Copertina 7

Info

Anno di uscita:2019
Durata:54 min.
Etichetta:Fastball Music

Tracklist

  1. FREEDOM IN FIRE
  2. LIVING ON THE RUN
  3. YOUR WAR
  4. FOZZY´S SONG
  5. ADDICTED
  6. SYMPHONY
  7. FROM ASHES TO THE SKY
  8. EVIL FORCE
  9. RED GOLD
  10. WILD TIME
  11. KINGS OF SPEED
  12. SEVEN OAKS

Line up

  • Franz “Johnny Vox” Neumann: vocals
  • Oliver “Oschlo” Schlosser: guitars
  • Julian Barkholz: guitars
  • Fritz Jolas: bass
  • Arndt “Strikar” Streich: drums

Voto medio utenti

Gruppo all'esordio discografico (in precedenza solo un EP e un paio di singoli), ma i Syrence sono in azione da dieci anni e i suoi componenti non sono più dei ragazzini. L'unico volto noto è, però quello del frontman Franz Neumann, già incrociato sull'omonimo debutto dei Doctor Speed, tuttavia in questa occasione l'impressione sulla sua prestazione è assolutamente positiva, in quanto il cantante tedesco si trova sicuramente più a suo agio nei territori Hard Rock dei Syrence rispetto a quelli Heavy & Power battuti dai succitati Doctor Speed.

"Freedom in Fire" è un album che i Syrence affrontano con quel che si suole dire "pugno d'acciaio in guanto di velluto", grazie ad una energia e un tocco di classe non comuni e che qui trovano sempre il punto d'equilibrio ideale, come ben testimoniano ottimi brani fortemente ancorati al sound degli anni '80, con l'aggiunta di escursioni nei seventies, e che oltre i soliti nomi di riferimento mi hanno pensare ai nostri Royal Air Force (come nel caso di "Living on the Run").

L'unico appunto che gli si può rivolgere è quello di insistere troppo su dei chorus che spesso non riescono a emergere dal calderone del già sentito. Colpisce però al segno lo scattante Hard & Heavy di quella titletrack piazzata giustamente in apertura, e replicano poi con la vivace e ammiccante "Addicted" o l'intensa "Red Gold" (con qualcosa dei Savatage e dei Primal Fear) ma soprattutto grazie alla conclusiva "Seven Oaks", l’episodio che maggiormente guarda ai Rainbow e ai Black Sabbath fronteggiati da R. J. Dio, con una bella prova di Neumann (che continua a ricordarmi Andy Mück degli Stormwitch), e dei chitarristi Oliver Schlosser e Julian Barkholz, che si sanno far valere per tutta la durata dell’album.

Ma questi non sono i soli e unici episodi a convincere, peraltro ben stimolati dalla produzione del tanto bravo quanto scafato Achim Kohler cui si è affiancato Ralf Scheepers a prendersi cura del cantato, visto che pur dopo ripetuti ascolti non si cambia idea e tanto meno passa la voglia di riascoltarli.
E questo non accade poi molto spesso.





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Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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