Come viene visto il metallaro nostrano dal tipico italiano medio? Ovvero racconto semiserio di vita vissuta.

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Pubblicato il:04/03/2024
Ah noi metallari, riuniti più o meno sotto lo slogan coniato dai “mutandari di peluche” Manowar, “Brothers of metal” come a sancire un’unione di intenti, più sulla carta che oggettiva invero; con i nostri riti fatti di dischi acquistati, goduti e consumati, concerti vissuti e merchandise comprato anche a prezzi non proprio per tutte le tasche per tacere delle varie edizioni limitate che ci propinano molte case discografiche (mannaggia a loro!).
Ma come veniamo visti dall’italiano medio, dove il massimo dell’estremismo è vedersi Carlo Conti sui canali nazionali il sabato sera?
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Diciamo che veniamo visti con un misto di schifo e curiosità dalla maggior parte di chi non ascolta il nostro genere, sarà forse perché il nero che ci ricopre spesso e volentieri ci ricopre da capo a piedi li urta peggio dell’acqua santa per un’indemoniato oppure la quantità di birra che noi beviamo con sollazzo mentre lui la classica birretta fa fatica a finirla.
Per non parlare dello sguardo atterrito di certe signore anziane quando saliamo per caso sui mezzi pubblici con lo sguardo posato su di noi interrogativo che pone la non detta domanda “Ma si lavano?”, per non parlare del misto di repulsione e voglia di esorcizzarci di chi usciva un tempo dalle cerimonie religiose sia di sacerdoti sia di chi partecipa a queste assemblee quando ci vedevano leggere con goduria pubblicazioni legate al genere con in copertina i “mostri”!
Sul versante musicale poi stendiamo un lenzuolo pietoso; perché qui la categoria si distingue in due rami ben distinti.
Una devota al canto nazionalpopolare che quando tentiamo anche goffamente di farci capire e far capire la profondità dei Savatage, oppure la ruspante venatura operaia dei Saxon, chiudono il discorso bollandoci come dei casinisti e che loro non ascoltano la musica “metallica” (sic!) e che noi facciamo solo rumore salvo concepire il vero suono duro per loro tramite le "selvagge" note di Vasco Rossi o “Il Liga”.
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Il secondo tipo invero è quello più accomodante, che ti prende sottobraccio con sicumera e facendo l’amicone ti vuole ammansire che lui gli “ironmaiden” (tutto attaccato e per loro si dice come si legge) o gli “acidici” (idem come sopra) li ascolta non sentito dalla moglie amante di Ramazzotti o della Pausini che le fa schioppettare il cuore romantico, pena l’esclusione dal letto coniugale.
Per non parlare dell’headbanging, che noi facciamo a ritmo per seguire la musica ma per loro veniamo visti come dei matti che facciamo andare su e giù il testone come un asino con un raffreddore severo.
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In conclusione mettiamoci l’animo in pace, perché nonostante tutti i nostri sforzi titanici per farci apprezzare, la massima goduria musicale dell’italiano medio, rimane il rito annuale di stare spaparanzato sul divano a godersi il Festival Di Sanremo, con nostra costernazione, perché per lui la vera musica passa di lì, o quasi.
Articolo a cura di Matteo Mapelli

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