Copertina 8,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:1998
Durata:52 min.
Etichetta:G.U.N. Records

Tracklist

  1. DEUS TO VULT
  2. KNIGHT OF THE CROSS
  3. MONKS OF WAR
  4. HEROES OF THIS TIME
  5. FANATIC ASSASSINS
  6. LIONHEART
  7. KEEPER OF THE HOLY GRAIL
  8. INQUISITION
  9. BAPHOMET
  10. OVER THE SEA
  11. THE CURSE OF JACQUES
  12. BATTLE OF BANNOCKBURN

Line up

  • Chris Boltendahl: vocals
  • Uwe Lulis: guitar
  • Jens Becker: bass
  • Stefan Arnold: drums
  • Hans Peter Katzenburg: keyboards

Voto medio utenti

“Deus Lo Vult”

Tre parole, che rappresentavano il grido di battaglia con il quale si invitavano i cristiani alla conquista della Terra Santa, durante l’XI secolo, un periodo che ha visto milioni di persone morire sotto questo terribile motto.

E attorno a questo tema i Grave Digger, nel 1998, fecero ruotare il loro ottavo album in studio, “Knights Of The Cross”. Reduci dal grande successo di “Tunes Of War”, Boltendahl e soci si trovavano a dover bissare il successo del concept incentrato sull’indipendenza scozzese, e a dimostrare che quello non era stato solo un semplice colpo di fortuna. Rispetto al suo predecessore, “Knights Of The Cross” mette da parte un po’ di quell’irruenza che aveva reso famosi i Digger fino a quel tempo. Niente da preoccuparsi eccessivamente, il tono vocale di Boltendahl rauco e lugubre, e i riff ci sono, ma con un pizzico di melodia più accentuati i quali non stonano nell’atmosfera generale che si respira durante l’ascolto del disco, fatta di sonorità quasi delicate nei ritornelli (e fra poco vedremo quali) e riff battaglieri.

Dopo una breve intro parlata, ci troviamo davanti la Titletrack con un riff in pieno stile Grave Digger, non troppo veloce, ma che suona quasi come una marcia pronta a scendere in guerra. ”Monks Of War” torna su lidi più Speed, situazione analoga anche in “Fanatic Assassins”, con un ritornello gridato a squarciagola da Boltendahl. Con “Lionheart” abbiamo la prima prova di quei ritornelli molto soft, ma che si ficcano in testa dopo il primo ascolto e non accennano più ad uscire. “The Keeper Of The Holy Grail” nei suoi sei minuti scarsi è un mid tempo che ben si adatta alle tematiche epiche del disco, e che esplode poi in un ritornello costruito ad hoc. “Baphomet” e “The Curse Of Jacques” mostrano il classico trademark della band, ma aprendosi anche in questo caso in ritornelli melodici, dove però sarebbe insensato dire non siano congegnati alla perfezione. Mi sento di dire che solo in “Over The Sea” si sente un leggero calo, un pezzo che fa abbastanza fatica a decollare e che si dimentica abbastanza presto.

Nel 1998 i Grave Digger quindi, riuscivano a confermare il loro status con “Knights Of The Cross”, e seppur non siano mai stati messi a fianco a mostri sacri del genere come Rage e Running Wild, consiglio a tutti gli amanti del metal senza compromessi di dare un ascolto a questo disco. Potreste avere una bella sorpresa, e venire catapultati magicamente fra il XI e il XIII secolo…


Recensione a cura di Francesco Metelli

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