Completamente registrato con apparecchiature analogiche, l'esordio discografico dei tedeschi Werian, che finora avevano rilasciato sono demos, è un album piuttosto interessante soprattutto se del doom metal si apprezza la sua versione "blackened" per dirla alla anglosassone.
"Animist" è un lavoro diviso in soli tre brani, tutti molto lunghi, che ci offre la visione sciamanica che della musica ha il gruppo dal momento che ogni passaggio musicale risulta essere "misurato", intriso di sapori di incenso, con un occhio ben rivolto agli anni '70, senza, tuttavia, dimenticare chiari riferimenti al black metal evidenti, in particolare, nella atmosfere fredde ed a volte inquietanti.
Va detto che il disco pecca di una certa monotonia di fondo, limite comunque intrinseco al genere, e che, forse, è troppo poco "estremo" per piacere a chi si ciba di metallo nero e troppo "estremo" per chi ama il doom, tuttavia appare anche evidente un buon lavoro di arrangiamento e il ricorso a melodie e partiture interessanti che rendono i pezzi affascinanti pur nella loro monoliticità.
Credo sia scontato che l'ascolto di un album come "Animist" debba essere affrontato possibilmente al buio e di notte: proprio in un contesto del genere, infatti, se ne possono apprezzare i sentori di umido e le atmosfere "licantropiche" che ne costituiscono l'ossatura, così come è chiaro che di notte un suono del genere esprime maggiormente il suo fascino misterioso attento, com'è, alla creazione di determinate melodie piuttosto che all'aggressione tipica dei generi estremi.
Immagino che i doomster più aperti di mente troveranno in "Animist" pane per i loro denti: per quanto mi riguarda, quando avrò voglia di relax e di un viaggio onirico all'interno della mia coscienza, credo che questo sarà un ascolto consigliato.