Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2018
Durata:43 min.
Etichetta:Svart Records
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. THOSE OF US LEFT
  2. BELLADONNA
  3. HARMAIN
  4. THE THINGS YOU DO
  5. THE BIRCH AND THE SPARROW
  6. GO GO JOHNNY DO
  7. LOVE ETERNAL

Line up

  • Jasse S.: vocals
  • Tommi H.: guitar
  • Jarkko L.: bass
  • Timo K.: keyboards
  • Jussi S.: drums, percussion
  • Timo Ikonen: guest on cello
  • Kuke: guest on saxophone
  • Samuli Neuvonen: guest on trombone

Voto medio utenti

Stessi effettivi, medesimo stile musicale e due denominazioni diverse … arduo non trovare quantomeno “singolare” la decisione dei Jess And The Ancient Ones di “rinominarsi” in The Exploding Eyes Orchestra per proporre nuovamente la loro ipnotica miscela di hard-rock, psichedelia e occultismo (qui, invero, arricchita da vaghi barlumi di post-punk ...), ma non credo che gli estimatori del gruppo “madre” e, più in generale, di tali sonorità, possano lagnarsi della scelta.
In “II”, seconda (chi l’avrebbe mai detto eh, …) prova della band finnica in questa configurazione, ritroverete tutte le peculiarità seduttive e ipnotiche possedute dallo psych-rock intriso di caligine quando a suonarlo ci sono musicisti straordinariamente visionari e competenti, pilotati da una voce, quella di Jasmin Saarela (alias Jess e Jasse S.), tra le più ammalianti dell’intero panorama musicale internazionale.
Il tutto è concentrato in sette composizioni che attanagliano nella loro polarizzante sostanza sonica, immerse in un vorticoso viaggio a ritroso nella storia del sound lisergico e oscuro, capace, però, anche di continui rimbalzi in avanti, privo di quel manierismo emulativo tipico di tanti, troppi, frequentatori del genere.
Magari lungo il programma non tutte le istantanee sonore sono ugualmente a fuoco e tuttavia è davvero difficile non trasalire di fronte ad un albo che esordisce con la dolcezza eterea e magnetica di “Those of us left” (con quel sax che scava nei sensi …), in grado di produrre una forma istantanea d’intenso inebriamento.
Un effetto che viene replicato pure in “Belladonna”, pregna di umori liquidi e astrali, “Harmain”, in cui la singer indossa i panni di sacerdotessa delle antiche foreste nordiche e in “The things you do”, dove ad attrarre sono le tumultuose e stralunate contaminazioni fifties.
Si continua con la litania malinconica di “The birch and the sparrow”, forse un po’ troppo diluita, e con le disinvolte pulsazioni bluesy di “Go go Johnny go”, per poi lasciare a “Love eternal”, una sorta di cosmic-dark-suite imbevuta di melodramma, torpore e inquietudine, il compito di portare a termine l’ennesima prova di grande potenza espressiva fornita da una formazione che, in qualunque modo decida di chiamarsi, ha ampiamente superato la soglia della maturità e della vivida ispirazione artistica.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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