A forza di sottolineare (suffragati dai fatti …) il carattere “cinematografico” dei suoni dell’
AOR, qualcuno ha pensato bene di realizzare la colonna sonora per un
blockbuster “immaginario” uscito proprio nel periodo di maggior successo del connubio tra un certo tipo di
rock e la
settima arte.
Quel “qualcuno” si chiama
The Switch ed è costituito dai luminari del settore
Tom e
James Martin (ex Vega, Nitrate, …), coadiuvati da
Dennis “Butabi” Borg (Cruzh) e dal cantante canadese
Bobby John.
Non è dunque difficile immaginare come suona “
No way out”, laddove, nonostante il prestigio del personale coinvolto, qualche dubbio in più lo alimenta una scelta espressiva che rischia pesantemente il temibile effetto “parodia”.
Beh, sebbene la “nostalgia” sia per ovvi motivi il primo ed intenzionale dei sentimenti provati durante l’ascolto dell’albo, bisogna anche dire che la “illusione” è talmente ben fatta e vivida da risultare credibile e coinvolgente, in grado di non sfigurare nei confronti delle
soundtrack di “
Top gun” e “
The secret of my success” o trovare una propizia collocazione tra i contributi musicali di “
Miami Vice”.
Suggestionati dalle intenzioni artistiche dell’
album, è, dunque, abbastanza agevole fantasticare sulle immagini che potrebbero supportare (o viceversa, se preferite …) le canzoni di “
No way out”, a cominciare da una “
Danger on the loose” che vedrei bene per accompagnare la corsa di una Ferrari sotto il sole abbacinante della Florida.
Al di là di ogni personale fantasia mentale, il pezzo è carico di quella ammaliante spigliatezza melodica tipica del
rock radiofonico degli
eigthies, lo stesso che viene esaltato dalle rigogliose tastiere e dal
refrain contagioso di “
Play the game” e dal
groove pulsante ed elegiaco di “
Young hearts”, in cui il clima sonoro diventa più “sintetico” e
danzereccio.
Arrivati a “
Search for love”, i
The Switch dimostrano di non temere nemmeno la gestione dell’immancabile risvolto “romantico” della situazione, ammantando di una magnetica atmosfera notturna (un po’ alla The Ladder …) e di
pathos un altro pezzo estremamente suggestivo, eventuale corollario a scenari particolarmente malinconici e riflessivi.
Un pizzico di malinconia s’insinua anche nei ficcanti saliscendi armonici di “
Hangin’ on to seventeen” e pure, insieme ad impulsi di rivalsa, nella
title-track dell’opera, mentre all’
anthem “
Young gun” è affidato il compito di “irrobustire” un
sound che in “
One night with you” torna ad essere languido e passionale, idoneo a stimolare il ricordo di amori persi e rimpianti.
“
Anytime”, piuttosto gradevole, ma non particolarmente incisiva, lascia infine il posto a “
Strangers eyes”, un ulteriore gioiellino di crepuscolare
pop-AOR puntellato dai
synth, a cui
Bobby John conferisce, come ha fatto, tra l’altro, per tutta la scaletta, la giusta dose di tensione emozionale.
Il “gioco” è scoperto e se “
No way out” punta così chiaramente a far intraprendere agli appassionati del settore un “tuffo nel passato” è perché certe sonorità sono indelebilmente impresse nei loro animi … i
The Switch, a differenza di tanti altri inguaribili “tradizionalisti”, sono stati capaci di rendere il viaggio un’esperienza autentica ed arricchente sotto il profilo emotivo, e questa è senz’altro una peculiarità da non sottovalutare.