Copertina 5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2008
Durata:42 min.
Etichetta:Lifeforce
Distribuzione:Andromeda

Tracklist

  1. GIVE US BARABBAS
  2. SEVENTEENTH YEAR CICADAS
  3. LONG LIVE THIS HERESY
  4. DIRT MERCHANT
  5. LUFTHANSA HEIST
  6. WHITEWOLF AND NASH
  7. EYELESS IN GAZA
  8. SUFFRAGE UNDER A SULFUR SKY
  9. FEBRUARY 16TH 1969
  10. NORTHERN LIGHTS
  11. FALLING IN LOVE IN A WHOREHOUSE

Line up

  • Keith Nolan: vocals
  • Sean Salm: guitars
  • Kevin Salm: guitars
  • Bryan Little: bass
  • Paul Meredith: drums

Voto medio utenti

Si presentano con una cover assai bizzarra questi statunitensi Left to Vanish, giunti al loro secondo album e freschi di contratto con la tedesca Lifeforce, label sempre attenta alle giovani e più interessanti realtà del panorama metal, in special modo quello più estremo.

In effetti l'estremità non manca ai cinque americani, un death metal molto violento, contaminato da sonorità talvolta hardcore talvolta brutal, con zero concessioni alla melodia, fatta eccezione per alcuni brevissimi secondi qua e là sparsi nel disco in cui la band, impazzendo, si dà allo stoner/sludge, altrimenti bisogna affidarsi alla chitarra solista che talvolta nei momenti più cadenzati accompagna il massacro ritmico.
Per il resto è totale aggressione sonora costruita su riffs di scuola Meshuggah e Cannibal Corpse, dissonanti, stoppati, continuamente interrotti: le "galoppate" sono quasi inesistenti, tutto si fonda sulla ripetitività estrema delle soluzioni e sul cantato di scuola hardcore 100% dello screamer Keith Nolan che si fa quasi sempre filtrare le vocals, con un risultato che definire pesante è poco: in effetti il disco dopo poche decine di minuti risulta decisamente indigesto, puntando troppo sulla violenza e l'impatto, dimenticando che un brano, per quanto estremo possa essere, non può basarsi solamente sul tritare riffs eternamente e senza senso. L'opener "Give Us Barabba" ne è un esempio lampante e la carenza di idee è manifesta sin dal principio.

Una più che buona tecnica di base, da parte di ogni componente della band, non riesce a salvare questo "Versus the Throne" da una decisa insufficienza, colpa di un songwriting poco vario, troppo monolitico e monocorde, tutto all'insegna del riffs spaccaossa...e maroni.
Per il momento decisamente immaturi e rimandati.
Recensione a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli

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