Copertina 8,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2014
Durata:56 min.
Etichetta:Steamhammer Records

Tracklist

  1. RIDE HARD LIVE FREE
  2. METAL WARRIOR
  3. FALL FROM THE SKY
  4. BRING THE HAMMER DOWN
  5. UNLEASH THE FIRE
  6. LAND OF THE RISING SUN
  7. KILL TO SURVIVE
  8. RETURN OF THE OUTLAW
  9. IMMORTAL
  10. TAKE ME BACK
  11. FIGHT FIGHT FIGHT
  12. UNTIL WE MEET AGAIN

Line up

  • Todd Michael Hall: vocals
  • Nick Lee: guitar
  • Mike Flyntz: guitar
  • Don Van Stavern: bass
  • Frank Gilchriest: drums

Voto medio utenti

1977. 37 anni fa. Nasceva l'US metal. Una band newyorkese di italo americani ispirati dai Beatles, dai Rainbow, dai connazionali Montrose e anche dagli Starz, escono con un disco a nome "Rock City", con uno strano animale in copertina, una specie di foca (che poi verra' soprannominato Johnny) e un lotto di canzoni per l'epoca realmente esplosive, di fatto i primi due pezzi del disco in questione, Desperation e Warrior sono l'US metal ante litteram.
Leader di questa band e anima dei Riot e' Mark Reale, fenomenale chitarrista, discepolo di Blackmore e compositore sopraffino. E' l'inizio di una leggenda, che portera' i Riot a scrivere dischi che possono essere considerati come caposaldi dell'heavy metal e che hanno avuto il merito di redifinire un intero genere per ben 2 volte, sto parlando di "Fire Down Under", la vera risposta americana alla NWOBHM (insieme a "Frost & Fire" dei Cirith Ungol ) e poi "Thundersteel" il disco che apre la strada con il suo sound al moderno power metal.
Quasi tutte le band che dal 1989 in poi hanno suonato power si sono dovute confrontare con questi due dischi.

2012. Mark Reale perde la lotta per la sua vita, sopraffatto dal Morbo di Crohn. E' la fine dei Riot? No, perche' anche se della formazione originaria del 1977 non e' rimasto nessuno, il monicker e' sempre la' e sembra come possedere una vita propria, come e' sempre la' Johnny, piu' vivo e combattivo che mai nella copertina dell'ultimo nato "Unleash the Fire". Padri putativi di questa nuova impresa sono il bassista storico di "Thundersteel", Don Van Stavern e il chitarrista Mike Flintz, in forza ai Riot dal 1992. Ottengono il permesso dal padre di Mark, Tony Reale, di continuare ad usare il monicker Riot aggiungendo una grande V rossa a significare l'inizio della quinta era della band. Molti hanno pensato a una mera operazione commerciale per raccimolare soldi contando sulla lealta' dello zoccolo duro dei fans e sinceramente questo pensiero e' passato anche nella mente del sottoscritto, non credevo veramente si potesse far qualcosa di buono senza Mark e invece... play... e la magia dei Riot migliori e' ancora tra noi. "Unleash the Fire" si compone di 12 brani, tanti, troppi, da inserire in un album per i miei gusti, ma devo ammettere che sono tutti dannatamente buoni. Una qualita' di scrittura eccellente dall'iniziale opener "Ride Hard Live Free", fino alla conclusiva toccante semi ballad "Until We Meet Again". Eccezionale poi la prova dietro al microfono di Todd Michael Hall, che non fa' per nulla rimpiangere l'abbandono del grande Tony Moore. Il sound prodotto dai 5 va a pescare da tutta la carriera dei Riot. Ci sono i classici brani alla "Thundersteel" come "Metal Warrior", o le spettacolari "Kill to Survive" con un refrain davvero da infarto e il tiro micidiale di "Fight Fight Fight", ma anche brani che possono far riferimento a dischi come il gia' nominato "Fire Down Under" o "Born in America" e come non citare a questo riguardo l'anthemica "Bring the Hammer Down", la trascinante "Return of the Outlaw", o la linea melodica quasi miracolosa di "Take Me Back". Menzione a parte poi la farei per un pezzo come "Land Of The Rising Sun", dove i nostri vanno addirittura a rispolverare il sound di un disco come "Narita".

Insomma questo platter e' un autentico bignami di tutto quello che i Riot hanno rappresentato e la qualita' e' tale da far spazzar via ogni dubbio sulla genuinita' dell'intera operazione. Van Stavern e Flintz hanno realmente voluto omaggiare un monicker tra i piu' gloriosi della storia del metal facendolo in maniera cosi convincente che sono convinto persino Mark sarebbe orgoglioso del lavoro fatto con "Unleash The Fire". I Riot sono sempre stati fuori dal giro che conta, dai riflettori piu' importanti, ma hanno sempre scritto musica sincera fatta con passione, il giusto talento e tanto ma tanto cuore e secondo me sono la piu' grande risposta a tutti quelli che si accontentano dei dischi mediocri che escono oggi da parte delle grandi band del passato. Non e' mai stata una questione di eta' anagrafica ma una questione di "fame" e i Riot la fame di fare grande musica per il semplice gusto di farla, per l'imperitura gloria, ce l'hanno dal 1977 e ce l'hanno anche nel 2014 piu' che mai, tanto che questo "Unleash The Fire" potrebbe avere addirittura le potenzialita' di risollevare di nuovo le sorti di un' intero genere, quello del power metal ormai in stato vegetativo da molti anni. Aspettavamo gli svedesi, aspettavamo i tedeschi, aspettavamo una sconosciuta band che ci avrebbe fatto gridare al miracolo, e' arrivata invece una band giovanissima con un monicker vecchio di 37 anni e uno strano animale a forma di foca sulla copertina che ha la serissima intenzione di voler spaccare il CULO a tutti ancora una volta!!!

A cura di Andrea "Polimar" Silvestri
Recensione a cura di Ghost Writer

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 31 ott 2014 alle 22:22

Ma c'ha la testa di foca...

Inserito il 25 ott 2014 alle 21:07

Sarà... Capisco negli anni '80, già meno nel '95, però oh, non hanno mai avuto una lira :) Oggi produrre un album in modo approssimativo quando anche in casa puoi fare un disco che "suona professionale", non lo concepisco. È un aspetto che ritengo da valutare, come tutti gli altri. Un po' come vedere un film nuovo, bello, recitato bene, con una bella storia ma con colori sfalsati, visivamente trascurato. Non sono qui a criticare te polimar, chiedo se qualcuno ha avuto le stesse impressioni :)

Inserito il 25 ott 2014 alle 18:26

Premetto che sono estimatore dei Riot e che il disco mi è piaciuto, piaciuto da 7/7,5. Solo a me la produzione fa pena? Plasticosissima, con gli strumenti slegati ed alcune porzioni di canzoni che ricordano musica da videogioco? La produzione non e' stata mai il loro forte, dischi come Born in America, Brethern of the Long House avevano produzioni disastrose, alcuni brani dello stesso Thundersteel sono indicativi al riguardo. Detto cio' e' l'ultima cosa a cui riesco a pensare quando ascolto dischi come questo.

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