Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2015
Durata:64 min.
Etichetta:Century Media Records

Tracklist

  1. FROM THE DEPTHS OF SPRING
  2. HOWL
  3. FROZEN PROCESSIONS
  4. A SHAPELESS DERELICT
  5. SET ALIGHT
  6. ON LONELY TOWERS
  7. CHAOS THE SONGS WITHIN
  8. SIRENS OF OBLIVION
  9. THE VAULT

Line up

  • Olli-Pekka Laine: bass
  • Marko Tarvonen: drums
  • Janne Perttilä: guitars
  • Sami Yli-Sirniö: guitars
  • Kasper Mårtenson: keyboards
  • Jón Aldará: vocals

Voto medio utenti

Etichettare i Barren Earth come gli Opeth dei poveri è quantomeno riduttivo e non rende minimamente giustizia al combo finlandese. Tre album di alto livello non si scrivono per caso e, a ben vedere, un leggero distacco dallo stile della (fu) band di Åkerfeldt c'è stato. Dopo un buon inizio ed un ottimo secondo disco intitolato The Devil's Resolve, oggi i finlandesi tornano sul mercato con un album che strizza l'occhio in maniera maggiore a certo prog-psych di matrice Pink Floyd.

Calma, calma. La solida base con cui sono costruite le canzoni è sempre un ottimo death metal melodico cosparso qua e là di folk, non inteso come tarantelle danzerecce ma come porzioni acustiche dalle reminiscenze nordiche. Inevitabile notare come On Lonely Towers parta con diversi pezzi parecchio interessanti che vantano splendide melodie e arrangiamenti ricercati, brani che si muovono tra death melodico (Howl), componimenti accessibili e non troppo violenti (Frozen Processions), ottimo doom-death (A Sharpeless Derelict), carezzevole folk poliritmico (Set Alight) poi, pian piano, con l'avanzare delle tracce ci si va ad immergere in qualcosa di più complesso e multiforme. La seconda parte del lavoro è infatti quella più sperimentale, con pezzi lunghi oltre i dieci minuti, in cui linee malinconiche, intime e molto prog, si avviluppano su una trama delicata ed imprevedibile, quasi fosse una jam session in presa diretta. È qui che l'animo pink floydiano viene a galla, che certo "old style prog" prende il sopravvento, viene anche concesso spazio ulteriore ai singoli musicisti che, a turno, hanno occasione di mettersi in mostra, mai in modo arrogante o autoreferenziale ma sempre con un filo di sentimento su cui muoversi. Menzione speciale per il lavoro di batteria, sempre curato, preciso e fantasioso, non che gli altri strumentisti siano da meno ma, in un disco del genere, vene spesso dato per scontato l'ottimo operato delle chitarre o il lavoro delle tastiere ma trascurato quello della sezione ritmica.

Come per i precedenti lavori, anche questo On Lonely Towers necessita di ascolti ripetuti perché ne possa essere assorbita la varietà di stili e si possa entrare tra gli strati musicali sottostanti, come per i precedenti lavori, sarà un piacere approfondire.





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Recensione a cura di Francesco Frank Gozzi

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