallotto: Drums
  • Mark Shores: Guitars
  • Alex Panza: Guitars, Backing Vocals
  • Giuseppe Brugnano: Vocals

Voto medio utenti

Debut album per i torinesi Walpurgis Night, il cui nome è ispirato dalla Notte di Valpurga, che il saggio Wikipedia mi ha suggerito essere un rito celebrativo della primavera, tipico soprattutto delle regioni del centro-nord Europa. Dopo un demo autoprodotto e omonimo nel 2010, la My Graveyard li ha adocchiati e messi sotto contratto, permettendogli di sfornare questo "Under the Moonlight".

L'impatto devo dire che non è stato dei migliori: ammetto di essere stato fuorviato dalla copertina di questo disco, pensando di trovarmi di fronte a un gruppetto death di quart'ordine. Ragazzi, è davvero brutta.
Poi però un briciolo di coraggio ha preso il sopravvento e la prima cosa in cui sono incappato inserendo il disco nel lettore è stato un sound molto ottantiano, anche nella produzione, che mi ha richiamato alla memoria le prime cassette registrate negli scantinati da gruppi semi-sconosciuti..una sensazione a tratti piacevole, a tratti decisamente fastidiosa.
Ma a parte questo, i Walpurgis Night sono tecnicamente molto validi e capaci di inanellare, nelle diverse tracce che compongono il loro disco d'esordio, riff di chitarra decisamente piacevoli, orecchiabili, ben supportati da una sezione ritmica di tutto rispetto. Niente di trascendentale, sia chiaro, il loro sound è molto canonico e paga ovvio dazio in quanto a originalità ai mostri sacri del genere (Iron Maiden, Mercyful Fate), ma le composizioni sono discretamente varie e tutte ben studiate, con l'eccezione di "Laser Smash" che ho trovato davvero bruttina, scontata, sempliciotta, retaggio forse di un passato un po' più remoto rispetto al resto.
In tutto questo ben si interseca la voce di Giuseppe , molto particolare nella sua normalità, che si discosta un po' dagli stilemi classici del genere, mantenendosi sempre piuttosto bassa nei toni ma adattandosi adeguatamente alle canzoni. Il problema sorge quando decide che è il momento di richiamare a se l' anima di Brian Johnson e di fonderla con quella del peggior King Diamond, sferrando degli acuti in simil-falsetto da far accapponare la pelle, letteralmente. Un paio di volte durante l'ascolto del disco ho pensato di estrarlo dal lettore e spedirlo sull'asfalto, tanto quel cantato mi risultava fastidioso, rovinando letteralmente sia delle canzoni che invece fino a quel momento si lasciavano ascoltare con piacere sia la sua prestazione "normale", che ribadisco essere davvero buona.

Un disco che oscilla quindi tra il 7 e il 4. Gli avrei dato 7 con una produzione un po' più curata e soprattutto senza quegli odiosi falsetti. Si meriterebbe un 4 invece proprio per quel suicidio stilistico, che abbassa considerevolmente la qualità di un disco altrimenti di buon livello. Il mio voto finale è quindi un'equa via di mezzo, con un mezzo voto in più dato dal sincero dispiacere di dover penalizzare un buon lavoro con qualcosa di facilmente migliorabile. Cari Walpurgis Night, vi parlo da recensore e appassionato di musica: togliete i falsetti, maturate un po' dal punto di vista del songwriting (soprattutto nelle lyrics, davvero elementari) e sono sicuro che al prossimo impegno la sufficienza sarà molto più piena.

Quoth the Raven, Nevermore..
Recensione a cura di Andrea Gandy Perlini

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