Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2016
Durata:54 min.
Etichetta:Svart Records

Tracklist

  1. A GHOST IN THE ROOM
  2. TOMORROW’S YESTERDAY
  3. HEXAGON EYES
  4. ON A VITAMINE STRUT
  5. ORIGO
  6. BIG FISH DON’T KNOW
  7. COMPLETE, COMPASS
  8. BOW & ARROW
  9. THE LAST DOOR
  10. CATNIP LOVE
  11. CHEMICAL TRAILS

Line up

  • Okko Nuotio: vocals, guitars
  • Tomi Tiittanen: guitars
  • Jussi Hietala: bass, backing vocals
  • Olli Waris: keyboards
  • Sampo Fagerlund: drums
  • Matti Olavi Töyli: clarinet, sax, synth

Voto medio utenti

Sarà perché sono appena stato a Bologna alla mostra "David Bowie Is" (meravigliosa), ma in questo "Instrumental Healthcare" ho sentito molto del camaleontico artista britannico. Questi Underwater Sleeping Society mancavano dalle scene da sette anni e, a detta loro, hanno sempre cercato di fondere certo pop "colto" (Radiohead in primis) con il prog più lisergico dei primi Pink Floyd e simili. In effetti ci sta che da questo connubio venisse fuori il sound di David Bowie...

Scherzi a parte, già "A Ghost In The Room" e "Tomorrow's Yesterday" sembrano stare a cavallo tra Brian Eno e il Bowie della trilogia berlinese, un pop sfaccettato, elettronico e di classe più morbido e meno spigoloso di quello del duca bianco. "Hexagon Eyes" è più tradizionale, con le melodie asimmetriche di memoria barrettiana, e anticipa "On A Vitamine Strut", dove timbriche e linee vocali dal sapore Sixties si adagiano su un tessuto musicale che mi ha ricordato "Ashes To Ashes". "Origo" alterna sapientemente ritornelli dal carattere pseudo-AOR, strofe più eteree e break strumentali di scuola tedesca, mentre in "Big Fish Don't Know" ritornano le melodie più leggere e disimpegnate. Le armonie orientaleggianti di "Complete, Compass" preludono a "Bow & Arrow" e "The Last Door", due tracce a loro modo complementari contaminate tanto dalla "depressione" dei Joy Division quanto dalla verve mainstream dei Coldplay. "Catnip Love" è forse il brano più progressivo del lotto, con il suo trattamento vocale mutuato dagli Yes di "Relayer" e le cavalcate vocali/strumentali apprezzate nelle recenti produzioni dei The Dear Hunter. I toni soffusi e moderatamente acustici di "Chemical Trails" chiudono il lavoro, non prima di un'ultima coda strumentale da brividi.

Di certo siamo ben lontani dai canoni del metal, ma il qui presente dischetto è indubbiamente affascinante. Se volete prendervi una pausa tra un album dei Maiden e l'altro (e se siete sufficientemente "di larghe vedute") date una chance a questo full-length.
Recensione a cura di Gabriele Marangoni

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