Benché ondivaghi, i rapporti tra cinema e
metal non mancano di certo: basti pensare, tra le tante, a pellicole come "
This is Spinal Tap", “
Tenacious D e il destino del rock", “
Morte a 33 Giri”, “
Fusi di Testa”, senza dimenticare il film d’animazione “
Heavy Metal”.
Decisamente più sparuti, invece, i rapporti tra cinema e
metal estremo nord-europeo: così, su due piedi, mi sovviene il controverso “
Lords of Chaos” di
Jonas Åkerlund (oggi regista, ieri batterista dei
Bathory) e poco altro.
Quest’oggi ci soffermiamo proprio su una succulenta porzione di quel “poco altro”, ossia “
Heavy Trip”, opera prima dei finlandesi
Jukka Vidgren e
Juuso Laatio.
Le premesse da cui si dipana la trama sono presto dette: una
band di amici che, dopo 12 anni di sala prove in un minuscolo paesino finlandese, non ha ancora un nome, né ha mai suonato di fronte ad un pubblico o composto una canzone, decide di dare una sterzata alla propria esistenza.
Così si sceglie un
monicker d'impatto (
Impaled Rektum), si identifica lo stile musicale (
symphonic postapocalyptic reindeer-grinding Christ-abusing extreme war pagan fennoscandian metal), si incide un
demo e si acquista uno sgangherato
van per partire alla volta di
Capo Nord, in
Norvegia, dove di lì a poco si svolgerà un prestigioso
festival estremo.
Tutto molto bello, non fosse per una partecipazione a detto
festival non così certa come appare e per il carattere oltremodo introverso del
singer Turo…
L’ironia permea l’opera sin dal suo concepimento: l’intento dei registi, infatti, era quello di utilizzare un immaginario sulla carta lugubre come quello del
black /
death metal per realizzare una pellicola lieve e scanzonata, facendo così da contraltare alla stragrande maggioranza delle produzioni cinematografiche finlandesi che, al contrario, risulta spesso pervasa da un substrato di oscura cupezza.
L’obiettivo può dirsi senza dubbio raggiunto: le (dis)avventure del gruppo -fra cui possiamo citare
ex multis profanazioni di tombe, vomitate sul palco, lotte con furetti imbestialiti, incidenti stradali e diplomatici con la confinante
Norvegia- si susseguono coi ritmi tipici della commedia leggera, che peraltro non disdegna sporadiche incursioni nello
slapstick e nella pura demenzialità.
Pressoché ogni aspetto di “
Heavy Trip” riesce a convincere: dalla sceneggiatura –che corre in larga parte su binari già noti, ma non per questo appare priva di spunti originali e colpi di scena-, alla fotografia –chiarissima, quasi sovraesposta, ma in ultima analisi azzeccata per il tono del film e per far risaltare i paesaggi nordici che ritrae-, senza dimenticare una colonna sonora saggia, che non incastra a forza grandi classici del
metal in scene che non lo richiedono, ma che invece cuce piccole sezioni musicali nei momenti e coi tempi giusti.
Davvero ottimo, infine, l’inedito confezionato per gli
Impaled Rektum: un gran pezzo
death dal taglio moderno, in grado di abbinare ritmiche
brutal ad evocativi sprazzi di
black melodico.
Nemmeno il giovane
cast delude le aspettative: alcuni attori recitano meglio di altri (d’altra parte, ciò accade anche in produzioni hollywoodiane con ben altri
budget), ma in generale assistiamo a performance godibili. I personaggi che popolano il paese risultano ben assortiti e tratteggiati, così come i quattro componenti del gruppo protagonista.
Qualche concessione agli stereotipi sui metallari è inevitabile (il capellone grande, grosso e timidissimo, il perfezionista privo di senso dell’umorismo che ricorda ogni singolo brano mai ascoltato…), ma si evita di scivolare nei più beceri clichées e nei più triti luoghi comuni.
Da non sottovalutare, inoltre, il fattore credibilità, troppo spesso tallone d’Achille (o da killer, “
Mai Dire Grande Fratello” cit.) di simili produzioni.
Diciamoci la verità: noi metallari, quando si parla di gruppi, album e date, siamo degli irriducibili rompiballe puntigliosi, sempre pronti, a fronte di qualsivoglia forzatura filologica od incongruenza storica, ad indignarci con sacro fervore e massimo sdegno intellettuale.
“
Heavy Trip”, invece, fa le cose per bene, ed evita inciampi clamorosi o sviste tali da compromettere l’immersione nell’esperienza filmica. Certo: la versione della canzone suonata in sala prove e quella proposta successivamente dal vivo sembrano sinistramente identiche, ma non mi sembra il caso di formalizzarsi troppo…
Al di là dei profili più squisitamente comici (i quali, al netto di qualche passaggio a vuoto, funzionano più che egregiamente, tanto da avermi strappato addirittura 3-4 risate, e vi posso assicurare che non è cosa da poco), la pellicola offre anche spunti di riflessione.
La storia narrata, pur rifuggendo –per fortuna- intenti smaccatamente moralistici, riesce comunque ad esaltare il potere dell’amicizia e l’importanza di non arrendersi di fronte alle avversità. Ma soprattutto, ha il pregio di ricordarci un insegnamento tanto abusato quanto di ardua attuazione in questo infame periodo storico, dominato dall’omologazione a mezzo
social (che
Satana li maledica): accettarsi per come si è ed avere il coraggio di esserlo sino in fondo, in barba all’altrui giudizio ed ai canoni comportamentali ed estetici imposti dalle mode imperanti.
“
Heavy Trip”, in definitiva, merita ampiamente novanta minuti del vostro tempo (se riuscirete a reperirlo, compito non semplicissimo). Fatevi conquistare anche voi dagli
Impaled Rektum e dal loro
symphonic postapocalyptic reindeer-grinding Christ-abusing extreme war pagan fennoscandian metal… ma non sbagliate a pronunciarlo, altrimenti il bassista ci rimane malissimo.
Attendiamo fiduciosi il sequel.
Heavy Trip
2018 ‧ Musica/Commedia ‧ 1h 32m
Prima data di uscita: 9 marzo 2018 (Finlandia)
Registi: Jukka Vidgren, Juuso Laatio
Musica composta da: Lauri Porra
Casa di produzione: Making Movies
Cast: Johannes Holopainen, Max Ovaska, Minka Kuustonen
Produttori: Kai Nordberg, Kaarle Aho