Wytchcraft - I Taste Your Fucking Tears Of Sorrow

Copertina 5,5

Info

Anno di uscita:2005
Durata:52 min.
Etichetta:Autoprodotto

Tracklist

  1. I TASTE YOUR FUCKING TEARS OF SORROW
  2. PRAYER'S NIGHT
  3. WINTERLAND
  4. LASS MICH GEHEN
  5. PATHWAY INTO ETERNITY
  6. LOST
  7. ENTITIES FROM AN UNKNOWN PLANE
  8. APOCALYPTIC VISIONS

Line up

  • Kai Tubbesing: vocals
  • Daniel Westheide: guitars
  • Markus Kratz: guitars
  • Eric Asmussen: bass
  • Fabian Regmann: drums

Voto medio utenti

I tedeschi Wytchcraft, da non confondere con la quasi omonima retrò-rock band svedese, risultano attivi dal '99 e dopo aver debuttato con un mini-cd un paio d'anni fa, decidono ora di autoprodursi il primo full-lenght.
Propongono un doom metal con atmosfera epico-melodica al quale aggiungono infiltrazioni death nelle parti vocali. Toni molto austeri, quasi gotici, velati da nere ombre depressive, ritmi costantemente lentissimi e possenti di chiaro indirizzo metallico, si possono inserire nel filone di Solitude Aeturnus, Mirror of Deception, World Below, in pratica nella corrente doom più debitrice agli anni '80, leggi Candlemass, che non agli antichi padrini del rock oscuro seventies.
I brani sono tutti molto estesi, nello stesso tempo compatti e lineari e totalmente privi di concessioni all'improvvisazione o ad un solismo rilevante. All'interno di queste strutture ermetiche si può notare un gelido e funereo romanticismo nordico, collegato alla ridondanza del canto di Kai Tubbesing il quale alterna per tutto il disco passaggi evocativi alla Marcolin con grugniti cavernosi, utili ad alzare il livello di aggressività.
Purtroppo i Wytchcraft mostrano forti limiti nella poca varietà di idee e nella scarsità di soluzioni. Gli episodi sono tutti simili, uniformati al medesimo andamento letargico, mentre la loro lunghezza estenuante è quasi sempre ingiustificata perché frutto soltanto delle continue ripetizioni di strofe e ritornelli. Ciò consente al vocalist di reiterare il suo dualismo voce pulita/growl a scapito però della brillantezza, rendendo l'aspetto generale assai monotono e piuttosto noioso.
Esemplare in questo senso il pezzo che dà titolo all'album, che malgrado la partenza baldanzosa riesce a perdersi stancamente tra atmosfere decadenti e cori pseudo-solenni, trascinandosi però incredibilmente ben oltre gli otto minuti. Uno dei pochi brani efficaci è "Lost", il quale pur pagando pegno alle solite zavorre lagnose, evidenzia vaghe tracce Sabbathiane ed un buon refrein dal sapore epico.
Troppo poco per dare un giudizio positivo ai Wytchcraft, dotati di bagaglio tecnico sufficiente per ora male indirizzato. Anche tra le lente dinamiche doom occorre inserire qualche sussulto che tenga lontani gli sbadigli, cosa che i tedeschi non hanno ancora recepito.

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